L’uscita ufficiale di “Relax Your Body” è prevista per dicembre ma le testate specializzate d’oltralpe hanno iniziato a parlarne già da qualche mese. Si tratta del secondo mix-cd di Savas Pascalidis, alfiere di uno stile che per anni è stato definito ‘space funk’, promosso da vari singoli e due album sull’International Deejay Gigolo e da svariate releases edite su Lasergun. Il gusto del tedesco (di origini greche) si è spostato, negli ultimi tempi, verso uno stile che allarga il suo range d’azione al ramo housy interfacciandosi alla moderna microhouse. La scelta trova ora il modo di trasferirsi in un doppio cd (in digipack) edito dalla sua Lasergun nel quale ‘minimalismo’ sembra essere la parola chiave che riesce a legare tutte le tracce presenti. Ben 24 i brani che Pascalidis ha selezionato e mixato in modo certosino spaziando nel panorama post-house tanto colorito dalla modaiola elettronica. Da “The Horn” di Matt Tolfrey & Craig Sylvester a “Cosmic Sandwich” di Steve Barnes (il remix è quello di Dominik Eulberg) da “Morph 23” del bravo Carsten Fietz a “Nasty” di Shyza Minelli, da “Don’t See The Point” di Alex Smoke a “Mono On Mono” di John Tejada sino alle ipnotiche “Testcrash” e “Quenge Liese” rispettivamente di Metope e Konfekt. Se nel primo cd è la microhouse a fare da padrona, il secondo si muove su impasti tech-house maggiormente ritmici: a presenziare “Mandarine Girl” dei Booka Shade, “Snake Tartare” di Tekel, “Inside” di Leon Segka (remixato da Metope), “Missing Love” di Ruben Montesco, “Dirt Road And A Boat” di Mathew Jonson & The Mole e “Restlichtverstärker” dei Misc, scelti recentemente dallo stesso Pascalidis per remixare la sua “Haunted House”. Di rilevante importanza anche “Tatü Tata” di Paul Kalkbrenner proveniente dalla BPitch Control di Ellen Allien e “Krieg” di Justus Köhnke, quello che negli anni ’90, assieme ad Hans Nieswandt e il cantante Eric D. Clark, formava i Whirpool Productions. A volte euforico ed in altre riflessivo, il Savas Pascalidis di “Relax Your Body” conferma le indubbie qualità anche come dj.
-Joris Voorn “Fuse” (Music Man): erano due anni che mancava ma l’attesa è finita. A riportare in vita il progetto “Fuse” (dedicato all’omonimo club di Bruxelles) è l’olandese Joris Voorn che, forte per la recente apparizione al Wire di Tokyo, sfodera il meglio del suo gusto musicale attraverso una ricca tracklist (di oltre 40 tracce) che passa dalla modaiola microhouse alla techno dal taglio detroitiano. Tra gli autori coinvolti Carl Craig, Matthew Dear, Andreas Kauffelt, Paul Kalkbrenner, Steve Bug, Robert Hood, Ben Sims, Pascal F.E.O.S., Kenny Larkin e i napoletani Rino Cerrone e Danilo Vigorito. All’appello non mancano classici come “The Break” di Arthur Baker, “Kat Race” di Jeff ‘the wizard’ Mills e l’immortale “French Kiss” di Lil’ Louis.
-Dapayk & Padberg “Close Up” (Mo’s Ferry Productions): Niklas Worgt (Dapayk) ed Eva Padberg (Padberg) si fanno largo nell’abnorme mercato discografico grazie alla sottile combinazione tra rumorismi e cacofonie (tipiche dell’electronica americana) e movimenti in 4/4. Microhouse influenzata dal low-fi quindi per otto tracce tra cui spiccano “Flesh”, “Newmini Da Dap” e l’immediata “Use Your Arms”. Ideale per quelli che sono alla ricerca di qualcosa di diverso dal mare di banalità in cui potremmo annegare.
