Del termine Techno si è abusato molto, e si è finiti col classificare con tale aggettivo anche quella musica che con la Techno non ha davvero nulla a che fare. Non è però il caso degli Elektro Guzzi, trio viennese che recentemente si è aggiudicato l’EBBA (European Border Breakers Awards). Un risultato straordinario, se si pensa agli altri che quest’anno hanno messo le mani sull’ambito premio (Afrojack, Alexandra Stan, Swedish House Mafia). Gli Elektro Guzzi scelgono la via meno convenzionale per trasmettere emozioni. Il loro secondo album, “Parquet”, trainato dai gorghi ipnotici di “Affumicato” (lo vedrei bene come singolo), mostra come sia possibile sviscerare la Techno in ogni aspetto, aggiornandone i contenuti e variandone le caratteristiche intrinseche. Un pò come accade al compasso del booklet, mostrato attraverso un esploso che sa di fantasticherie manieriste. E’ anche curioso assistere come un chitarrista (Bernhard Hammer), un bassista (Jakob Schneidewind) ed un batterista (Bernhard Breuer) riescano a dedicarsi ad un genere che, solitamente, chi suona gli strumenti tradizionali non considera nemmeno tale. Eppure “Absorber”, “Panier”, “Reserva”, “Slide Dandy” e la citata “Affumicato” dimostrano come l’imprevedibile, a volte, possa diventare realtà. Merito anche di Patrick Pulsinger, nome che non necessita di presentazioni, che qui svolge ruolo di coproduttore. “Parquet” è una bomba che fa detonare la rigidità a cui molti producers oggi sottopongono la propria musica, con l’obiettivo di incanalarla nel segmento Techno ma inconsapevoli di remare esattamente contro il concetto su cui la stessa Techno nacque quasi trent’anni fa. Gli Elektro Guzzi (mmm, forse Techno Guzzi avrebbe testimoniato meglio il loro credo) si affrancano dagli stereotipismi di cui il panorama della musica elettronica odierno è colmo. “Vertical Axis” è tra le più suggestive, sospesa tra Ambient e Dub Techno, “Redford” ripesca il sound in stile Kanzleramt (leggi Heiko Laux), “Moskito” è un crescendo inviperito di ritmo selvaggio. Tutto è stato registrato su nastro analogico per preservare quelle impurità che rendono più vero un genere ormai oggetto di quasi totale virtualizzazione.