Da circa quindici anni opera nel settore della musica dance elettronica raccogliendo ampi consensi che gli hanno permesso di fare sempre meglio. Contribuisce alla fondazione di labels poi diventate importanti come Alphabet City, Terminal M (quella della riccioluta Monika Kruse) e della Psi 49 Net, la prima indimenticata piattaforma electro di Anthony Rother. Ma fu durante il 1993 che a Marc Romboy venne l’idea di creare, assieme all’amico Klaus Derichs, Le Petit Prince (e la relativa sussidiaria Limité), che per tutto il decennio si è resa protagonista della scena internazionale grazie ad artisti del calibro di Steve Baltes, Emmanuel Top, Future Breeze, Eric Sneo, Rob Acid, Microwave Prince, Dj Emerson, WJ Henze, Trancesetters, Thomas P. Heckmann e molti altri ancora. Proprio con Klaus poi fonda il progetto di successo Marc Et Claude col quale gira il mondo sostanzialmente grazie ai singoli “I Need Your Lovin’ (Like The Sunshine)” cover del classico della band inglese The Korgis e “Loving You” che sfruttava abilmente il refrein dell’omonimo pezzo risalente al 1975 della compianta Minnie Riperton. Ma le avventure non si contano: con Jürgen Driessen e Stefan Bossems (il Dj Bossi dei Cosmic Gate) crea i progetti N.A.D. ed Unknown Structure seguiti poi da innumerevoli esperienze come Plastic Ohr, Saba e Tohuwahobu. Nel 2004 Marc crea la Systematic presto definita dalla stampa internazionale una delle ‘prime case’ in cui ha trovato ospitalità l’electro-house. Con tale label ingaggia personaggi come Booka Shade, Martin Landsky, Phonique, John Dahlbäck, Olaf Pozsgay, Zoo Brazil, Stephan Bodzin, Dj F.E.X., Abysm, Tommie Sunshine e Jence, tutti alfieri di uno stile che oggi svetta nella maggior parte delle charts continentali.
Ciao Marc e benvenuto su Technodisco. Quali sono stati i gruppi e gli autori che ti hanno indirizzato verso la musica elettronica ?
“Fondamentalmente ho avuto la mente (e le orecchie) sempre ben aperte per ogni tipo di musica ma l’elettronica ha rappresentato la mia principale passione. Tutto è iniziato, senza alcun dubbio, ascoltando i Kraftwerk. Durante i primi anni ottanta comprai gli albums “Man Machine” e “Computer World” che mi lasciarono senza parole. Ero come ipnotizzato da quel suono che non avevo mai sentito prima d’ora. Di lì a breve mi procurai uno stereo col quale facevo saltare i nervi a mia madre visto che ascoltavo la musica sempre ad alto volume ;o)”
Mi piace definire la tua musica come ‘post-house’ o ‘neo-house’. Tu invece come la chiami ?
“Boh, questa è davvero una domanda difficile. A dire il vero non ho mai pensato al nome da dare al mio stile … si può chiamarlo come si vuole (neo-house, post-house, electro-house) ma per me rimane semplicemente musica elettronica proveniente dal cuore. Sai, è sempre complicato dover trovare un nome alle cose emozionali”
Nel 1993, assieme all’amico Klaus Derichs, fondasti l’indimenticata Le Petit Prince. Cosa ricordi di quella straordinaria avventura ? Perchè avete deciso di scrivere la parola fine ?
“Uno dei momenti più belli della mia vita fu, senza alcun ombra di dubbio, la Love Parade del 1994 alla quale partecipammo col nostro camion. Era la prima volta che prendevo parte all’evento e vi assicuro che suonare di fronte ad oltre 250.000 persone fornisce emozioni incomparabili a quelle di oggi. Fu in quel periodo che partimmo con Le Petit Prince grazie ad una scuderia invidiabile fatta da artisti come Emmanuel Top, Patrick Lindsey, Sola Fides (oggi Booka Shade), Caunos (ovvero Huntemann & Bodzin), Future Breeze e molti altri ancora. Fu un periodo splendido che si protrasse sino alla fine degli anni novanta quando gli artisti decisero di continuare ognuno per la propria strada. A quel punto Le Petit Prince non aveva più ragione di esistere visto che il team originario si era disgregato”
Lavori nel campo della musica da oltre quindici anni: quali sono le sostanziali differenze rispetto al decennio scorso ? La situazione è migliorata o peggiorata ?
“Mmm, nessuna delle due visto che è semplicemente mutata. All’inizio degli anni novanta tutto era ai nastri di partenza e molti nomi (poi divenuti protagonisti) pensavano più al lato artistico che a quello commerciale. Inoltre bisogna ammettere che la strada della produzione discografica era decisamente differente e i dischi si facevano solo negli studi e non a casa coi plug-ins scaricati gratuitamente dalla rete ! Nonostante tutto non me la sento di dire che oggi viviamo in una situazione peggiore rispetto a quella di dieci anni fa visto che negli ultimi tempi la fase commerciale sembra essere stata superata. Infatti sono sempre di più i musicisti che decidono di abbandonare la strada del business per dedicarsi alla produzione di musica proveniente dal cuore”
Il 2004 ha visto la nascita della tua nuova label, la Systematic. Con quali propositi l’hai fondata ?
