Era inevitabile che, prima o poi, un’etichetta affermata (pur non essendo tanto reclamizzata) come Full Pupp, rilasciasse il proprio ‘best of’, raccogliendo gran parte di quello che, dal 2005, ha pubblicato unicamente su vinile. Full Pupp nasce da un’idea di Stevie Kotey, affiancato nelle scelte artistiche da Prins Thomas, che insieme ad Hans-Peter Lindstrøm e Todd Terje, rappresenta una punta del tridente norvegese capace di reintrodurre a livello europeo il gusto del cosmic-sound, un mix tra italo-disco, funk ed afro, sperimentato con successo già alla fine degli anni settanta dal ‘nostro’ Daniele Baldelli. Full Pupp si propone esattamente come anello di congiunzione tra gli anni passati e quelli che verranno, un polo d’interscambio di matrice ‘retro futurista’, che pensa al domani tenendo bene a mente quel che accadde ieri. Facendo leva su un simpatico gioco fonetico in lingua inglese, la label nordica manda in stampa “The Greatest Tits Vol. 1”, un doppio cd da considerarsi come l’estensione di quel che il trio sopra menzionato ha proposto con caparbietà negli ultimi quattro anni, evitando di lasciarsi corrompere dal trend tedesco e continuando a spianare di continuo la propria strada maestra. Prins Thomas mixa le quindici tracce presenti nel primo disco, attingendo dal ricco catalogo le perle migliori (Mental Overdrive, Magnus International, Blackbelt Andersen, Ytre Rymden Dansskola, Diskjokke) alternandole a novità , messe ancor meglio in mostra nel secondo disco, l’unmixed, in cui appaiono suoi esclusivi remix (per Jarle BrÃ¥then, Mental Overdrive) ed altre succose produzioni di prossima pubblicazione che riflettono la filosofia di Full Pupp, tra le realtà europee meno connesse ai trends e, in virtù di ciò, più legate ad una propria fisionomia ben distinguibile nella massa.
-Aa.Vv. “Nobody Knows Anything” (Supersoul Recordings): si tratta della prima raccolta su cd per la Supersoul, label berlinese fondata nel 2006 da Xaver Naudascher che ha garantito una certa vitalità alla dance tedesca slegata dal mero business. Analizzando con criterio l’italo-disco, la chicago-house, la detroit-techno ed altro che il passato mette a disposizione, Supersoul è stata capace di costruirsi una valida reputazione seppur con pochi 12″. In questo doppio cd si riscoprono vecchie conoscenze (“Lost”, “Motor City”, “Riot On Planet 10”, “Moon Unit”, “Marimba”, “Pagans”, “Deuteronomy Brown”) alternate ad inediti decisamente interessanti firmati da Plastique De Rêve, Max Brannslokker, Walter Jones e dallo stesso Naudascher. Oltre l’Atlantico riapparirà sotto il segno della DFA, la label di James Murphy e Tim Goldsworthy.
-Mental Overdrive “You Are Being Manipulated” (Smalltown Supersound): Per Martinsen è un vero punto cardinale da tenere a mente e prendere da esempio per chi vive la scena nordica. Il suo nuovo album è ricco di sfumature e sapienti coloriture, più che gradevoli visto il periodo piuttosto buio che attraversa attualmente la dance. “You Are Being Manipulated” comincia con una sorta di neo Blade Runner, la trasposizione di Vangelis nel Duemila, e prosegue con un fitto mosaico di suoni dai forti richiami funky (“Elephantastic”, “R.I.P.R.A.W.”, “Original Material”) e trance (“Europa”). In “Run To The Hills”, cover del classico degli Iron Maiden scritto da Steve Harris, il norvegese tira fuori una club-house d’altri tempi, con la già nota “Spooks” irradia un mix tra italo, funk e disco, e con “Molina’s Theme” si lascia cullare dalla deep-house. Tra le prove migliori quel “Mysterio”, influenzato dal suono legoweltiano con arpeggi ed un’orchestralità cinematica, e “The Rage”, recentemente su Full Pupp, vero inno alla potenza da dancefloor. Il cerchio si chiude con “End”, localizzato tra i suoni spooky e le cornici alla Vangelis, riprendendo il discorso lì dove era iniziato, immerso tra concetti fiabeschi e dolcemente incantati.
