Che i Tempelhof (Luciano Ermondi e Paolo Mazzacani) non fossero due compositori qualunque lo avevamo gia’ capito dal primo Album su Distraction, “We Were Not There For The Beginning, We Won’t Be There For The End”. Ora si riconfermano grazie ad un full che sposa magistralmente Ambient, Shoegaze, Dub ed Electro come in pochi oggi sanno fare. “Frozen Dancers” e’ figlio di una passione viscerale per musica culturalmente ricca, che rifugge dalle tipiche prevedibilita’ che il “mercato per DJ” oggi offre. “Drake” e’ la soundtrack di un sogno che non si vorrebbe mai interrompere, “Monday Is Black” invece, in netta contrapposizione, sembra proiettare l’immagine della sveglia che suona il lunedi’ mattina, rompendo la magia. Poi c’e’ “Change” che volteggia in aria come in assenza di gravita’, ed anche i suoi tentacoli ritmici sembrano sottrarsi alle normali leggi della fisica. Attraversando latitudini contemplative e riflessive (“Nothing On The Horizon”), serenita’ e rilassatezza poi messe in tensione dal ritmo (“Sinking Nation”) e l’Ambient accomodato sul Downbeat (“She Can’t Forgive”), i Tempelhof si misurano con qualcosa di piu’ danzereccio grazie a “The Dusk”, in cui appare un’inaspettata cassa in quattro circondata dalla patina di musica d’atmosfera spiegazzata da una sorta di Acid messo in sordina. Tornano sobri con “Skateboarding At Night”, sulle scie di celestiali melodie, quasi liturgiche direi (anche se quando salgono in superficie i beat cosi’ elettrificati si assiste all’ennesimo prodigio), e “Running Dog”, legnosa Broken Beat che cela un animo dolciastro. Italiani che seguono le traiettorie dei Boards Of Canada, del compianto Pete Namlook e di act sparsi su Warp, Apollo, Origo Sound ed altre label con quello spirito. Ps: esistono 110 copie promozionali distribuite ai soli giornalisti, numerate e realizzate una per una dal designer Andrea Amaducci, a sottolineare quel senso di unicita’ che oggi, epoca della globalizzazione in cui tutto (o quasi) puo’ essere di tutti, viene spesso a mancare.