-Gadgets “Key Moments” (Elp): da un veloce confronto col precedente “On Earth” emergono differenze sostanziali: dagli itinerari largamente deep e più riflessivi si passa infatti a costrutti palesemente techno, groovy e rinforzati da spunti dark. L’irresistibile carica vitale della musica di Gadgets viene fuori da pezzi come “Go There” e “Let Us Into Your System” che scuotono i torpori del tempo grazie ad un inventivo accostamento tra loopy techno e parti vocali. Prendendo spunto dal genere tedesco che rintraccia nel ritmo la sua anima, Gadgets la stravolge e la rende più brillante ed imprevedibile ravvivando i colori dei suoni ed accentuando le dinamiche. Un lavoro superlativo quindi per il team del bravo Corrado Izzo che si è occupato di scrivere anche tutti i testi.
-Dabrye “Additional Productions vol.1” (Ghostly International): dietro Dabrye si cela l’estroso ed eclettico Tadd Mullinix capace di mischiare l’electro con una singolare forma di hip-hop. A credere nel connubio è la Ghostly che rilascia il progetto (pieno di remix e collaborazioni sensazionali) sia su cd che vinile. Tra le tante mi sento di segnalare la nota “Monstertruckdriver” di T. Raumschmiere (resa davvero irriconoscibile) e l’inedita live-version di “Hyped-Up Plus Tax” utilizzata di recente per lo spot televisivo della Motorola.
-Koefer & Strube “Arbeitshypothese” (Whirlpoolsex Music): a firmare il #002 della neolabel tedesca è la coppia Koefer & Strube che porta avanti un sound minimalista e poco acceso derivato dall’incrocio tra progressive anglosassone ed electro teutonica. Nell’Original, dopo un lunghissimo preludio, esplodono basslines plastici che si aprono a ventaglio regalando sensazioni inquietanti mentre nel remix di Dapayk si assiste ad una sorta di escursione avventurosa in un sound mistico, ai confini tra l’ambient e la microhouse più estremista, rafforzata in più punti dal low-fi e dalla crackling-house tipica della scuola di Köln.
-Aa.Vv. “State Of Funk vol. 1” (Future Frontier): la label che ci ha sempre deliziato con dell’ottima techno riprende il suo corso con una nuova raccolta indicata ai groove-lovers. Dal jumpy-style di Auralizer vs Dexter W alla divertente technoloopy di Tadox che tira in ballo anche il country. Immancabile il vigore di Sandy Warez e la creatività di Radikal G che effettua una trasposizione in chiave moderna della vecchia afro.
-Lindstrøm & Prins Thomas “Lindstrøm & Prins Thomas” (Eskimo Recordings): per capire i contenuti di questo full-lenght è necessario tornare indietro negli anni e rivivere i momenti in cui funk e disco facevano da padroni (tra il 1978 e il 1984). E’ questo l’arco di tempo in cui la coppia nordica rintraccia i moduli ispirativi, centrifugati ed esaltati con la modernista elettronica che si esterna attraverso sublimi melodie attorcigliate a basslines arpeggiati d’impronta moroderiana. ‘Post-disco-funk’ quindi la dicitura che spetta alla musica dei due dj-producers di Oslo che trovano nell’acustica la loro fortuna, un pò come hanno già fatto Chromeo, LCD Soundsystem, The Glimmers e Rub’n’Tug. L’elettronica ora scorre sotto l’epidermide funk.
-2 Dollar Egg “Time Square E.p.” (i220): la label nata nell’ormai lontano 1995 sotto il segno di una electro definita spesso ‘visionaria’ rilascia il nuovo e.p. di 2 Dollar Egg. Il contenuto dell’extended play è assai ridotto visto che ci porge soltanto due tracce. L’Original muove avvolgenti pads che coprono il beat regalando pause chilly mentre il remix del bravo Tomie Nevada lavora più sul ritmo che cresce e s’arricchisce con suoni che paiono giungere da astronavi in partenza per lo sterminato e misterioso spazio.
