Circa un decennio fa ci ammaliò con uno stile definito Stellar Funk, diverso dall’allora commercia(bi)le French Touch dei francesi ma fondato, pressappoco, sugli stessi elementi, ossia House non convenzionale ricucita sulla Disco. Ma la House di Pascalidis, tedesco di origine ellenica, non è quella europea bensì quella americana, nata a Chicago nella seconda metà degli anni Ottanta. Dopo un paio di comparsate su Kurbel ed altre etichette minori, per Savas giunge il momento della riscossa, sia attraverso la nascita della sua Lasergun (oggi rimpiazzata dalla Sweatshop), sia grazie all’ingresso nell’ambita International Deejay Gigolo. Partono proprio dalla label di DJ Hell le sue memorabili tracce, nate sul crocevia di più stili musicali fusi insieme in modo perfetto, e l’album “Galactic Gigolo”, del 2003, miete vittime (positivamente parlando) ovunque, col suo bagaglio sonoro bilanciato tra cultura 80s e 90s. Il DJ e producer architetta ed orchestra il tutto nel suo studio d’incisione, oggi localizzato a Berlino (un tempo era a Stoccarda), ancora pieno di macchine analogiche che, in un’epoca di globalizzazione digitale come quella che viviamo, fanno ancora la differenza. Rispetto al secondo LP, “Disko Vietnam”, più arido ed avaro di novità rispetto al precedessore ed anche con qualche punta di ovvietà, “Nuclear Rawmance” apre una nuova era, seppur legata ancora al mondo della strumentistica analogica fatta di strumenti coi cavi di alimentazione e manopole da girare manualmente. I brani dell’album sembra vogliano enfatizzare esattamente il concetto della manualità, caratteristica forse destinata ad estinguersi in un prossimo futuro visto il progressivo assottigliamento di ogni settore legato alla fisicità. Il tracciato si apre con “Logic State”, spassionata Funk Disco Techno con un pizzico del basso di “Daddy Cool” (Boney M.), e va avanti con la massiccia Techno di “Delta Ray”, impiantata sul loop ma non noiosa, e col Funk old school di “Get Down”. Dietro l’apparente banalità dei beats di “Sonic Groove” si cela tutta una serie di approcci al Deep, più studiati rispetto all’ormai dozzinale Tech House ‘beatportiana’ (e non me ne voglia chi conta di costruire la propria carriera facendo affidamento alla chart del portale più chiacchierato degli ultimi anni). Con “Manipulator” sembra di tornare ai fasti della Kanzleramt (Heiko Laux docet), e con “Magic Orchestra” si finalizza il richiamo alla Detroit Techno di Kevin Saunderson. Altro punto di contatto col passato ci viene offerto da “Voyetra”, in cui l’autore rilancia le atmosfere Disco del citato “Galactic Gigolo” ma collegandole, quasi come un tratto di penna, a sprazzi di Chicago House. Simile il concetto di “Echoplex”, coi filtri che si muovono sinuosi. Il Pascalidis più virtuoso forse lo si apprezza in “Interspace”, dove si sconfina nell’Afro (è senz’altro tra gli estimatori della scuola cosmica di Baldelli, Loda, Rispoli e Tosi Brandi). Transitando sulle già note “Web Of fear” e “Deep Inside Your Eyes”, il viaggio trova conclusione sulle rive di “Flash Point”, un vero flash che illumina una sorta di limbo individuato tra House e Techno, tra vecchio e nuovo. Un Pascalidis tornato alla potenza devastante dei bassi, di rullanti lievemente distorti, di melodie fuggevoli e timbriche old school. Scusate se è poco.