Janis Nowacki può essere considerato senza timore di smentite un “curatore di musica elettronica”, seguendo quando scrive Simon Reynolds in “Retromania”. Da non confondere coi biechi lucratori che vanno avanti a forza di Reissue pirata, il tedesco ha applicato alla discografia le competenze necessarie per gestire una galleria d’arte o un’esposizione museale. La sua Private Records, secondo quanto afferma un altro illustre giornalista britannico, Kevin Pearce, è un'”etichetta di salvataggio”, specializzata in ristampe e destinata al collezionismo fanatico che si è imposto negli ultimi anni. Al catalogo, in costante espansione e con una poderosa “squadra” che, tra i tanti, annovera Sergio Ferraresi, Blush, Frederic Mirage, Josep Llobell e Christian Bruhn, ora si aggiunge un’altra perla, l’ennesima, “Disco Club” di Black Devil. Finanziato da Jacky Giordano e pubblicato nel 1978 in Italia e in Francia da Out ed RCA, il disco non ottenne credibili riscontri commercialmente parlando, ma l’effetto si è rivelato inversamente proporzionale per i collezionisti. L’hype cresce a dismisura soprattutto dopo la ristampa su Rephlex nel 2004 (pare che Dave ‘P.P.Roy’ Nicholls se lo aggiudica per appena venti penny in un car boot sales, un mercatino all’aperto in cui i privati vendono cianfrusaglie di cui vogliono disfarsi). A quel punto le quotazioni giocano al rialzo ed arrivano a toccare i 450 euro. L’autore, Bernard Fevre, che nel ’78 celò l’identità dietro il nome Junior Claristidge, realizzò quei sei brani in uno studio a Parigi adoperando solo sintetizzatori, e l’effetto che venne fuori fu una sorta di Disco elettronica moroderiana, soprattutto in “We Never Fly Away Again” e “No Regrets” che risentono dell’effetto “From Here To Eternity” del 1977, ma che nel contempo si rifanno ad altri compositori francesi ai tempi allettati dalle potenzialità degli strumenti elettronici (Charlie Mike Sierra, Jean-Pierre Massiera, Régis Dupré, Didier Marouani, Sauveur Mallia). L’operazione di Nowacki non si esaurisce qui: la Private infatti rimette in circolazione altri due LP di Fevre, antecedenti a “Disco Club” ma oggetto di altrettanta devozione. Trattasi di “Suspense” e “Cosmos 2043”, pubblicati dalla francese Musax rispettivamente nel 1975 e nel 1977. Entrambi sono trip nella proto-Electro(nica) da sountrack, con tensione e senso drammatico, sommati ad elementi Space Age, risultato dell’amalgama di una tastiera Solina, un Clavinet della Hohner, sintetizzatori Korg e Moog, un registratore Teac a quattro piste e poco altro. Ad alimentare il culto per la produzione di Fevre probabilmente sono stati pure i campionamenti effettuati dal compianto J Dilla (per “The Dee”) e dai Chemical Brothers (per “Got Glint?”) ma di fatto restano dischi che meritavano assolutamente di essere rimessi in commercio, anche per ridare all’autore ciò che non gli fu riconosciuto oltre trentacinque anni fa. La Private Records diventa “etichetta custode” che reca l’autenticità del passato nel presente, effettuando restauro sonoro e recupero quasi archeologico di musica perduta o valutata maldestramente ai tempi della sua pubblicazione. Ovviamente sono annessi gli ormai consueti “gadget” della Private, come adesivi, poster e ricchissime liner notes. Ai più famelici, infine, è destinata la Golden Edition che racchiude i tre dischi in una carta dorata, ovviamente in edizione limitata e numerata a mano. Per veri audiofili. [Giosuè Impellizzeri]