Esponente Techno di lungo corso, Bau incide il nuovo album sulla propria Credo e parte da un concetto tipico dell’era che viviamo: il valore della musica misurata dai “like” su Facebook, dai retweet su Twitter e dalle visualizzazioni su YouTube. Tutto ciò lo fa sentire “sick”, ed ecco svelata la ragione del titolo. Mettendo da parte le considerazioni etiche, il lavoro viaggia a due velocità: da un lato componenti energiche, dall’altro riflessi di luce fioca. Si parte nel buio di “Voise Over”, intro Dark/Dub spettrale ed orrorifico su cui si innestano i beat di “Ringlebell”, in cui l’autore si diverte nel grattugiare gli hihat per poi fonderli in un flusso ritmico costante, smorzato solo dalle minimalizzazioni strumentali che contraddistinguono pure “Alarma”. Un guizzo di energia si avverte quando suona “Voise Pt 1”, con cui pare di (ri)ascoltare il Terence Fixmer più battagliero dei primi anni Duemila, tra echi Industrial/EBM al vetriolo e voci fuori campo. Il Pt 2 si configura come una sorta di beatless version. In “Escalation 385” il Noise sposa la Techno, sporca, grezza, rude, raw come si dice in gergo, spogliata di ogni orpello. Insomma, rumore trasformato in beat da ballare. Più “intrippata” e mentale risulta “Bassmati”, seppur scorra in modo troppo lineare e basico. Con “Bassmamba” ritorna l’istinto animalesco della Techno EBM ma che non deflagra mai con la potenza fixmeriana, è come se Bau avesse inserito la sordina. “Pulse” ci lascia immergere nel Dub ritmicamente sconnesso, prima di imbarcarci su uno shuttle in direzione spazio: “Down From Space” garantisce oltre tre minuti di fluttuazione ambientale che si rivela l’intro per “Back To Space”, una Techno “viaggiosa” che in dieci minuti declina le atmosfere della Trance dei primi anni Novanta, quella che spingeva l’ascoltatore in un limbo surreale. Unico neo: la praticamente assente variabilità cromatica dei testi in copertina permette a stento di capire cosa sia scritto sopra. [Giosuè Impellizzeri]