Michael Reinboth non avrebbe potuto scegliere stagione migliore per pubblicare l’album di TJ Kong & Nuno Dos Santos. A circa quattro anni dall’esordio che li vide apparire su Compost Black Label (con una cover di “Circus Bells” di Robert Armani), gli olandesi dimostrano di essere padroni di un genere definibile come Romantic House. La loro è sostanzialmente House, certo, con influenze baleariche, Afro e soprattutto Deep, della più raffinata che certi tedeschi continuano imperterriti a produrre infischiandosene delle mode. Così, prendendo le dovute distanze dall’oceanica miniera di House e Techno derivate dai presets estrapolati da software ormai alla portata di tutti, i due producers del Nord Europa elevano la propria musica ad un livello ben più alto ed ispirato rispetto ai classici tools ricercati dai DJs abletonizzati. E’ evidente come “After Dark, My Sweet” muova le sue attitudini all’interno di una House elegante, mai rumorosa o sottesa al ballo catatonico che molta musica Dance di oggi quasi impone. Partendo da “This Time” con la voce di Spunk dei Marbert Rocel, si tocca tutta una serie di emozioni che hanno molto a che fare con la Progressive House. Il ritmo trascinante della già conosciuta “Tranentrekker” (che tanto ammicca alla House detroitiana di Carl Craig) introduce a quella che è forse la gemma più preziosa dell’intero lavoro, “Where Were You” (già estratta come singolo). Interpretato dalla Voce per eccellenza della House americana, Robert Owens, il pezzo è una sorta di tappeto musivo che evoca un piacevole senso di tranquillità. Considerabile come il naturale follow-up di “Merging” del 2007 (che pure si ritroverà più avanti), il brano segna l’affermazione completa e più che meritata per gli olandesi, che però nella manica hanno altre carte da giocare. Tra queste “Something Happened” e “Birthday”, entrambe con la voce di Nicolette Suwoton, quella che quindici anni fa partecipò all’album-manifesto dei Massive Attack, “Protection”, e che per qualcuno è una sorta di neo Billie Holiday. Non mancano brani strumentali, come “The Deep End” ed “Always Forever Now”, che riprendono ancora stilemi della Progressive House britannica pur sconfinando in disegni ritmici inconsueti ma strategici. Altra ospitata di tutto rispetto è quella di Joanne ‘Jemeni’ Gairy, voce per alcune produzioni di Nick Holder, che impreziosisce “Once Upon A Rhyme”. Piuttosto sconvolgente il contenuto di “The Quiet Room”, con cui la Deep House sinora declinata viene mutata in una sorta di Electro che si infila in meati angusti e che equivale ad un trapasso stilistico verso altri scenari che rammentano certe enunciazioni dei Depeche Mode di fine anni Ottanta. A chiudere è “Emerald Bay”, con l’accento che viene posto sul clarinetto di Edward Capel, solo l’ultimo dei viaggi emozionali che TJ Kong & Nuno Dos Santos hanno riservato ad una label di classe come la Compost Records, da sempre impavida di fronte alla scelta di percorrere nuovi itinerari sonori che non cercano come primo fine il benestare del grande pubblico.