Scoperto e lanciato nel 2005 da Terence Fixmer che prima lo volle sulla Planete Rouge con “Natural Born Killer” e poi gli affidò il remix della sua “Come Inside” (realizzata col featuring di Douglas McCarthy), Christopher Kah è uno dei nuovi talentuosi eroi della scuola techno francese. Paragonabile per l’estrosità al conterraneo Danton Eeprom, Christopher insegue, sin dai suoi esordi (l’oscuro album “A Wonderful Darkworld” pubblicato dalla Axess Code circa due anni fa) una tipologia sonora che abbraccia le impalcature gotiche e le energie sviscerate dall’electronic-body-music. Con questo intento il francese approda alla piccola etichetta spagnola Properproud con “Electric Ballroom”, traccia che mischia ritmi e melodia in un potente crescendo stretto sotto la dicitura electro-techno. Il pezzo finisce in un various artists e.p. di prossima pubblicazione, il #005 di catalogo, che il giovane divide con altri artisti come Steve Johanson e Deck Larson (i fondatori della stessa Properproud) e la berlinese Miss Yetti. Le esperienze con la penisola iberica non finiscono qui visto che Kah fa ingresso anche nella compilation “Electro Manifesto” (su Caustic Records) con l’inedito “Urban Night” trovandosi poi in compagnia di artisti del calibro di The Hacker, Terence Fixmer e Psyche. Al momento non trapela nulla sul follow-up di “Natural Born Killer” che, probabilmente, potrebbe uscire durante il 2007 ancora su Planete Rouge. Nel frattempo il produttore francese mette a disposizione, attraverso il suo sito web, il mix-cd “Sensations” che racchiude tra le tante un’esclusivo reprise di “Ikeya Seki” dei Kano, pietra miliare della discografia italo dance degli anni ottanta.
-Aa.Vv. “12”/80’s Pop” (Family Recordings): ad un anno di distanza riappare sul mercato il quarto episodio della 80’s Series, la raccolta dedicata ai mitici anni ottanta. Il package, anche questa volta organizzato in tre cd’s, uscirà alla fine del mese di gennaio e condenserà in un’unica tornata le hits (alcune inspiegabilmente in versione instrumental) in voga durante gli anni dei paninari, delle macchine cabrio, dell’electro che invadeva il pop e viceversa, delle pettinature cotonate e della creatività viva che tutti ricordano con indiscusso piacere. Tra i tanti coinvolti Spandau Ballet, Human League, Duran Duran, Bronski Beat, A-Ha, Wham!, Heaven 17, Soft Cell, Irene Cara, Depeche Mode, Yazoo, Paul Hardcastle, Robert Palmer e i M.A.R.R.S. con l’epica “Pump Up The Volume”. La nostalgia diviene ancor più forte quando il lettore cd legge “Rock Me Amadeus” del compianto Falco e “Miami Vice Theme” di Jan Hammer, colonna sonora di uno dei telefilm più amati dai ragazzi di quegli anni abilmente recuperata e ricostruita già nel 2002 dal nordico Peter Benisch aka FPU.
-Boosta “Dance Is Dead” (Mantra Vibes): Davide Di Leo, tastierista dei Subsonica ma poi rivelatosi anche dj e producer, torna alla carica nelle vesti di Boosta. Il suo pezzo, in poco più di due minuti appena, scarica sull’ascoltatore un contorto mix tra post-punk e dignitosa elettronica che strizza l’occhio alla cosiddetta electroclash. Il remix realizzato coi ragazzi di Xplosiva invece tende a massaggiare più i 4/4 rintanandosi entro evoluzioni minimaliste da cui emergono vistosi rigonfiamenti della cassa. Sul lato b altre due versioni: la prima, di Tocadisco, fa leva su grooves costruiti con strumenti inusuali sino a pochi anni fa e poi incanalati su corsie funk mentre la seconda, ad opera di Franz & Shape, rivela più energia e potenza attraverso l’accoppiata electro-techno che il duo di Forlì salda attraverso ritmi sostenuti e numerosi riferimenti allo stile in voga nelle annate 2002-2004.
-Alek Stark & J. The Barber “Without The Music” (Original Street Techno): che Serafin Gallego alias Alek Stark amasse l’hiphop non è certo una novità (ricordate il progetto Illektric fondato col cantante Aqeel 72 ?) e questo disco ne è un’ulteriore conferma. Interamente edificato su equipments analogici (Tr-808, Dmx, Linndrum, Minimoog, Ms-20, Sh-101, Vc-10 e Vp-330) le tracce del made in Spain in questione faranno felici gli amanti dell’electrofunk, delle sincopi taglienti, dei basslines squadrati e del vocoder che travolge tutto (“With My Own 2 Hands” fa leva sulle liriche dell’omonimo pezzo di Ben Harper). Meccanico ma non dalle matrici disco come avvenne invece per “Highway To Disko” (2002), “Without The Music” offre un viaggio a ritroso nel tempo che ha il compito di interpretare in modo coraggioso e di (ri)scoprire le origini di uno stile musicale oggi inflazionato da una produzione fin troppo approssimativa. This record sound electro. Electro is hip-hop. Alek Stark docet.