-Hug “The Happy Monster” (K2): un altro tassello per la giovane nata in casa Kompakt che lascia spazio ad un nome che negli ultimi mesi ha completamente invaso il mercato della musica europea. Trattasi di John Dahlbäck, il ventenne svedese (cugino del più noto Jesper) che pare vivere un momento d’oro. Il suo sound però, pur essendo ben costruito, è privo di spunti innovativi e, a volte, cade nella noia. E’ il caso di “The Happy Monster” e “Birds” edificate su costruzioni ritmiche fin troppo banali che anche un bambino sarebbe in grado di riprodurre. Voto in più spetta a “Singalong” ove si fa sentire uno spirito rumorista. Non sarebbe meglio aspettare ed elaborarsi meglio anzichè rilasciare decine di tracce fin troppo simili tra loro ??
-Christopher Just “I’m A Disco Dancer 2005” (International Deejay Gigolo): dopo “1982” di Miss Kittin & The Hacker tocca al classico di Christopher Just risalente al 1997 tornare a pulsare attraverso due inedite versioni. Quella di John Tejada la trovo poco esaltante a differenza di quella dei Misc, più passionale ed intensa. Quel pezzo che venne realizzato per gioco in occasione della Street Parade a fine degli anni ’90 è diventato un cult della dance elettronica e, a quanto pare, è destinato ad un’esistenza che non potrà essere fermata dal tempo.
-Danny Boy and The Serious Party Gods “Castro Boy” (Panama): la misteriosissima label olandese che fa capo alla Viewlexx di I-F ritorna dopo due lunghi anni d’assenza. Protagonista è una traccia di ‘obscure-disco’ estrapolata dalla collezione personale dello stesso I-F e risalente ai primi anni ’80. Costruita su “Valley Girl”, il classico di Frank Zappa contenuto nell’lp “Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch”, “Castro Boy” riporta in vita i battiti cardiaci della disco-nrg. E’ proprio vero che la musica non ha età .
-Melnyk “Silence” (Gaymonkey): ossessionato da bands come Pet Shop Boys, Depeche Mode e The Charlatans, il canadese (ormai trapiantato a Londra) incide il suo primo album nel quale presenziano flussi new-wave, lounge, electro e retro. Con le dieci tracce si sfiora il romanticismo e la malinconia poi raggiunte da spunti rock, vintage e disco. Mondi differenti insomma che trovano la giusta maniera per combinarsi e compensarsi a vicenda. Il lavoro è riflessivo ed intimista e rivela un’inedita sobrietà non solo legata allo scenario dance.
-The Fall Guys “Beat Boxer” (Kombinat Records): #006 per la nuova label di Jan Driver che conquista la mia attenzione grazie ad un efficace accostamento tra electro e big-beat. Nelle quattro tracce presenti sul vinile si fanno sentire in modo vistoso elementi old-school come scratch e cut. E’ proprio seguendo il motto ‘cut it to the max’ che The Fall Guys realizzano un delizioso extended play che riesce a far capire quanto sia importante uscire dalla monotonia e dal ‘già sentito’. I tedeschi sono dei maestri in tutto ciò …
-Kiko & Gino’s “Startrack” (Ozone): cavalcano bene l’onda questi due francesi che, ormai con cadenza mensile, rilasciano diverse produzioni su altrettante labels sparse in Europa. Peccato che a volte, forse per un’eccessiva foga, si sfoci in una lieve banalità che non va proprio d’accordo con le potenzialità artistiche che la coppia ha più volte dimostrato di possedere. Lasciato da parte l’amore per la disco, Kiko si lascia conquistare da un’ossessiva (forse troppo ?) techno priva di spunti creativi (l’unica sorpresa in “Startrack” è infatti un sample vocale di Donna Summer, lo stesso già adoperato un anno fa dall’australiano Plastique De Rêve). In “Man Machine” i due tentano di recuperare la techno degli anni ’90 riuscendo parzialmente nell’impresa. Entrambe le tracce le sento ‘incomplete’ … o forse questo giudizio dipende dalla nausea che inizia a darmi il diffuso minimalismo.
Electric greetz