Per Daniel Gardner Il concetto di Dance elettronica è piuttosto esteso e non riconducibile alla mera riproduzione della misura stereotipata dei 4/4. Anzi. Più emozionale di quanto si possa pensare, la musica del canadese trapiantato a Berlino si diversifica per mezzo di intricati passaggi Jazz, IDM e Glitch, e distrugge la noia riducendo la massimo la prevedibilità a cui oggi molte etichette e produttori sono sottesi. Alla lunga carriera, iniziata quasi dieci anni fa e costellata di prove sempre al limite tra musica concettuale e da ballare edite da labels come Background, Karloff e ~scape, oggi viene impressa una svolta significativa con l’adozione da parte della svizzera Cadenza. Dopo aver stampato “Couples Therapy”, Luciano e Serafin continuano a scommettere sulle doti di Gardner mettendo le grinfie sul suo album, il terzo dopo “Somewhere In The Suburbs” del 2004 e “Midnight Black Indulgence” del 2007. Il Frivolous che ascoltiamo in “Meteorology” è passionale, romantico, leggiandro, tantrico, seppur (quasi) sempre scandito dalla cassa in quattro. Piegando la Tech House con suoni elegantissimi e studiati al microscopio, il canadese incide gemme come “Back Into The Deep”, “One Fine Solstice” ed “Allen Town Jail”, tanto funzionali per i clubs, per poi interrompere il sequencer sull’interludio “Rising…”. Le pulsazioni riprendono su “Red Tide”, impregnata di referenze Afro e sulla glaciale e scricchiolante “Lunar Phaser”. “Cinemascopique” offre scorci Nu Jazz (Michael Reinboth l’avrebbe sicuramente annoverata nel catalogo Compost), “Ostalgia” è un’irrefrenabile corsa ironica e sghemba alla Nôze, “Wasting Time” incrocia Deep House e Jazz in un sofisticato mosaico con tanto di parte vocale. La mia preferita resta comunque “Serenade Des Excentriques”, in cui il modernismo (eccentrico) strizza l’occhio (e l’orecchio!) a cose latine di Luciano, Villalobos o Italoboyz. Che Cadenza non sia una label seriale è appurato, e Frivolous testimonia esattamente la voglia di non cavalcare passivamente il trend popolarizzato. Fossero tutti così la musica non soffrirebbe mai di penuria creativa.