-Syncom Data “Beyond The Stars” (SD Records): formato da Jan Katsma e Raoul De Vries, il progetto Syncom Data prende forma nel 1999 grazie a Guy Tavares che pubblica su Bunker il ghignante “50 Pop Or An Envelope” al quale fanno poi seguito sporadiche comparsate su Angelmaker ed Immaculate Music, altre micro realtà localizzate nell’underground olandese. Le tre versioni di “Beyond The Stars” lasciano andar via ricordi del passato, di quella scena florida che hanno conosciuto le platee dei Paesi Bassi durante gli anni novanta. La Dub si posiziona tra reggae, industrial e dark electro, tutte raggelate su tratti gotici sovrapposti ad oscure melodie sempre oggetto di filtri ed incursioni vocali chicago-house mentre nella Beatless gli hihats hanno la meglio e ciò fa da preludio ad un vero virtuosismo su ritmi provenienti da datate drumbox suonate a mò di live in cui non sfigurano affatto pitch random e tonalità sfumate. Ultima è la Beats in cui i colori tendono alla fluorescenza grazie a tratti vintage tipici della scuola olandese.
-Pier Bucci “Familia Remix E.p. 2” (Crosstown Rebels): sostenitore, assieme a Ricardo Villalobos e Rosario, di una scuola di pensiero che tira spesso dentro l’elettronica anche il latin, il cileno Pier Bucci è nuovamente sul palco con una manciata di nuove tracce incise a Berlino durante il 2006. “Hay Consuelo” esplora il minimal-deep attraverso la suadente voce di Macha mentre “Instinct” si rinchiude entro staccionate scricchiolanti e cigola come la porta di un vecchio maniero medievale. Il lato b è occupato dal remix di “Hay Consuelo” realizzato da Samim dei Fuckpony che recupera la vena tribale recentemente allontanata da soluzioni più futuristiche. In questo caso le percussioni legano più che bene coi vocals latini. Nel complesso potrebbe essere paragonato ad uno dei ‘viaggi’ alla Plastikman ma meno brioso e più colorato. Proprio come la copertina che lo racchiude.
-Ulysses & Unknown “Do The Electric Tootbrush E.p.” (Scatalogics): abbastanza noto anche in Europa grazie al progetto Neurotic Drum Band che porta avanti assieme all’amico John Selway, il newyorkese Elliot Taub alias Ulysses rilascia il #007 della sua label firmandolo assieme ad uno sconosciuto amico. La main-track mischia l’electro con una soffusa deep-house abilmente incastrata nelle linee melodiche ‘bontempiane’ che l’autore ha quasi sempre inserito nelle sue produzioni mentre “Le Sex Bomb” (cover di “Sex Bomb”, l’inno noise-rock dei californiani Flipper) si cala nelle soluzioni retro a metà strada tra italo ed electro-house non troppo studiata. La b-side è quella dei remix: “Do The Electric Tootbrush” rivive grazie alle versioni di Holmar Filipsson (Thugfucker, Mr. Negative) e Jordan Dare. Il primo si rifà al classico sound 80’s mentre il secondo calca la mano su un’electronix acidula e sequenzata su intelligenti inserti vocoderizzati.
-Middle Men “Splund Popper E.p.” (Satamile): Satamile, la label newyorkese fondata nel 1996, concede un altro numero del suo catalogo a Phil Klein dopo il fortunato “Tales From The Blobe”. Il disco prende subito le sembianze di un’electro sporca ruotata intorno a casse distorte (“Synchrotron”) sempre e solo ondeggiate su sincopi ed inframmezzate da voci robotiche. In “Voices From The Void” si riscopre il gusto ‘hydraulic’ (senti Marco Bernardi) ravvivato da inviluppi dei refreins mentre in “What On Earth?” l’autore si spinge in territori più tetri dalle atmosfere liquefatte e facilmente assimilabili dopo la proiezione di un bel film di fantascienza.
-Aa.Vv. “Freshly Composted vol. 2” (Compost): ad un anno esatto dal primo volume riecco la raccolta “Freshly Composted” che questa volta ha il compito di immortalare l’uscita #250 della label di Michael Reinboth. Si passa dal jazz al cosmic sound transitando per ritmi afro, batucada ed hip-hop rivelando un mix diversificato di stili catalizzati intorno alla techno, house, soul e pop. La ricca tracklist offre un viaggio a cavallo di pezzi come “Tides” di Beanfield (il remix è di Carl Craig), “Shanti Dance” di Muallem featuring The Droids, “Whistling In Tongues” di Felix Laband (rimaneggiato dal nordico Todd Terje), “Mangia Amore” di Marsmobil, “Forgotten Places” di Alif Tree (in una curiosissima versione di Moodymann) e la graffiante “Something Is Not Right” di Jean-Paul Bondy potenziata nei beats da Robag Whruhme. A tutto ciò poi vanno sommate altre straordinarie presenze come Ben Mono, Soil & Pimp, Koop, Karma, Harvey Lindo e King Britt (accucciato sotto il progetto Nova Dream Sequence) che fanno di “Freshly Composted 2” un vero condensato di esoterismo sonoro convogliato alternatamente sulle misure classiche della dance music.
