#166 -Un ‘best-of’ per Trentemøller

Ad un anno esatto da “The Last Resort” il danese più famoso al momento ritorna con un doppio lavoro dal quale si leva la genialità con cui esplora la musica a 360 gradi senza mai porsi inutili confini e barriere. “The Trentemøller Chronicles“, a giorni pubblicato dalla Audiomatique Recordings, non è da considerare un vero album bensì una raccolta che raduna le migliori tracce e remix sinora pubblicate solo in vinile o compilation. Naturalmente non manca qualche inedito che stuzzicherà in modo sensibile l’acquisto. I giornali esteri si sono sbizarriti nel definire la musica di Anders Trentemøller: alcuni la reputano visionaria e sexy, altri misteriosa e seducente. Tutti comunque concorrono nell’adorare lo stile di questo musicista di Copenhagen relativamente emergente (la prima apparizione risale al 2003). Il cd 1 è mixato da lui stesso e racchiude perle che, forse, tutti conoscono come “The Forest”, “Moan”, “Gush”, “Physical Fraction”, “Killer Kat”, “Rykketid” ed “Always Something Better” a cui s’aggiungono diversi inediti come “Klodsmajor”, “Blood In The Streets” e la live version di “Snowflake”. Il cd 2 invece punta a mettere ordine nella corposa remixografia: ad essere selezionate le rivisitazioni per Röyksopp, Mathias Schaffäuser, The Blacksmoke Organisation, The Knife, Filur, Jokke Ilsøe, Robyn, Sharon Phillips, Tomboy, Moby e Djuma Soundsystem. Dopo un attento ascolto vi accorgerete che sotto gli occhi e nelle orecchie è passata una moltitudine di stili: dal break all’electro, dalla techno al pop, dal minimal al glitch, dal deep all’ambient. E il quesito che potrebbe sorgere è quello che sia perlomeno strambo che tutto ciò sia stato assemblato e scaturito sempre e solo dall’estro di una sola persona. Per questo la musica di Trentemøller sfiora la magia.

-Aa.Vv. “Imagination Of The Shape” (Plastic City): ritorno di fiamma per la storica label tedesca dalla quale, nel 1995, venne fuori la hit degli AWeX (“It’s Our Future”). Il suono della ricostruita Plastic City (oggi nelle mani di Daredo Music) si rimaterializza attraverso strutture meccaniche ed ipnotiche e con flussi ritmici regolari. La compilation in questione, mixata dal mitico Eddie Richards (figura chiave della dj-culture sin dagli anni ottanta), è un elegante conglomerato di deep-techno e tech-house, spesso situato sul sottile muro della melodia. Messi insieme, in una tracklist tutta da ballare, sono brani di El Farouki, J. Axel, Greg Parker, Forteba, Terry Lee Brown Jr., Soda Inc., Jeff Bennett, The Timewriter, Jussi-Pekka ed altri ancora tra cui lo stesso Richards con “Droids”. Il tutto racchiuso in un eccellente digipack trasparente.

-Guiseppe Manuele “Are You Down” (Radius): che la Radius abbia una predilezione per i suoni degli anni ottanta non è certo mistero e novità ma questo capitolo firmato dal belga Guiseppe Manuele (non è un errore, è proprio Guiseppe) contiene qualche citazione in più del semplice reimpasto italo-disco. Nei brani, come “Are You Down”, si consuma l’amore per il funk di George Clinton e Kano e l’inserzione di una parte cantata (accostabile allo stile di Snax) mi sembra decisamente appropriata e funzionale. Linee electro vengono slappate come corde di una chitarra e poi ci sono i laser che trafiggono beneficamente i ritmi. “Erotico” prosegue col cocktail tra italo e psycho-funk e “The Prince His Lover And Her Red Shoes” conclude il discorso attraverso la stessa miscela ottenuta con bassi che si arrampicano sulle tastiere ed un refrein che paga il tributo a “Passion” di The Flirts (Bobby Orlando docet), pezzo che qualche anno fa fu sapientemente sfruttato da Felix Da Housecat. Pura vintage-disco insomma per mr. Manuele capace di risollevare la Radius da un periodo di fiacchezza.

