Dopo Chloé e Prins Thomas tocca ad Ivan Smagghe muovere la pista del Robert Johnson, famoso club di Offenbach. Nato come DJ sotto lo pseudonimo Ivan Rough Trade, il parigino ha solidificato la sua reputazione attraverso la fortunatissima collaborazione con Arnaud Rebotini con cui ha diviso, per qualche anno, l’esperienza nei Black Strobe centrando diverse hits capaci di alzare le quotazioni a livello internazionale (su tutte “Me And Madonna”, con la voce di Jennifer Cardini, ed “Italian Fireflies”). Si rincorrono altre sinergie di successo (con Fany Corral crea i Kill The DJ, con Tim Paris gli It’s A Fine Line, con Marc Collin i Volga Select e, più recentemente, con Danton Eeprom i La Horse) che contribuiscono nel fare di lui uno dei DJ’s francesi più esportati nel mondo. Oggi cementa il nome da solista nei clubs di tutto il pianeta, travolgendo House e Techno ma non solo: nel terzo atto dei Live At Robert Johnson si assapora anche della Post Disco, Electro Funk e Punk, selezionate e miscelate talmente bene che usare lo skip del lettore cd diventa quasi irritante. La tracklist è, pertanto, ricca e varia: da Gary Beck ad Eddie Zarook & Casio Casino, da Inflagranti ai Röyksopp, dai Wighnomy Bros a Seymour Bits, da Ryan Davis a Battant passando per i Loin Brothers ritoccati da Mock & Toof. Il balzo indietro nel tempo lo si effettua grazie a “No, Nothing, Ever” dei Dark Day e “Dreiklangsdimensionen” dei Rheingold, due rarità estratte dal cassetto della memoria contrassegnato dalla data 1980.
-Chris Hope “MenschMaschine 01” (MenschMaschine): fedele sostenitore della Techno, Chris Hope si fa sentire grazie ad una serie di collaborazioni messe in atto con la complicità di André Walter ed Eric Sneo. Il suo suono, rotatorio e circolare come la più affilata delle lame industriali, oggi lo ritroviamo sulla neonata MenschMaschine (label di sua stessa ideazione) che inaugura il catalogo con due tracce di pregevole fattura: “Beatfreak”, dal passo Minimal Techno, risucchiato da un vortice di percussioni ed una pseudo sirena allungata con l’eco, e la massiccia “Beyond”, costruita su patterns di solo groove fluorescente, gli stessi che la CLR di Chris Liebing ci ha insegnato ad apprezzare nell’ultimo decennio. La nuova linfa vitale per l’Hardgroove nasce qui.
-Sebastien Tellier “Fingers Of Steel/L’Amour Et La Violence” (Record Makers): nonostante sia uscito quasi due anni fa, “Sexuality” continua a rappresentare il serbatoio di un considerevole numero di singoli estratti: segno che si tratta di un lp curato in toto e non nato, come tanti, su uno-due brani di richiamo attorniati da banali corollari. Prodotte entrambe con Guy-Manuel De Homem-Christo (leggi Daft Punk), le due canzoni che trovano alloggio sul 12″ contribuiscono a tenere alte le quotazioni di Tellier che, da essere nominato solo tra i corridoi più underground della scena francese, è divenuto nome di richiamo della nuova scena dance contemporanea. “Fingers Of Steel” è delicata Electro Pop, colorita da un pizzico di New Wave e di Romantic Disco. Il remix è degli Hypnolove (altro nome nato dalla scuderia degli AIR) che attingono palesemente le ispirazioni dal classico dei Rondò Veneziano (“La Serenissima”, 1981) incastrando violini ed archi in ritmi da ballare con qualche lacrima che riga il volto. “L’Amour Et La Violence” invece resta una sana ballata romantica, sequenzata sui synths moroderiani e su un arpeggio che richiama, più o meno apertamente, “Supernature” di Cerrone. Nell’Euro Mix Alexander Ridha alias Boys Noize imprime il suo classico suono nato sull’intersezione tra House, Techno ed Electro ed orchestrato, per l’occasione, su arpeggi e maceranti basslines. Tutto ciò avviene su vinile rosa shocking.
