Durante lo scorso autunno, quando si iniziò a parlottare di questo Album, temevo che i Chromeo mi avrebbero fatto provare quella sensazione che si avverte dopo aver rivisto una puntata di un vecchio telefilm tipo Supercar, A-Team, Hazzard o Starsky & Hutch: emozionante ma scontato, perché sai già come va a finire. Però mi sbagliavo. A dieci anni da “She’s In Control”, la coppia formata da David Macklovitch (fratello maggiore di A-Trak, quello dei Duck Sauce) e Patrick Gemayel dimostra indubbiamente di essere maturata, seppur continui a trovare la propria dimensione nella musica stimolata da un preciso periodo artistico del passato. I Chromeo hanno sempre puntato alla trasposizione moderna dell’Electro Funk dei primi anni Ottanta, ed è questo il filone con cui si nutrono, attingendo stilemi dagli innovatori di ieri ed aggiornandoli di volta in volta per gli ascoltatori di oggi. “White Women” (in cui stranamente non compare il nome di Tiga, il primo a credere nel duo nonché produttore esecutivo dei primi tre full lenght) è un contenitore di potenziali future hit, a patto che gli si conceda la giusta attenzione, almeno tanta quanto quella riservata ad artisti dai meriti alquanto discutibili. Quella dei Chromeo è musica Pop per l’appeal, ma fiorisce attraverso talento ed attitudine che andrebbero rimarcati, soprattutto in un periodo in cui si diventa spesso “compositori di grido” senza neanche conoscere la differenza tra un diesis ed un bemolle. Qui ci sono testi, canzoni, vocalità, arrangiamenti di spessore, forse espressi pure in modo più definito rispetto ai lavori passati, insomma quel cosmo di cui tanti lamentano la cronica assenza nel Pop contemporaneo, ridotto a fenomeno virale ed istigatore di montagne di clic e nient’altro che possa essere ricordato dopo appena una manciata di mesi. I brani già estratti in formato Single ci consegnano un preciso spaccato sull’identità dei Chromeo del 2014: le energie funkeggianti di “Sexy Socialite” ed “Over Your Shoulder”, le orecchiabilissime (e forse un pizzico cheesy) “Jealous (I Ain’t With It)” e “Come Alive” (col featuring di Toro Y Moi) sino ad “Ezra’s Interlude”, con Ezra Koenig, che pare una di quelle mielose slow ballad incise negli anni Ottanta sulle b side dei 7″ di successo. Battuta rilassata pure per “Lost On The Way Home”, avvolta dalla voce di Solange, sorella di Beyoncé, che qui ricorda la Madonna prodotta da William Orbit a cavallo tra vecchio e nuovo millennio. “Play The Fool” si gonfia con arrangiamenti che rimandano alla (mitica) synthetic Disco di Patrick Cowley, “Hard To Say No” ritorna sul sentiero del Funk con straordinaria perizia (e a qualcuno potrebbe scappare il paragone coi più recenti Daft Punk), “Old 45’s”, prodotta dagli Oliver di Los Angeles, è un probabile tributo agli oggetti che il duo ha assunto come motivi ispirativi, “Sometingood” offre chiari agganci al Michael Jackson di brani epocali come “Beat It”, “Billie Jean”, “Thriller” e “Wanna Be Startin’ Somethin'”, che con un po’ di fantasia si potrebbero immaginare incastonati all’interno. Si torna nel presente con “Frequent Flyer”, irrorata a tratti da dosi più marcate di elettronica moderna, mentre “Fall Back 2U” tira il sipario riportando l’ascoltatore lì dove era stato tratto all’inizio, sotto il segno della rediviva e seducente Funk/Disco. Il lavoro, edito da Parlophone in Europa ed Atlantic in America, non teme confronti con altri prodotti pompati da più potenti marketizzazioni: in davvero pochi, oggi, riescono a fare qualcosa di simile senza cadere nei più banali stereotipi. A ripensarci bene “White Women” pare una puntata di Supercar, A-Team, Hazzard o Starsky & Hutch, ma col finale piacevolmente inedito che quindi non smorza affatto l’emozione.