-Stefano Lotti “Esplorazione Minimale” (Qoki): nata da una costola dell’Admission, la Qoki parte dal presupposto di sviluppare dinamiche più elettroniche intrise di minimalismo. La title-track di questo #001 (già disponibile da qualche settimana) procede attraverso un banale basso in levare (ritrovato forse dopo la hit di Marc Houle ?) abbinato ad un crescendo di suoni che raggiungono un mood lievemente mistico e sottolineato da synths sinistri. Il remix arriva da Colonia ed è firmato da Mathias Schaffhäuser: il tiro si fa ancor più meccanico e tetro dell’originale dominato da hihats ed un gusto idealmente rintracciabile tra deep ed electronica piuttosto soporifera.
-Lotterboys “Can’t Control The Boogie” (Eskimo Recordings): secondo estratto dall’album “Animalia” uscito in estate, “Can’t Control The Boogie” riporta in luce il team dei Lotterboys (Fetisch Bergmann, Paris The Black Fu aka Detroit Grand Pubahs e Sebastian Müller aka Shapemod) nato dalle ceneri dei Terranova. A mettere le mani su un pezzo che nella versione originale non si era distinto per dinamicità sono i Naum Gabo e The Subs: i primi recuperano una linea psycho abbinandola a matrici hard-house di qualche tempo fa (Armand Van Helden potrebbe essere un paragone azzeccato) mentre i secondi seguono vie più trendy combinate ai soliti elementi (cassa + hihat + clap + snare) che non portano a grandi risultati se non ad un crescente effetto a ventaglio sfociante in un gioco new-techno-house che incoraggerà l’acquisto dei giovanissimi.
-Rodion “Atala Ride E.p.” (Gomma): uscito da poche settimane sulla label dei Munk, l’e.p. del romano Rodion è un buon esempio di musica electro-disco, tra i pochi che il mercato di oggi ci propone. La title-track è un viaggio diretto e privo di orpelli dalle venature retro sottolineate da sviluppi ‘videogame arcade’ (gli stessi di “New Time New Place” di Mauro Picotto, 2003). A ciò si sommano buone evoluzioni marcate dal low-fi. Sul lato b entrano le atmosfere più eleganti di “J_Bunker” che riportano allo stile dutch (senti Dexter) sebbene posato ancora su martellanti 4/4 che acquistano più vigore con l’arrivo del basso ottavato. In chiusura c’è l’ironica “Ms. Dildo” che lavora all’interno di suoni pizzicati e contorti atti a svincolarla dall’ormai inflazionato minimal.
-Orgue Electronique “The Garden” (Crème Organization): l’occhialuto amico con cui Legowelt ha condiviso in passato tante avventure (il fantasioso The Chicago Shags e il più stravagante Macho Cat Garage ne rappresentano due emblematici esempi), torna sulla label di Dj TLR con un disco di cui si parlava già nell’estate del 2005 ma che poi, abbastanza inspiegabilmente, è stato ripetutamente posticipato. “The Garden” prosegue il discorso lasciato in sospeso nel 2004 con “Texas, Brooklyn & Heaven” che stupì per la ricchezza di sfumature retro incanalate in ritmiche alquanto polverose e degne di essere annoverate nella produzione old-school. Richiami nu-groove dei primi anni novanta e alla house ‘putrida’ di Larry ‘Mr. Fingers’ Heard danno colore alle quattro tracce dell’olandese. Un tiro più techno a cavallo tra acid e chicago-house è invece quello del remix di Tadd Mullinix che, per le sue recenti apparizioni su Crème, fa leva sul nomignolo JTC (acronimo di James T. Cotton).
-Nouvelle Vague “LateNightTales” (Azuli): dopo la parentesi vissuta in casa PIAS il duo francese formato da Marc Collin ed Olivier Libaux approda all’Azuli di David Piccioni con una compilation di musica acustica che traghetta verso il jazz, il soul, il funk e il lounge arricchito, solo in una manciata di occasioni, da soluzioni elettroniche. Ben venti le tracce scelte tra cui quelle di The Special AKA, Pale Fountains, Tones On Tail, Art Bears, Cibelle, Julie London, Anja Garbarek, David Sylvian e Shirley Horn. Immancabili gli stessi Nouvelle Vague con un’esclusiva cover version di “Come On Eileen” simbolo perfetto per la musica da camera in cui assoli di pianoforti, archi e fiati contribuiscono attivamente alla creazione di un’orchestra svincolata da costrizioni commerciali e proiettata nel segmento della musica generalmente definita ‘da aperitivo’.
Electric greetz