-Lerosa “Design E.p.” (ATC): il #19 della A Touch Of Class, sublabel della tedesca Background (da non confondere con l’omonima etichetta newyorkese specializzata in electro-pop) è firmato da Leopoldo Rosa aka Lerosa, producer di Dublino ma dal nome che non nasconde affatto le chiare origini italiane. Reduce di poche (ma non per questo trascurabili) uscite su D1 Recordings, D1gital, Real Soon ed Enclave, l’autore si mette subito in mostra con “Babylon” ubicata tra jazz, ritmi tribali, sciabolate electro ed improvvisazioni legate al pianoforte. In “Deception” invece sale l’amore per il soul e la house, fuse talmente bene da mantenere vivo l’assolo di tromba ed un ottimo disegno di basso avvolgente come una calda sciarpa d’inverno. In “Design” invece tutto è orientato sulla spregiudicatezza della vecchia house di Chicago riesumata, sporcata e vivacizzata da un Tb-303 usato con parsimonia. A chiudere è “Cracked & Ready”, il più virtuoso del disco, che sfiora il downbeat e il lounge pur mantenendo vivo e vegeto un fibrillante ritmo che continua a scalciare sotto il romanticismo della chitarra.

-Samim “Flow” (Get Physical Music): su Samim Winiger (svizzero di origini iraniane) gli spot luminosi europei si sono accesi quasi tutti contemporaneamente grazie all’osannato “Heather” che ha spopolato durante la scorsa estate. E’ deludente però sapere che tutti gridano al miracolo solo per aver ascoltato, su una base dance piuttosto banalotta, l’inserzione di un refrein eseguito con la fisarmonica (in chiave Los Locos). Se questa è la vera novità che ci riserva la musica di domani, aimè, siamo davvero arrivati alla frutta. In “Flow” ritrovo limitata creatività (a meno che si voglia far passare per creativo il susseguirsi di misure ritmiche costruite con poca inventiva e suoni già ampiamente sfruttati da anni) e tracce che trasmettono messaggi senza senso. Troppo soporifero per le mie orecchie e a volte banalizzato da scontati influssi tribali, nel contesto generale “Flow” mi lascia indifferente. Salverei soltanto “The Lick”, in cui pare di fronteggiare con un vecchio Mike Dunn e “Zleep” in cui comunque si sarebbe potuta elaborare meglio la parte ritmica. Un progetto che nulla spartisce col decisamente più avvincente Fuckpony che Winiger ha diviso per qualche mese con l’amico Jay Haze. Peccato.

-autoKratz “Reaktor” (Kitsuné Music): ottimo esordio per il (misterioso) duo inglese degli autoKratz messo sotto contratto dalla francese Kitsuné. La title-track lascia subito pensare a forti influenze alla Boys Noize e Tiga, centrifugate a dovere e rese pulsanti come certe cose di David Carretta. “It’s On”, inciso sul lato opposto, mi piace una spanna in più: sarà per quel giro malinconico ed un pò tetro? O forse per quel bassline dal disegno non molto inventivo ma decisamente avvolgente? In fin dei conti le sfibrate di toni alti rendono davvero bene soprattutto se abbinate ad un azzeccato vocal-sample giocato col pitch e sporcato col distorsore. Buona la prima ragazzi.

-Dj Sodeyama “Dual” (Kasuga Recordings): presentato lo scorso 20 luglio in una serata presso il Daikanyama Air in compagnia di Rino Cerrone come guest, “Dual” è il secondo album del nipponico Sodeyama, follow-up del “Metal Heart” uscito nel 2006. A differenza di quest’ultimo però smuove tasselli sonori decisamente più acquisibili dai palati europei del momento che prediligono uno stile minimale incastrato in flash electro e rumorismi abstract. Pezzi come “Lite”, “Microsurf”, “Dualrock”, “Cosmospace”, “Axispace”, “Dreamin’ Your Dream” e “Full Flat” rispecchiano bene la tendenza dei continentali che ormai hanno combinato in modo perfetto le ritmiche dell’house ai suoni della techno addolciti da scie electro. Per ora la stampa è della Kasuga di Tokyo (la nuova label di Q’Hey e Shin Nishimura) ma non si esclude lo sbarco su qualche etichetta europea come la Zenit di Marco Carola che, pochi mesi fa, ha acquisito la licenza del “MH E.p.” corredandolo con un bel remix di Alex Bau.

-Plastique De Rêve “Jeux Sans Frontières” (Kitty Cuts): scoperto da Dj Hell nel 2001 Christophe ‘Daze’ Dasen continua a regalarci musica slegata da ogni vincolo concettuale. Per l’uscita (only digital) sulla sublabel della Kitty-Yo l’australiano trapiantato a Ginevra sceglie infatti una gradazione pluristilistica che spazia dall’electro alla breakdance, dal funk al booty-bass sino all’acid-house e al rave. E’ piacevole imbattersi in brani come “Favela Norte” (dove il mix tra break e big-beat rammenta l’estro di Fatboy Slim) ed “Allright (segnato dal legame inusuale tra vocals garage e bassi bleepy) perchè rendono subito l’idea di come questo quotato artista non abbia nessuna intenzione di allinearsi alle duri leggi del mercato, pur sacrificando il numero delle sue apparizioni. Più lampeggiante l’electro-rave e spooky di “Les Gens Ont Peur” mentre adatta ai palati fini è “What’s On Your Mind?”, acidume sonoro che lega antico e moderno (prodotto a Montreal insieme all’amico Dave K). Chiude la dub di “Allright”, pizzicata sul funky e linkata al vecchio Afrika Bambaataa. Forse titolo più appropriato sarebbe stato “Musique Sans Frontières”.

