Avrei dovuto parlare di questo album già qualche settimana fa ma la sosta estiva ha fatto slittare il tutto. L’anticipazione nell’Electronic Diary #197 però è servita ad inquadrare la nuova posizione di Rother all’interno della mutevole scena europea, sempre più incline ad una netta sottomissione al movimento ritmico sganciato del tutto da ogni possibile evoluzione melodico-armonica. E’ con questi presupposti che il producer di Francoforte sul Meno vara la Telekraft, nuova presenza all’interno del suo mondo (insieme a Datapunk, Stahl Industries e Psi City), aperta dall’album “My Name Is Beuys Von Telekraft”. Trasformandosi nello scienziato (sonoro) Beuys Von Telekraft, il trentaseienne incide un album in cui la presenza dell’electro derivata dalla sfrenata passione per i Kraftwerk si assottiglia sempre di più lasciando spazio a costruzioni rotatorie e circolari, sempre piuttosto visionarie ma non allineate allo stile cibernetico a cui ci aveva abituato con releases come “Sex With The Machines”, “Simulationszeitalter” o “Biomechanik”. “Welcome To My Laboratory”, “64 Bit Audio”, “Liquid System” o “Girl Construction” non potranno saziare chi è affamato di electro, di ‘quell’electro’ a cui Rother, divenuto un personaggio di un inusuale fumetto per mezzo della penna di Claudio Gomez, ha voluto legare il suo nome fino al 2003. E’ come se volesse avvicinarsi al condensato minimale ma attraverso i suoni che più lo hanno aiutato nell’imporsi a livello internazionale. La traccia conclusiva di “Live Is Life Is Love”, edito nell’autunno del 2003, fu “Goodbye Electro”, un titolo esplicativo che avrebbe dovuto farci capire quale sarebbe stata la nuova strada percorsa da lì a breve. Comunque, questo Telekraft #001, ci propone anche un free-bonus cd in cui i dieci atti di “Geomatrix” ci riportano al Rother più inquietante e sinistro, un pò rumorista ed astratto, vicino ad un John Carpenter cosmico e soprattutto svincolato dalle costruzioni lineari a cui il tedesco ha fatto affidamento negli ultimi tempi.
-KZA “Stocks On Deck” (Mule Musiq): non tradendo le aspettative degli assidui frequentatori del mondo Mule Musiq, Yotsukaido Nature alias KZA (la metà dei Force Of Nature) assembla un ottimo mix-cd in cui la disco rimane sospesa a mezz’aria sulle evanescenze alla Brian Eno. Il nipponico non disdegna nemmeno il nu-jazz, il funky e il soul, tutti raccolti intorno a ritmi e suoni anni settanta/ottanta (qualcuno potrebbe intravedere anche della sognante sequencer-disco d’ispirazione moroderiana), un pizzico psichedelici e in bilico tra acustico ed elettronico. Tra le migliori presenze quella di Hans-Peter Lindstrøm, del ‘nostro’ Marcello Giordani, di Chris & Cosey, di Tensnake e dei mitici B.W.H. (il compianto Carlo Favilli e Stefano Zito) con “Stop”.
-Ben Mono “Jesus Was A B-Boy” (Compost): un titolo che rasenta l’accusa di blasfemia per il nuovo singolo di Ben Mono, estratto da “Hit The Bit”. Il pezzo originale coniugava al suo interno disco, house, funky e new-wave: ora accoglie ulteriori influenze grazie a quattro remix. Da quello di Moulinex, un pò distorto ma efficacissimo per le dancefloors, a quello di Shir-Khan, più spezzettato e legato all’electrofunk di Egyptian Lover, Afrika Bambaataa e Cybotron, da quello di TJ Kong & Nuno Dos Santos, calato in una house passionale, balearica e tanto deep, a quello di Marlow & ComixXx affondato nella cultura dello scratch e dell’hip-hop. In quale vi identificate meglio?