-X-102 “Rediscovers The Rings Of Saturn” (Tresor): sono passati ben sedici anni da quando Jeff Mills, Mike Banks e Robert Hood incisero “Discovers The Rings Of Saturn” che, nel 1992, destò particolare attenzione per il suo brio. Oggi, pur facendo a meno della presenza di Hood, i restanti due ne plasmano il diretto erede, partendo ancora dalla techno costruita sui loops della Tr-909, strumento-icona della techno made in U.S.A., e poi circondandoli con una particolare scia ambient spaziale ed ancestrale. In “Rediscovers The Rings Of Saturn” c’è tutto quel che appartiene alla techno millsiana cresciuta e maturata su Axis o Purpose Maker, come del resto quel che si lega alla magia futurista di Mike Banks e a tutta la famiglia Underground Resistance che può vantarsi di aver scritto una pagina fondamentale della techno music dell’ultimo ventennio.
-Jacopo Carreras “From Bed To Couch” (Lan Muzic): album di debutto per uno degli artisti-chiave di Lan Muzic che va ad invigorire quel ramo dell’elettronica contaminata da mille suoni e stili. Qualcuno potrebbe intravedere in “From Bed To Couch” delle attinenze alla Autechre e Mouse On Mars, qualcun’altro dei legami con la dance più palese degli Alter Ego o Richie Hawtin, altri ancora le costruzioni fantasiose ed ardite con cui ci deliziarono i Funkstörung. Fatto sta che il romano trapiantato in quel di Berlino, si conferma come uno a cui la settorializzazione della musica va piuttosto stretta ed infatti, nelle sue creazioni, si cela la voglia di spaziare il più possibile frugando tra i suoni che le moderne apparecchiature mettono a disposizione della creatività . Carreras tocca corde diverse per ogni traccia, mai timoroso nell’inforcare percorsi sconnessi, coniuga techno ed house bazzicando l’experimental e la cosiddetta ‘non music’, l’abstract di certi glitches giocati col desiderio di prendere le distanze dalla canonica misura in 4/4 seppur non lasciata completamente in disparte (“Y2K”, “Sbangy”, “One Sentence”, “Gentle Touch”), per la gioia dei dj’s più conservatori.
-EDMX “Quantised Universe” (Breakin’ Records): la cara e vecchia Breakin’ pare aver riconquistato parte del vigore di un tempo ed eccola pronta ad evitare le banalità minimali del momento con una cascata di freak-electro manipolata attraverso vecchi synths analogici. A pensare tutto ciò è sempre il bravo Edward Upton alias DMX Krew (servirebbe troppo spazio nell’elencare tutti i suoi pseudonimi utilizzati nel corso degli ultimi quindici anni), che plasma sei tracce veloci ed accostabili al future-electro-funk, filone per cui Breakin’ è stata spesso una più che valida sostenitrice.
-Odessa “Polar Intrusion” (Disco Praline): in un momento come questo, caratterizzato dalla crisi crescente del vinile e dall’impoverimento creativo di molti produttori, sono rimasti davvero in pochi a credere ancora nelle potenzialità dell’electro-disco. Fra questi la belga Disco Praline che, nonostante un numero assai limitato di pubblicazioni (appena una all’anno) riesce sempre a destare particolare attenzione grazie ad un livello qualitativo mai dubbio. E’ il caso di Odessa, da Rotterdam, che negli ultimi anni ha affiancato Alden Tyrell nei live e non solo (prendete “Odessa Theme”, tratto da “Times Like These (1999-2006), su Clone) che, col suo “Polar Intrusion” entusiasmerà chi predilige il suono dalle venature retro. La title-track gravita su voci alla The Hasbeens e su una melanconica electro-funk, “Play Missty For Me” ricorda i tratti dell’electro alla Solvent e Lowfish, rigato di pura cultura old-school. “Sketch”, sul lato b, fa sentire distintamente l’apporto del citato Tyrell con un puzzle d’italo-disco ed hi-nrg, binomio che viene enfatizzato dagli Starlight Boyz (già eroi della Disco Praline) mediante l’intenso ondeggiamento tra materie disco ed electro, rammentando un pò quel che si ascoltava, anni fa, nei pezzi degli Ural 13 Diktators, con frequenti riferimenti a Bobby Orlando e Patrick Cowley.
