Jordan Lieb ed Asako Fujimoto: sono loro ad operare dietro il moniker Tiger Fingers, alla prova col primo album che ha il retrogusto dell’Electroclash. La loro musica potrebbe essere considerata una (piacevole) variante del Pop, con frequenti intrusioni di Funk, House ed Electro. Trainato dal fortunato singolo “Little Drummer Girl”, il duo nippo-statunitense dimostra di saper interpretare i gusti del pubblico, ma non rifilando l’ennesimo disco coi suoni striduli e casse pompate per gli irriducibili dei mega impianti a bordo di improbabili automobili “decorate” da neon blu. Questo è Pop del nuovo millennio, ma inteso nella sua anima più Indie, ricolmo di suoni elettronici, talvolta graffianti proprio come unghie feline, permeato di perfezione digitale sebbene nella citata “Little Drummer Girl” figuri un intenso botta e risposta tra voce umana ed artificiale. A 3:12, quando arriva la cassa, tutto diventa più appetibile anche per chi non era proprio convinto. Il brano viene rielaborato da Jimmy Edgar, che alterna sapientemente Electro sincopata al bum bum quaternario, e da Night Plane, che opta sia per gli scricchiolii Glitch e divagazioni Ambient, sia per robuste cortecce ritmiche (nella Club Mix) che corrono dirette e senza fronzoli, private di quell’anima Pop di cui prima si parlava. Il tragitto dei Tiger Fingers riprende con “Small Talk”, in cui più di qualcuno potrebbe intravedere stretti legami con Client, Baxendale, Ladytron, Macondo, Arling & Cameron ed altri grandi di quel periodo, che incastrarono la struttura della canzone in suoni plastici e geometrici. Su “Say It To Me” vien voglia di parlare quasi di Indie Rock contratta in circuiti Techno Pop dalla battuta lenta, mentre il titolo strambo “Dogs Of Jesus” equivale ad un pezzo pieno d’atmosfera ma rigato dalle nervature dei bassi, così come suonavano i primi dischi dei brasiliani Digitaria. Passando per le pieghe acidule di “Hot Kettle”, si raggiunge la mia preferita, “Set Up”, Electro Funk moderna, non distante dalla scuola del French Touch 2.0, in bilico tra chitarre elettriche e sintetizzatori, come la tradizione Kitsuné ormai tramanda da circa dieci anni a questa parte. Il tutto è vidimato dall’A&R di Hafendisko, Tobias Lampe. Come chi è? Vi dice niente Superstition?