A rapire la mia attenzione è stata la copertina del disco, rimaneggiamento di una delle immagini iconografiche del quartetto di Düsseldorf, quella coi nomi illuminati con tubi al neon ed utilizzata per il singolo “Das Model” nel ’78. Ascoltando i cinque brani di questo Mini-Album inciso a New York, però, ci si accorge che di propriamente kraftwerkiano qui c’è poco e nulla. Il veterano Willie Burns e il meno navigato Florian Kupfer intagliano un ritmo sporco e leggermente distorto per poi adagiarci sopra un tappeto di virtuosismi jazzy (“Hanging Lights”). Indubbiamente l’imperfezione del timbro rende bene l’idea della gestualità tipica delle strumentazioni hardware, quell’anti-precisione che punta il dito contro il digitale reo di essere troppo freddo ed impersonale. Evanescenti scie Ambient e dettami Breaks occhieggiano al chemical beat di metà anni Novanta in “Worked Out”, il beat diventa più limato ed accoglie vocioni col pitch abbassato in style jack in “Pierce Through The Soul”, coi clap che si agitano nella gabbia ritmica mentre gli hihat si diradano e lasciano emergere sottili melodie corrose dai filtri. In “I Think That’s How Roaches Sound” la cassa si scompone e viene lasciata in balia di oscillazioni in stile “Disconnect”, tipiche di quel minimalismo mentale con cui Hawtin riusciva (e talvolta riesce ancora) a lambiccare la mente mentre si increspa il bassline. A chiudere è “Sound Of Reptilians”, il cui titolo lascerebbe presupporre qualcosa in stile Drexciya, ma anche in questo caso, così come accade col citato artwork, sono fuori strada. Ad emergere è una fin troppo levigata Minimal Techno probabilmente ricavata da una TR-808, che viaggia su suonini abbastanza banali, voci editate (e velocizzate) tanto da essere indecifrabili ed altri dettagli piatti ed alquanto prevedibili (clap, rimshot) che non tengono sufficientemente alto il rating. [Giosuè Impellizzeri]