-Dirty Hospital “Leave The Planet” (Mighty Robot Recordings): il duo formato da John e Steven Clark, ex Bis nonchè fautori della Rottenrow Records, contribuiscono nell’ampliamento della scuderia Mighty Robot, nata a Glasgow nel 2004 e divenuta l’interfaccia tra techno ed electro intese in tutte le loro possibili e potenziali sfaccettature. “Sanoman”, che apre le danze, è il frutto dell’analisi della techno anni novanta, tra cadenze deep e snodi detroit. Più aperta a scenari electro-gothic è invece “Softstem”, permeata di quel sottile fascino alla John Carpenter. Concepita più dichiaratamente per il dancefloor è “Mind Grind”, in cui i fratelli Clark sfogano la voglia d’immergere l’house di Chicago nel low-fi: sono esattamente le distorsioni a fornire lo slancio allo scavalcamento dello steccato che separa l’underground dall’overground, col possibile ingresso in circuiti ad ampio raggio. A chiudere è la title-track, “Leave The Planet”, ubicata su misure sincopate e disegnata attraverso una tavolozza sonora che tanto ricorda l’electro inglese di Billy Nasty, Andrew Weatherall e Dave Clarke.
-Orange FX “Energy” (Model): Model mette le mani sul singolo d’esordio degli Orange FX, il trio partenopeo formato da Sandro S, Rickygio e dalla cantante Sabrina Carnevale. Orange è il colore della passione, del benessere e del sole mentre il suffisso FX serve a rammentare i giochi sonori di filtri e macchine che caratterizzano, da sempre, la musica elettronica. La condivisione di questi due mondi porta ad un risultato che esterna, da un lato, la voglia di far ballare, dall’altro il desiderio di lasciare un segno grazie alla miscellanea di background differenti. Ed ecco servita “Energy”, disponibile in quattro versioni differenti (Original, Club, Dance ed Instrumental) alle quali se ne aggiunge una quinta, realizzata da Francesco Passantino, in cui gli interventi vocali della Carnevale non si smorzano seppur sovrastati da un concept più indirizzato al ritmo.
-Alter Ego “Gary” -remix- (Klang Elektronik): era da parecchio tempo che non sentivo un Tiga in forma così smagliante. L’Italia 90 Remix mi ricorda i bei tempi del remix per “Madame Hollywood” (Felix Da Housecat), con un flusso mediante cui il canadese sintetizza ottimamente italo-disco e moderna electro. Molto bella anche la versione sul retro, realizzata dagli Alter Ego in compagnia dei Product 01, che ha il gusto dell’electro-pop in voga qualche tempo fa in Germania e poi smitizzata dall’invasione del neo-minimal. Cercatelo su vinile 10″ bianco.
-Solomun “Don’t Cry” (Compost Black Label): è slittata a settembre la pubblicazione del primo disco che Mladen Solomun ha realizzato per la Compost di Monaco. Entrato di diritto nelle grazie di Gabriel Ananda, Dj T., Martin Landsky e Laurent Garnier, il producer apre con “Don’t Cry”, combinazione tra deep e microhouse sorretta da un incisivo basso che rincorre un mini-riff. Più trancy invece “The Way Back”, sulla scia delle prime produzioni Border Community. La migliore comunque, a mio avviso, resta “Somebody’s Story”, ombreggiata da tinte scure ed invernali, incastrata tra riflessi electro e piegature house orchestrate come vecchie cose d’oltreoceano a cui, probabilmente, il dj-producer bosniaco ha fatto riferimento.
-Bangkok Impact “La Musche” (White): ne è passato di tempo da quando il giovane Sami (Liuski) s’introdusse nel frangente musicale europeo. Gli otto anni sono serviti a crescere e a far maturare il suo sound che più di qualche volta è riuscito a fare crossover entrando nelle grazie di Sven Väth, Sister Bliss ed addirittura nella soundtrack di una pellicola (“Linha De Passe” di Walter Salles). “La Musche” non riserva grandi novità per chi segue, almeno da qualche anno, lo stile intrapreso dal producer finlandese: classico bassline che ci propina (almeno) dal 2006 ed un vortice di influenze, tra Moroder e Cowley, ma in chiave più ele(c)trica. Sulla facciata b “Caro”, pensata espressamente per le folle estive che popolano i grandi festivals open-air, non molto lontana da ciò che stampava Get Physical nei primi anni d’attività , con buoni spunti melodici ma un pò troppo invasivi per i miei gusti. La Disco Version è più housy nei ritmi ma anche, un pelo, troppo cheesy.
