Impakt – Resonant Escape (Solar One Music)

Jørgen Indal è uno a cui piace sperimentare. Sinora l’abbiamo ascoltato sulla Breakin’ Records di DMX Krew, sulla semisconosciuta Unhöerbar e su Envmod, ma questo ci basta a capire che non abbiamo a che fare con uno dei tanti clonatori dei cloni. Al norvegese piace stupire maneggiando strumenti d’altri tempi, interfacciando scuole differenti di pensiero, incrociando stili e suoni apparentemente disomogenei, fondendo tutto in un blocco dalle peculiarità irrestibilmente attrattive per chi continua ad essere affascinato dall’Electro intesa nella sua formula più puritana. “Resonant Escape” è un album di pregevole fattura, in cui confluiscono i suoni geometrici dell’Electro post-kraftwerkiana, le scorribande fibrillanti dell’Acid, i ritmi scomposti del Breaks e persino alcune divagazioni IDM (“Drink”, “Devour You”). Di primo acchito sembrerebbe d’avere a che fare con una sorta di Ceephax Acid Crew ma meno violento e selvaggio, più pacato ed ordinato nel trattare il ritmo ed incasellare stralci melodici (“Spooping”, “At The End”, “Downstiger”, “Lid”), ma sempre con la voglia di far baldoria con la TB-303 a portata di mano (“Squelchy Belchy”, “Mountain Climber Groove”, “Dance The Pain Away”). Indal si spinge sino a lambire la Jungle più impetuosa (“Big Tim’s Lush Pad”) seppur riproposta in chiave electroide, ed anche le riletture artistiche del Breaks e Drum n Bass (“Interpiss”, Virebia”) ma non dimenticando i più canonici 4/4 (“Lucky Strike”, “Deaf Oscillator”) che, ad onor del vero, in un lavoro come questo potrebbero suonare persino fuori luogo. Tante visioni, tanti stili, tante vite sonore: questo è il mondo di Impakt, indefinibile per la sua coraggiosa voglia di sconfinare e frantumare gli stereotipi. Il tutto racchiuso in una confezione artistica da trasformare, armati di forbici e colla, in un simpatico souvenir.

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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