“Systematic è nata col preciso intento di rigenerare il mio cervello e il mio hard-disk biologico. Nelle annate 2001-2002 trovavo che la musica elettronica in circolazione fosse davvero noiosa e priva di contenuti, troppo hard e veloce o troppo commerciale. Inoltre si faceva un uso spropositato di samples ed abbondavano le cover. Questa situazione mi ha spinto a pensare a qualcosa di nuovo, alla rigenerazione per l’appunto. Ebbi la possibilità di partecipare ad un party organizzato dall’amico Daniel Putz in un piccolo club, proprio quello che mi diede lo spunto per partire con Systematic. Daniel infatti suonava uno stile musicale che inglobava in sè la vecchia chicago-house, l’acid, la breakdance e l’italo-disco: era come ascoltare i Metro Area mixati ai Chicken Lips ! Allora tornai a casa e preparai un mix-cd con molti dei miei vecchi dischi che mi hanno dato lo spunto per le nuove produzioni. Sei mesi più tardi il primo pezzo era completo (trattasi di “Everyday In My Life” firmato assieme agli amici Booka Shade) e Systematic era pronta a tagliare il nastro inaugurale”
La scena europea attuale ti piace ?
“Ci sarebbero molti nomi da citare: mi reputo un grande fan di labels come Freerange, Clone, Free Jazz e Moon Harbour. Impazzisco per i party organizzati dal team Get Physical ed Ovum”
E l’Italia invece ? Nella “Systematic Session 2” presenziano le tracce dei Duoteque ed Andrea Doria …
“Ad essere onesto non sono molto informato sull’attuale scena italiana. La mia amica Giuliana (di Karma Distribuzioni) mi ha raccontato qualcosa quando venni a suonare a Napoli qualche tempo fa ma ti potrò dire sicuramente di più tra qualche mese: durante il prossimo autunno infatti sarò nuovamente in Italia per una serie di serate nei clubs del nord. Comunque abbiamo sempre buoni riscontri dall’Italia per quanto riguarda Systematic, come del resto dalla Francia e dall’Inghilterra”
Lo stile che ora impazza in Europa discende dall’acid e dalla chicago-house: credi che si proseguirà in questa direzione in un prossimo futuro ?
“Credo fermamente che sia l’acid che la chicago-house non spariranno mai dalla circolazione. Ho voluto immortalare entrambi nella mia recente “Freakin” prodotta assieme all’amico Blake Baxter. Dal mio punto di vista potrebbe farsi sentire di nuovo anche la techno di Detroit e qualche avvisaglia l’abbiamo potuta già ascoltare con le releases della Mobilee (di Anja Schneider) e coi dischi di Martin Buttrich e Loco Dice”
Credi che un giorno potremo ascoltare nuovamente il sound di Marc Et Claude ?
“Oh, mai dire mai ma per il momento non è pianificato nulla. Sono molto occupato coi miei progetti da solista ma non si può mai sapere …”
I files mp3 aiutano il mercato discografico o lo feriscono mortalmente ?
“Non sono un fan ed un sostenitore dei files mp3 visto che preferisco di gran lunga il vinile o il cd. Fondamentalmente l’mp3 è un problema che assilla le majors intaccando il business infastidito soprattutto dal file-sharing illegale. E’ importante comprare la musica poichè in tal maniera si rispetta l’artista e il suo lavoro. Purtroppo oggi non tutti la pensano così e nei clubs è sempre più frequente trovare dj’s pronti a suonare musica da cd’s masterizzati. Naturalmente quando la provenienza è lecita (Beatport, Djdownload, iTunes etc etc) la situazione cambia”
E’ vero che il vinile sta morendo ?
“Ah ah ah … non aspettate questo momento perchè non arriverà mai. Conosco molti dj’s professionisti che odiano suonare con i cd’s o con sistemi come Final Scratch. Naturalmente ci sono anche quelli a cui piace il supporto digitale ma il vinile rimane il vinile. Una situazione analoga nacque circa venti anni addietro quando stava emergendo il cd: tutti parlavano della morte del disco eppure il nostro amato vinile in plastica nera è ancora tra noi”
Solo vinile quindi …
“Si, assolutamente si ma quando viaggio per Paesi molto lontani preferisco i cd’s, più pratici e maneggevoli. Durante il 2005 ho perso due flight-cases in aereoporto e per questo motivo preferisco i dischetti argentati che, oltre ad essere più leggeri e trasportabili, mi danno la possibilità di proporre tracce non ancora uscite. Quando sono a casa però sempre e solo rigorosamente vinile !”
Sei parallelamente un dj ed un produttore: quale preferiresti tra le due attività ? O forse sono collegate ?
“E’ una domanda classica che spesso mi hanno posto molti tuoi colleghi giornalisti. Credo che una non possa esistere se non ci fosse l’altra. Da un lato c’è il piacere di far muovere le folle con la musica che più ti piace, dall’altro la voglia di creare quella musica per far divertire”
In studio invece ami usare di più l’hardware o il software ?
“Eh eh, adesso stai cercando di scoprire i miei segreti ! :o) Fondamentalmente utilizzo le cose di cui ogni studio dispone ma alla fine il risultato si vede non dalla cucina ma dal cuoco ! Oggi la maggior parte dei producers lavora con Logic e con i plug-ins della Steinberg (fantastici) che però non devono far dimenticare synths storici come i Moog, fondamentali in questa attività ”
Abbiamo terminato. L’ultima riga è per i saluti.
“Quando ero piccolo mia nonna mi raccontò che nelle mie vene scorreva sangue italiano ma ancora oggi non ne conosco il motivo. Ad ogni modo ritengo di essere collegato in un certo senso all’Italia soprattutto per la vostra musica esportata con successo durante gli anni ottanta, quella che mi ha influenzato moltissimo. Credo di poter suonare più spesso in Italia in futuro visto che le richieste sulla mia scrivania sono sempre maggiori e la cosa non può che farmi piacere viste le ottime precedenti esperienze. Continuate a divertirvi ed ascoltate sempre il vostro cuore ! Marc Romboy”