-Dompteur Mooner “Music For Espionage” (Erkrankung Durch Musique): l’ex Zombie Nation continua ad iniettare materie vitali alla sua label, nata quasi dieci anni fa con l’intento di sostenere le avanguardie stilistiche del nuovo millennio. In “Music For Espionage”, primo della serie Super Tahoe che ci proporrà nei mesi a seguire gli edits di tracce dimenticate, c’è parte del repertorio appartenente al panorama Punk degli anni Ottanta: da “Sister James” a “Michaela”, due buoni esempi di post-Disco Rock, a “Eggshun Mmi”, remake del super classico dei Pink Floyd (“Another Break In The Wall”) e “Le Coq Rouge”, più vicina al minimalismo elettronico della prima corrente New Wave.
-Stephen Falken “Visions” (Flexx): è al debutto sulla belga Flexx il misterioso Stephen Falken, artista che trae lo pseudonimo dal personaggio omonimo di una vecchia pellicola del 1983 diretta da John Badham (Wargames). E’ sempre lui che, insieme a Pierre De La Touche, forma il duo The Outrunners promuovendo neo Italo Disco e neo Synth Pop. “The Deal” fluttua sullo stile di John Carpenter, con melodie eseguite ai synths (analogici) e private di ogni scarica ritmica per trovare la giusta collocazione cinematica. “Visions” invece coniuga Space Disco e New Wave, tributando il decennio degli Ottanta come il migliore per la musica elettronica. Altre ispirazioni dirette dal passato sono quelle che si rincorrono nelle partiture di “Shadow Of The Wind”, quasi un mix tra Tangerine Dream e Jan Hammer, pronto a scandire le scene di un’ipotetica puntata musicale di Miami Vice. Prima di tirare il sipario resta da ascoltare “Emotion Engine”, che rallenta le pulsazioni ritmiche pur insistendo sulla potenza di un bassline corposo e di melodie cristallizzate. Squisita Electro Disco del nuovo millennio.
-Dennis Garcia “Door To Dimension 4” (M Division Recordings): Melbourne, 1974: il musicista Dennis Garcia riceve una sovvezione, dal governo australiano e dalla multinazionale informatica IBM, per la creazione di musica mediante apparecchiature bio-meccaniche. Una serie di elettrodi vengono attaccati alla sua testa e cablati con drum-machines e sintetizzatori: il risultato dell’esperimento finisce, due anni più tardi, nell’album “Jive To Stay Alive”. Non sappiamo se tutto ciò sia più o meno una leggenda metropolitana, ma sta di fatto che M Division dissotterra un vero pezzo di storia della musica elettronica made in Australia riesumando Dennis Garcia (che vanta anche l’esperienza come tastierista per David Bowie in occasione delle tappe australiane del suo Low And Heroes World Tour) ed una delle sue tracce migliori, tratta dal citato lp edito a metà degli anni Settanta. “Door To Dimension 4” va a collocarsi nel settore delle avanguardie di quei tempi, tra i Telex e Transvolta, tra i Kraftwerk e i Rockets, tra Alan Parson, Plastic Bertrand e i Deutsch Amerikanische Freundschaft, che puntavano il dito allo spazio, narrando in musica storie cosmiche di pianeti da scoprire e navicelle da lanciare in orbita. A mettere ordine nelle sequenze di ritmo e basso è il finnico Sami Liuski alias Bangkok Impact che tende, ancora una volta, a modernizzare con criterio il vintage. Mano all’acustica invece nel remix di Inverto, autore di un battagliero costrutto plasmato tra Funk, Rock e Disco. L’ultra sessantenne Garcia così, ritiratosi a vita privata nel North Queensland, torna a far ballare.
-Jeff Mills “The Drummer” (Purpose Maker): Jeff Mills è l’essenza della Techno. Senza lui, probabilmente, questo genere non avrebbe avuto modo di esprimersi allo stesso modo. Come un fiume in piena, ‘the wizard’ (questo l’appellativo con cui il mondo lo conosce per la sua destrezza in consolle) continua ad incidere disco dopo disco, rigorosamente in vinile, formato che incarna al meglio la sua filosofia ed, ovviamente, la sua musica. “The Drummer” riporta in vita, dopo tre anni di inattività, la Purpose Maker, ‘figlioccia’ della più adulta Axis, e celebra il ritmo contemplandolo come elemento fondamentale della vita sulla Terra. Comunicando il suo pensiero attraverso la classica TR-808, Mills mette insieme sei tracce che suonano quasi come dei tools, dedicandole ai grandi dell’arte del drumming: da Neil Peart a Billy Cobham, da Buddy Rich a John Bonham (Led Zeppelin), da Stewart Copeland (Police) a Keith Moon (The Who). Intrecci ritmici, come solo lui sa fare, con una cassa scomposta e quasi arpeggiata che si infrange su classicismi (tom, rim-shot). Un disco, un tributo, una storia.
