Una decina di anni fa, insieme a Tomas Barfod (quello dei WhoMadeWho), inventò il progetto Filur che inanellò una serie di fortunati singoli (uno su tutti “It’s Alright”). Poi per Kasper Bjørke, da Copenhagen, si apre una carriera da solista che gli porta molto lavoro come remixer ma che non gli impedisce di pubblicare tanti singoli e, dal 2007 ad oggi, ben quattro Album, con scadenza biennale. “Fool” è l’ultimo in ordine di apparizione, e il suo concept riprende quello spesso utilizzato per i dischi in vinile, con l’Hungry Side e la Foolish Side. La prima tornata di brani è caratterizzata da una chiara impronta vocale firmata da Jacob Bellens: “Hummingbirds” rammenta le cose più Pop di DMX Krew, “Lose Yourself To Jenny” (di cui si attendono vari remix tra cui quello di Axel Boman e Maxxi Soundsystem) è Italo Disco rimessa a nuovo, stanziata tra echi Synth Pop, battiti Rock e sgroppate Funk, “Deep Is The Breath” mantiene inalterato il classico basso ottavato ma alternando voce maschile a femminile (di Emma Acs) per un risultato non distante dal Pop ma non ascrivibile a contesti nazional-popolari che generalmente si affibbiano ad esso, “Sunrise” tributa il suono di Alphaville e Bronski Beat, con una vaga impronta moderna à la Moby. Il Foolish prende le distanze dalla song-structure, e questo lo capiamo subito da “Overture”, con cui il danese varia il programma in modo radicale. “D.O.A.H.” è House rigata di Rock, che procede per pulsazioni lente, “All I Hear Is Drums” è una tavolozza piena di percussioni Disco, ma il basso ci ricorda che siamo nel 2012, e la nube Acid ronzante fa il resto. Per “Bohemian Soul” l’artista chiede una mano nientemeno che ai Laid Back, tra i nomi storici della scena danese: la collaborazione porta ad un pezzo dritto, senza fronzoli, con aperture che dilaniano il reticolo dei 4/4 e che lo rendono un pizzico psichedelico. Per concludere “Ubiquitous”, in cui si ritrovano gli ingredienti di una certa dirty Disco made in Netherlands, quella di I-f ed Alden Tyrell con gli snare riverberati e i suoni di vecchi Roland e Korg d’annata, e “US Escape”, bollicine di sogni che si rincorrono. L’artwork è di Trevor Jackson (aka Playgroup), che conferma ancora il suo estro anche come designer grafico oltre che produttore musicale.