-Ramon Tapia “Bilbao” (Yellow Tail): tra quelli che sino all’altro ieri si definivano semplicemente ‘newcomer’, il belga Ramon Tapia è oggi uno dei nomi della new-school della dance elettronica. Il suo “Bilbao” è un pezzo sferico, che gira ottimamente su percussioni digitali poggiandosi, nella parte centrale, a lievi accenni nu-trance. Florian Meindl, partner di Oliver Koletzki per tanti progetti, ne realizza un remix che mantiene intatta la scia deep-house dell’Original, creando una vera attrattiva per coloro che mostrano interesse per Plastic City, Drumpoet Community o Compost Black Label. Chiude “Escapade”, un classico per la corrente techno-house del Duemila, modulato su ritmiche rollin’ che tanto funzionano nei clubs ma che lasciano tempo che trovano per quel che riguarda la creatività .
-Betty Botox “Mmm, Betty!” (Endless Flight): interamente dedicata a chi è alla costante ricerca di un suono funk-elettronico, la nuova release di Endless Flight (sublabel della più nota Mule Musiq) è curata da Keith McIvor che gioca a nascondino dietro JD Twitch e Betty Botox. “Mmm, Betty” è il risultato dell’esplorazione di una polverosa collezione di vinili da cui vengono prelevate tracce che non hanno mai superato la linea di confine dell’underground, e qualche inedito. Un suono pastoso, a metà strada tra elettronica d’avanguardia anni ottanta e post-rock, è quello di The Jellies a cui seguono i mitici The Residents, i Severed Heads, Carlos Peron (ex Yello), Hawkwind, i Pankow (italiani!) e Zed, ritoccato dai Naum Gabo. Un progetto che ha la stessa ambizione di altri apparsi in tempi recenti su Eskimo e su Clone Classic Cuts.
-Märtini Brös “The MB Factor” (Poker Flat Recordings): sono già passati dieci anni da quando Clemens ‘Clé’ Kahlcke e Michael ‘Mike Vamp’ Pagliosa incisero il primo disco (“Material Love”) su Raw Elements. Un raggiungimento importante quindi per il duo tedesco, da annoverare tra i primi sostenitori del fenomeno microhouse seppur a volte attraversato da fulmini electro-pop (come non poter ricordare “Dance Like It Is Ok” o “The Biggest Fan”?). “The MB Factor” è l’emblema del loro decennale artistico, denso di creatività e voglia di fare: diciannove pezzi (mixati) ci fanno capire di quanto siano ampi i confini dei Märtini Brös e di quanto oggi possano sembrare moderne alcune composizioni di molti anni fa, come “Electric Monk”, “Darkroom” ed “High (Risin’)”, affiancate dalle inedite “Chasing Ghosts”, “Morphine Robot”, “Drone” e “Strahlau” oltre a vari remix realizzati da Dj Koze, Detroit Grand Pubahs, Robag Wruhme e Prins Thomas. Mille auguri Märtini Brös.
-Aa.Vv. “Revelations Vol. 1” (Big City Beats): per il primo atto di “Revelations” la label di Francoforte sul Meno interpella nomi nuovi e non: Marcus Schmahl alias Broombeck, con “Mono Turn”, smuove voci e deep-house raffinata, più stilosa di tanta altra roba attualmente in circolazione. Il remix di Sebastian Lutz, che così ripaga la versione che Schmahl ha realizzato per “La Danza”, ha un tocco più groovy, col sample vocale giocato in mezzo al vortice delle ritmiche. Il lato b è di Virginia Nasimento e la sua “Easily”, prima remixata da Bee-Low (ossia l’infaticabile Butch) che sintetizza house e techno del nuovo millennio fluttuando su un bassline vibrato ed una stesura tra pieni e svuoti, e poi dai Groove Rebels che elaborano un tool tutto ritmo e bassline.
Electric summer