-Fixmer/McCarthy “Look To Me/And Then Finally” -remixes- (Planete Rouge): visto il momento particolarmente critico che attraversa la musica elettronica vista nelle sue formule più underground, Fixmer preferisce rimettere in moto la Planete Rouge attraverso brani già collaudati e rivisti in versioni che non si discostano così tanto da ciò che il mercato offre con più frequenza. Xenia Beliayeva mette le mani su “Look To Me”, trasformandolo in dark-techno e soprattutto facendo cadere quasi tutti i riferimenti con l’originale matrice ebm. Kiko invece, con la sua rivisitazione di “And Then Finally”, incastra la voce del leader dei Nitzer Ebb in un condensato post-techno, non molto minimale ma nemmeno azzardato dal punto di vista stilistico.
-Ragdoll “Soundwave” (Blu Fin): arrivano da Vancouver (sulla costa pacifica del Canada), si chiamano Oliver Nickels e Stephan Fisher ed insieme formano il duo dei Ragdoll. La loro “Soundwave”, esposta a giugno nel secondo volume di “Love Codes” compilato da Andrea Doria, è una traccia pensata proprio per Blu Fin, coi classici suoni estrapolati dal campionario techno-house del nuovo millennio. Il remix di Koen Groeneveld (produttore olandese conosciuto per una sfilza di progetti, anche piuttosto commerciali come Klubbheads) sfrutta ancora a dovere il binomio electro-house, non discostandosi in modo vistoso dall’Original. L’utenza media di Beatport adora releases come questa. Io un pò meno.
-Format: B “Steam Circuit” (Highgrade Records): il duo tedesco formato da Franziskus Sell & Jakob Hildenbrand incide l’album di debutto, affidato alla label del carismatico Tom Clark. Buona tech-house la loro, seppure non molto differente dal marasma offerto dall’attuale mercato tedesco, pieno zeppo di cose più o meno sempre uguali. Filo conduttore di “Steam Circuit” è indubbiamente il ritmo a cui, di tanto in tanto, viene aggiunta qualche melodia elaborata su toni inusuali. Grovigli percussivi quindi, da cui emergono meglio “Widow Maker”, “55 Cadillac King” e “Something Suitable”, quest’ultima col featuring di Jake The Rapper.
-Mickey Moonlight “Interplanetary Music” (Ed Banger): finalmente la label di Pedro Winter prende qualche distanza dall’ormai inflazionata formula legata all’electro-industrial-rock alla Justice. Per la venticinquesima uscita si segue un percorso colorato di jazz e funky. “Interplanetary Music” è solare, estivo (sebbene la stagione calda volga al termine), radioso come i dischi Record Makers, scandito dal sassofono di Carl Sterling e dal testo del compianto Sun Ra. I remix puntano a rafforzare l’aspetto più legato alla dance: Zongamin ricrea vortici pseudo-tribali, S.P.A. si riaggancia alla scuola alla Justice e Boys Noize (icona distintiva di Ed Banger ma, a mio modo di vedere, un simbolo da rinnovare al più presto per evitare di confondersi con la massa) e Riton si butta a capofitto in una electro-house dal potenziale approccio radiofonico.
-Los Updates “First If You Please” (Cadenza): Los Updates, progetto dietro cui armeggia il cileno Jorge González, raccoglie l’eredità lasciata dai Sieg Ãœber Die Sonne: “First If You Please” ha il gusto del pop sperimentalista, fuso nel dub e in una particolare afro che artisti come Ricardo Villalobos, Luciano, Dandy Jack, Pier Bucci ed Alejandro Vivanco non esitano mai ad elaborare nelle proprie composizioni. Un album che supera lo steccato della semplice enumerazione dei tools da after-hour e che contiene ottime prove come “Some Pictures Of You”, “I Don’t Feel Like Coming Home” ed “It’s Getting Late” in cui l’essenza pop viene tenuta a bada da sincopi 2 step e nervosi snodi ritmici tipici per la label di Luciano.
Electric greetz