In un periodo nero per la discografia (labels che chiudono, distribuzioni in ginocchio), non imputabile solo alla pirateria ma anche alla crisi economica mondiale che ha trasformato la musica in un bene di cui si inizia a fare anche a meno, c’è ancora chi mostra coraggio. Come la Basserk diretta da Tom Schivez che, seppur decisa ad abbandonare il formato in vinile a favore del meno dispendioso digitale, raccoglie le energie necessarie per rilasciare, su cd, il secondo atto di “Some Tunes”. Il primo volume, edito nel 2006, fece già parlare appassionatamente la critica europea e il suo naturale seguito, giunto a tre anni di distanza, suona come la più lampante delle conferme. Ad Amsterdam, lì dove gli stili si intersecano in un’ideale crocevia sonoro, le contaminazioni si sprecano e Basserk, che è diventata quasi un’icona per l’electro pullulante di noize e referenze punk, scalcia con sedici tracce tra cui si celano molti inediti. Electro rumorosa, punk, hip-hop, acid, chiptune, rock, metal, booty: questi i filoni affrontati in “Some Tunes 2”, dove i suoni striduli rincorrono sempre poderose misure in 4/4. La tracklist è piena di gradite soprese: Lazy Late Kidz, Gtronic, Quick & Brite, Fantastadon, Capacocha, i bravissimi Plemo & Rampue, Monkey Maer, Vince The Prince (ossia il già noto Ra-X) e Bronstibock. A ciò si sommano altre vecchie conoscenze come $jammie The Money, 3-1 e Transformer Di Roboter. Una raccolta ad alto voltaggio, multi talentuosa e multi sfaccettata, da ballare a ritmo serrato.
-Telefon Tel Aviv “Immolate Yourself” (BPitch Control): il 2009 doveva essere l’anno della consacrazione europea per i Telefon Tel Aviv, duo di Chicago nato nel 1999 e lanciato dalla Hefty Records, tra le labels più agguerrite nel campo del post-rock, dell’idm e del downtempo sperimentalista. Lo sbarco sulla label di Ellen Allien avrebbe, di fatto, ampliato il range stilistico andando a toccare un segmento più improntato sulla dance, seppur sempre dai risvolti molto intimisti. Forse ciò accadrà ugualmente, ma non sarà goduto da Charles Cooper che, lo scorso 22 gennaio, ci ha lasciato per sempre. Joshua Eustis, perciò, rimane solo alla guida di un progetto che, comunque, deve continuare. “Immolate Yourself” integra gli elementi dei predecessori, “Fahrenheit Fair Enough” (2001), e “Map Of What Is Effortless” (2004) ma, come già detto, li sviluppa in modo nuovo, più affine alla cultura europea della dance più underground. Così si passa dal pop-ambient immacolato di “The Birds”, “I Made A Tree On The Wold” e “Mostly Translucent” agli scrosci pop fusi in ritmi vintage electro di “Your Mouth” ed “M”, dai ricami new-wave di “Helen Of Troy” al puzzle mistico di “Stay Away From Being Maybe”, terminando la corsa sui tamburi afro di “Your Every Idol”, sulle venature rock ed italodisco di “You Are The Worst Thing In The World” e sul pop medidativo della title-track. Un lavoro che merita molta attenzione e che potrebbe sancire una nuova vita per Telefon Tel Aviv il cui futuro, al momento, appare piuttosto incerto.
-Terence Fixmer “Destiny EP” (White Noise): dopo una serie di passi falsi (come il recente “Fiction One”, che lo ha allontanato troppo dal suo stile originario), il re della nu-ebm riprende, per fortuna, il discorso lì dove l’aveva lasciato in sospeso tempo fa. Ospitato dalla giovane label di Dave Clarke, il producer di Lille torna ad essere l’erede combattivo dei suoi idoli adolescenziali (Nitzer Ebb, Front 242, Klinik), e quindi alimentando ancora di linfe positive il genere che lo ha reso popolare nel mondo. “Destiny EP” si schiera contro la musica narcolettica dei tedeschi, offrendo uno scenario sonoro strettamente imparentato con l’ebm e l’industrial. Se “I Don’t Care” e “The Prophet” vi sembreranno un pò troppo addolcite rispetto al più canonico Fixmer dei bei tempi della International Deejay Gigolo, “Energy Destiny” e “Shark” potranno essere proclamate, senza dubbio, le dirette conseguenze di creazioni deflagranti come “She Said Destroy”, “Cerveaux Sans Âmes”, “The Calling” ed altre storiche gemme che il francese vanta nella sua ricca discografia. Il vinile, naturalmente, è bianco latte.
-Timo Huehner “Attentione EP” (Big City Beats Tec): ne parlano come il nuovo talento di Francoforte sul Meno e, chi lo ha sentito suonare, lo dipinge già come un potenziale ‘big’ di domani. A soli 21 anni Timo Huehner, fortemente motivato e desideroso di emergere in un settore difficile ed ostico come quello della musica, incide il suo primo disco per una label che, lentamente ma con disarmante certezza, acquisisce credibilità . “Any One” nasce sull’uso di un sample vocale ripetuto in loop, quasi in modo ossessivo, su matrici di house-dub. Simile a cose di Dapayk invece quel “Triple Hau”, incastrato tra ritmi saltellanti e suoni che sembrano tessere di un puzzle. Nella title-track, “Attentione”, l’autore marca con più evidenza il ritmo, cingendolo con rumorismi low-fi ed un campione vocale in lingua italiana. Se ne potrebbe parlare.
