E’ già qualche tempo che Anton Maiof, nativo di Bristol ma oggi residente a Berlino (quando mai!), ha variato la gamma sonora con cui era partito nel 2005, fatta essenzialmente di Ambient, Rock ed Experimental. Lasciando da parte l’aspetto più intellettualistico della musica elettronica, si incammina su tragitti Electro Disco ma facendo leva su un alias quasi italianizzato. E’ assai curioso: negli anni Ottanta erano gli italiani a tendere all’inglesizzazione (a volte barbarica) dei propri nomi, per darsi e dare alla propria musica un tono internazionale, ed oggi c’è chi, all’estero, fa l’esatto contrario. Segno che i tempi sono davvero cambiati. Disquisizioni fonetiche a parte, Maiof (anzi Maiovvi) realizza un disco dedicato ai momenti difficili che spesso la vita ci riserva senza preavviso. “This Is The Beast” annuncia il mondo sonoro a cui l’inglese oggi fa riferimento (e che ha già in parte immortalato in due album editi tra 2008 e 2009, “Electro Muscle Cult” e “Shadow Of The Bloodstained Kiss”), quasi come se fosse un Moroder modernizzato, sulla scia di quello che gli olandesi, inglesi ed alcuni belgi e francesi ci fanno sentire con più frequenza (Alden Tyrell, Mr. Pauli, Elitechnique, Casionova, Ali Renault). “The Sigh From The Sky Was A Lie Without Doubt” è pensato sullo stile Little Boots, ossia Electro Pop del Duemila, luminosa e raggiante, senza particolari velleità ma tesoriera di una sorpresa che si delinea meglio nella seconda parte, fatta da psichedelie Rock che in parte già campeggiavano nelle uscite dei finnici Ural 13 Diktators. “Class Dagger” inizia sull’intro di un thriller movie, che poi accoglie un tripudio di synths analogici che recitano i loro monologhi su cuscini di morbidi e catartici pads, questa volta orientati al ricordo dei migliori Vangelis o Jarre. Altrettanto fantastica la materia di “Horsehead Blue”, inchiodata ad un beat cavalcato e ad una parte vocale decisamente Romantic Wave. In un quadro di quasi perfezione qualcuno potrebbe avere da obiettare sulla scelta di incidere quattro tracce su un doppio vinile (una per lato), ma c’è da considerare la loro durata notevole. Vi assicuro che in tal modo la resa della dinamica acquisisce tutto un altro valore. Altro punto che depone a favore dell’acquisto è la copertina che, nonostante la schietta crudezza, rivela integralmente e in un baleno l’idea che l’autore ha analizzato e sviluppato per erigere le sue strutture sonore. Eppoi dicono che di musica realmente ispirata non se ne trova più …