Sono passati ben cinque lunghi anni dall’ultimo avvistamento su Kanzleramt di Diego Hostettler, probabilmente una delle scoperte più riuscite ed incoraggianti di Heiko Laux. Non sappiamo il motivo che ha portato il producer di Berna ad un lustro di buio totale, ma l’importante è che sia tornato tra noi con la vitalità e, soprattutto, la creatività di un tempo. Evolutosi in modo significativo rispetto al primo “The Persuasion Channel” del 2001, che marciava su un numero più sostenuto di BPM, lo svizzero vanta nel palmares anche un trattamento ad opera di Robert Hood (“Mind Detergent”, 2004) che consacrò il suo nome anche nel circolo dei leggendari nomi d’oltreoceano, icone distintive di una certa Techno praticamente sconosciuta da noi perchè vissuta più nel suo istinto ritmico che melodico. Ristrutturando il sound che, nei primi Duemila, fu definito dalla stampa internazionale come una delle più affascinanti manipolazioni della Deep Techno, Hostettler si rifà vivo con un “quattro tracce” che varia gradevolmente il piattume del “loop loopato” che in Germania viene ancora malcelato sotto il nome Minimal. “The Chord” ci fa capire subito che parliamo dello stesso autore di “Thought Patterns” o “Me Fragments”, coi chords (per l’appunto) che ondeggiano insieme ad un groove dal fascino irresistibile, e a seguire “Direction D” ci lascia riassaporare, a piccoli sorsi, frammenti della Tech Funk untitled made in Napoli con cui anni fa i vari Carola, Parisio e Vigorito divennero noti nel mondo. Ad ascoltare “Deep2” sembra quasi di riprendere in mano un vecchio Question o Southsoul, mentre “Crucificado” si rintana in quegli antri ovattati tipici del mondo musicale di Colonia, in circoli simmetrici di suono ipnotico ma non passivamente replicato nel tempo al fine di coprire 5 minuti con appena 3 piste del mixer. Minimalisti da strapazzo, state attenti, Diego è tornato.