Chissà quante volte avrà sentito pronunciare in modo errato il suo cognome, pieno di consonanti dure al pari di Paul Brtschitsch: Jacek Sienkiewicz, polacco, classe ’76, è al quarto album (il terzo sulla label di Sven Väth) che incornicia egregiamente un appassionato lavoro discografico decennale. Parlando di un progetto targato Cocoon Recordings si rischia di cadere nell’ovvietà, nel affermare cose già dette o passare per chi loda musica definita dorata in virtù dell’appartenenza editoriale ad uno dei gruppi discografici più influenti del pianeta, ma l’ascolto attento dell’album di Sienkiewicz annullerà ogni timore di questo tipo. “On The Road” è prodotto con cognizione di causa e il suo autore non è tra quelli che si ritrovano a fare serate nei clubs di mezzo mondo solo perchè baciati dalla fortuna. Il Nostro è uno che la musica la elabora con capacità, senza appigliarsi alle solite loopate prive di cuore. Il suo sound attinge dalla Techno e dalla House, incrocia ritmi, suoni, effetti in un flusso dinamico (“Departure 11”), che solo in un paio di occasioni sembra sfiorare il mondo modaiolo della M_nus (“On The Road Again”), seppur aggiungendo una serie di virtuosismi e strumentazioni alquanto inusuali. C’è anche dell’ottima Deep House, rilassata e mentale in “Fear”, più cacofonica e gracchiante in “Telegram”. La House ha cambiato pelle? Certo, e “Lost And Found” ne è la prova, come attestano “Sing It”, sebbene molti riferimenti corrano al mondo di Detroit di UR e DJ Rolando, dagli archi lussuriosi che strisciano sotto le eliche degli hihats, e “Peregrinating”, che fruga nel Dark facendosi largo in un canneto di appuntiti glitches sorretti da stereofonici pads. Il finale si stringe nell’Ambient più spirituale ed impalpabile con “Arrival 12”, che spinge in direzioni talmente oniriche da materializzare scenari ibizenchi, quando i timidi raggi del sole iniziano a scaldare la terra raffreddata dalle tenebre notturne.