-Compuphonic & Kolombo “Emotion E.p.” (Turbo): da un lato Maxime Firket (Compuphonic), dall’altro Olivier Grégoire (Kolombo): questa la scena che si prospetta col nuovo Turbo. Si tratta di un extended-play che, ad essere sincero, non mi ha colpito per la sua freschezza d’idee (sia “Antimatter” che “Emotion” mi sembrano fin troppo banali, prevedibili nella costruzione dei suoni alla Markus Lange, non studiati nella stesura, incapaci di far scrutare qualcosa di nuovo all’orizzonte). Da questo discorso però si esime “Passing Light” che racchiude la magia di un’electro romantica che piacerà al corpo e soprattutto al cuore.

-Dirty 30 “Apocalypto E.p.” (I’m A Cliché): decimo appuntamento con la label di Benjamin Boguet (ossia Cosmo Vitelli), già prepotentemente entrato nelle charts di Ivan Smagghe, Riton, Munk, Joakim e dei Simian Mobile Disco che l’hanno definito il migliore dei dischi pubblicati sinora. Allora sarà euforico l’autore, Alphonse Lanza, che dalla fredda Toronto ci manda tre tracce spassose con cui passeggia sulla vecchia acid-house (“Disco Apocalypto”) e sull’electro-disco squadrata, giocata su basslines increspati scanditi da snares retro (“Roman Steppes”). “Star 80” invece è indie-rock, col tocco acustico portato da chitarre e bassi che stridono (pare che sia celato un sample di Keith Richard, quello dei Rolling Stones). Il remix di “Roman Steppes” è di Erick Rug (nome nuovo per me) adagiato sull’electro di natura break, ispirata in modo lapalissiano dagli anni ottanta e che sarebbe stata sublime qualora completata dal vocoder.

-Dj Orbith “Videolover” (Acapulco): è sempre bello imbattersi in nomi nuovi come quello di Dj Orbith (Ales Gehringer, uno dei pionieri della musica electro nella Repubblica Ceca). La sua “Videolover”, pubblicata in questi giorni sulla label della bella Dj Lucca, miscela con dovizia electro ed indie-rock e mi fa ricordare i (bei) tempi trascorsi con la musica dei Northern Lite. Il viennese Christopher Just ne potenzia l’impatto con la dancefloor ed arricchisce il tutto con linee acute di synts abbastanza commerciali. Poi c’è anche “Riviera” ubicata tra vocoder ed una miscela electro-techno dalle punte forse un pò troppo easy ma decisamente piacevoli.

-The Lost Men “The Return” (Drumpoet Community): Alex Dallas, Bernd Kunz ed Alex Gustafson insieme per il Drumpoet Community #008. Il tocco di “The Return” è quello di una tech-deep-house progressive nel suo evolversi e non così distante dal movimento detroit per la costruzione dei loops. “Changes” invece è più balearica, elegante e lievemente posata sulla vecchia scuola della chicago-house riletta in chiave moderna. Situazione capovolta nel Zufunkt Dub che aderisce con forza alla deep-techno col basso che cavalca i chords e il ritmo che pian piano si gonfia ed acquista vigore. Che la nuova house debba cominciare da qui?

-Aa.Vv. “Batucada Vol. 3” (Mole Listening Pearls): ascoltare il cd in questione in questo periodo dell’anno lascia salire un pò di tristezza e malinconia portate dai ricordi per la stagione estiva che abbiamo appena lasciato. Il titolo rende già bene l’idea di quel che potremo trovare in questo manifesto redatto dallo svizzero Robert Jan Meyer alias Minus 8 (e Rob Turnover) che combina tutto quel che è influenzato da suoni africani e brasiliani. Ad essere tirati dentro un vortice che sprigiona sicuramente voglia di divertirsi sono artisti come Quantic Nickodemus, Mò Horizons, Audio Lotion, Luisito Quintero, Koop, Azymuth, Marco Di Marco (riletto dal virtuoso Nicola Conte) ed altre gemme che faranno brillare il sole ancora in un cielo azzurro e terso.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

Lascia un commento