Ci sono artisti che anticipano le mode ed altri che si limitano a seguirle. Donnacha Costello rientra, a pieno merito, nella prima categoria. Coi suoi lavori su D1 Recordings e Force Inc. già mise in atto una sorta di excursus stilistico che avrebbe collegato, come un tratto di biro, la musica dei Novanta a quella del nuovo millennio. Fu poi la sua Minimise a decretarne legittimamente l’appartenenza ad un segmento che non era nè propriamente Dance e nè propriamente da ascolto. La lunga ed affascinante Colorseries metteva in correlazione musica e colori, come in un processo artistico moderno e postmoderno, alternando scelte sonore ‘realistiche’ ad altre ‘astratte’. Il concetto viene ora ripreso nell’album che l’irlandese cede alla Poker Flat di Steve Bug. “Before We Say Goodbye” si carica di elementi melodici, cattura sensazioni dagli ambienti circostanti che l’hanno ispirato, fluttua su atmosfere uniche quanto rare. Ad introdurre a questo microcosmo personalizzato è “Leaving Berlin”, che lascia da parte le ormai inflazionate misture di House denudata. Con “A Warm Embrace” ed “It’s What We Do” si inizia a fare sul serio, con riferimenti d’obbligo alla scuola di Chicago e ad una certa Dub di New York fatta di percussioni poco evidenti e synths non omogenei. I ritmi si ingrossano e, in “No-One Is Watching” si assiste ad un crescendo tipicamente detroitiano, sul quale prende sembianza una moderna forma di Techno Jazz. La più massiccia dell’album è “Roll It Out”, con la batteria trionfale e trionfante su leads aguzzi come spilli. Bloccata, piacevolmente, tra referenze Acid e brillanti grooves plastici è “Stretching Time”, altra ‘ciambella col buco’ di un LP di alto valore artistico. Poi, la propensione che l’artista di Dublino ha sempre nutrito per il Minimal nato agli inizi degli anni Novanta nell’Europa del Nord, porta a risultati come “With Me Still”, “The Tug” e “The Last Train Home”, caratterizzati dalla completa esclusione del ritmo a favore di proiezioni melodiche da soundscape eterea, cullata da caldi e nostalgici pads che pagano il tributo a Stockhausen, Cage o Eno. Un elaborato pensato oggi ma che dimostra di non aver dimenticato il passato.