-Brian Cares “Fingerprints” (Bar25): è l’album di debutto per l’estroso ed imprevedibile Brian Cares, già apprezzato per idee genialoidi apparse su strampalate (positivamente parlando) labels come Hörspielmusik, Freizeitglauben, Force Tracks e Sportclub. Pare che “Fingerprints” sia il risultato di jam-sessions registrate a volte senza il preciso intento di essere sviluppate in modo definitivo. Ipotesi azzardata ma da uno come Brian Cares possiamo (e forse dobbiamo) aspettarci questo ed altro. A fare del full-lenght qualcosa di davvero prezioso sono brani come “No More Play” (col featuring di Howard Katz dei Post Holocaust Pop), sbilenca e raggrinzita pop electro, o “Trust” (con la voce di Justine Electra), suadente musica (elettronica) d’atmosfera, o ancora “Dissolve” (qui l’intervento vocale è di Raz Ohara), eccellente cascata electroide celata sotto la patina del pop. Ma c’è ancora dell’altro, come l’atipico hip-hop di “Hey Dj!” (con Jake The Rapper), ed altre creazioni che, per il loro spiccato multiformismo e la biforcazione in filoni alternativi come soul, jazz e country, risultano di ardua classificazione.
-spAceLex “Pretty Face/Happy Birthday” (Dissident): mi sono letteralmente innamorato della Dissident, label che si impegna a tempo pieno nel tenere vivo l’amore nei confronti di una certa electro che sta progressivamente spegnendosi. spAceLex, progetto berlinese incapsulato sotto la voce della ‘pure analogue italo-esque music’, propone due tracce-visioni di musica future-retro, che attingono a piene mani dal campionario synth-pop e new-wave anni ottanta. “Pretty Face”, che nulla divide con l’omonimo degli Stylóo del 1983, gravita intorno ad una vocoder line massiccia, imperante su una disco rallentata ed un pò mistica, su cui brulicano le evoluzioni melodiche di vecchi synths. L’incantevole “Happy Birthday” gira su una strumentazione più corposa che, oltre al vocoder usato in maniera più classica, ci mostra tutta la creatività dell’electro-disco in stile Viewlexx. L’edizione è, come sempre, iper limitata.
-Shift Lock “Notice My Confession” (Aftermind Records): uscita digitale che ripercorre l’itinerario stilistico di labels che amano interfacciare electro e new-wave del post-millennio. “Notice My Confession” è un ottimo brano che fa il vezzo a tante cose tedesche ed inglesi che abbiamo avuto il piacere di ascoltare negli ultimi anni (Replicant, Napsugar, Melnyk), tra dance anni ottanta e suono modernista. Diverso il succo del remix di Stany & Dave, improntato su un costrutto ritmico roteato sul basso in levare che farà felici gli utenti più fedeli di Beatport. Più in linea con l’Original le versioni (Space Mix ed Instrumental Mix) dei Relative Depth che confermano l’attitudine synth-disco all’interno di passaggi techno-pop, quasi alla Robert Calvin. Un progetto che non lascia indifferenti gli amanti del suono retro.
-Ilija Rudman/Rayko & F. Pineda “RW002” (Rare Wiri): buon momento per il croato Ilija Rudman, che, subito dopo l’apparizione su Bear Funk, approda alla spagnola Rare Wiri. “Wanting You”, col featuring di Show B, rotola bene su atmosfere che riallacciano i contatti tra house, disco e funk, ricordando nettamente quel che capitava nei primi dischi dei finnici Putsch ’79. L’edit di “Walk The Night” (l’originale è un classico del passato, scritto dagli Skatt Bros. e poi ripreso dai Bent Boys) lascia respirare ancor di più le melodie italodisco che si fanno pressanti e capaci di attraversare i ritmi in lungo e in largo.
-Dadamnphreaknoizphunk “The Cheerleaders Are Smiling To You” (Mole Listening Pearls): ci sono produttori che non si stancherebbero mai di fare il loro lavoro. Ma spesso, si sa, l’iperprolificità porta a ripetersi, a volte anche pedestramente, soprattutto quando di mezzo c’è il successo. Non è però il caso di Oliver Bondzio e Ramon Zenker che, in primis come Hardfloor, hanno scritto una pagina più che fondamentale della techno tedesca dell’ultimo ventennio. Oggi, quando potrebbero forse vivere di rendita, si rimettono in discussione dando un nuovo slancio ad un progetto inaugurato nel 2002 con l’intento di esplorare la lounge music. Ribaltando quasi del tutto le loro origini technoidi, i due si dedicano all’easy listening sebbene, di tanto in tanto, gli piaccia far riaffiorare l’amore per l’acid (“Orange Crush”, “Illegal Shift”). Per il resto, “The Cheerleaders Are Smiling To You” è trip-hop, downbeat, funk, intarsiato dalle voci di Dj Rafik, Bella Wagner, Jen e Virág. Tutto per far sognare.
Electric greetz