-Galaxy Toobin’ “Things Are Looking Up” (Crème Organization): il duo americano formato da Eliot Lipp e William Thomas Burnett torna a farsi sentire, a poco più di un anno dall’esordio, con un singolo estratto proprio dall’album di debutto che miscelava al suo interno numerose influenze (da Vangelis ad Alexander Robotnick passando per Ennio Morricone, Tangerine Dream e Brian Eno). Due i remix che figurano sul 12″: Lee Douglas, apprezzato per varie apparizioni su Rong Music, ne realizza una versione Disco-Funky-House dagli scenari molto anni Settanta, piuttosto sorridente e spensierata per essere destinata ad una label come Crème che ha fatto delle tenebre la sua linea guida; DJ Overdose rivede tutto regalandoci scariche inequivocabilmente Electro, per l’occasione permeate di ritmi minimali, un bassline giocato con l’arpeggiatore ed un immancabile vocoder a decorare un brano che, ascoltato nella sua globalità, rende molto il concetto di soundtrack. “Motion” fa da bonus-track, un’inedita composizione nata sulle evoluzioni della TR-808 e di un basso pfunk che lampeggia sul ritmo reso irregolare dalle sincopi.
-Mark Du Mosch & David Vunk “Dreams EP” (Lunar Disko Records): l’irlandese Lunar Disko cede il suo terzo episodio vinilico a due olandesi che, già da tempo, si distinguono per produzioni di alta qualità. Mark Du Mosch apre le danze con “Blanche Dreams” in cui tutto ruota intorno ad una sognante melodia cullata da un gorgo percussivo per poi proseguire con “Spring Affair”, Deep House melodiosa, radiosa e luminosa, e “Sunshine” in cui i ritmi si aprono ai pads lasciando immaginare a chi ascolta di spalancare le ante della propria finestra per trovare sole, piacevole tepore e l’arcobaleno in lontananza per dimenticare ogni problema. Con David Vunk il suono si fa più plastico e legato alla cultura underground di Rotterdam: in “Synthetic Dreams” convergono Electro old school, Italo Disco e New Wave così come in “Disco Voltage” il basso scandito dalle ottave viene scalato da accordi melodici in pieno Tyrell style. La tiratura è limitata.
-Various “Closing Mouths” (Properproud): se c’è qualcosa che non manca a Properproud è la grinta e la voglia di riscatto, soprattutto dopo tre anni di totale inattività. Il ritorno sul mercato del vinile avviene mediante una release (la quinta del catalogo) la cui tiratura si blocca alle 250 copie e che mette insieme quattro tracce di altrettanti artisti inclini all’Electro Techno più puritana. Gli Strange Connection (Santi e Roger, i fondatori di Properproud) con la title-track “Closing Mouths” vorrebbero tappare la bocca a chi parla ancora di Minimal: già nella ‘borsa’ di Dave Clarke ed Angel Molina, il brano brucia in voci EBM, un bassline plastico ed un ritmo che non perde mai di vista i 4/4. Jonathann Cast (che conoscemmo grazie alla Dancefloor Killers di Al Ferox, altra grande dispersa degli ultimi anni) gonfia la sua “Hurt Me” coi bassi arpeggiati, tipici del mondo che interfaccia Electro e Techno. “Halim The Dream” è invece la proposta di Adriano Canzian, il bizzarro artista italiano lanciato da DJ Hell nel 2003: qui mostra il suo lato più brutale e selvaggio, attraverso istinti EBM diretti essenzialmente alla dancefloor. Chiude Rubén Montesco con la sua “Insomniac’s Red Room”, a testimoniare che questa musica può uscire anche dai confini di Madrid e non solo da quelli francesi. A tenere salde le tracce di “Closing Mouths” sono i ritmi sostenuti ed un motto che Properproud ha adottato per il suo ritorno: stop the minimal, use your brain!
Electric greetz