Il signor Jonson è riuscito a trasformarsi, da entità relegata allo specifico panorama underground (chi davvero lo ricorda per i suoi primi lavori su Itiswhatitis o Perlon, insieme ad un allora ignorato Luciano?) a figura chiave della moderna scena elettronica contemporanea. Lasciata la sua Vancouver in favore dell’osannata Berlino, il producer canadese, tra le menti che agitano la creatività della Wagon Repair, finalmente trova il tempo per completare il suo primo album, i cui lavori andavano avanti ormai da diversi anni. In effetti per Mathew, che quando parla a malapena schiude le labbra col risultato di una lingua assai poco comprensibile per chi non vanta un inglese fluente, la giornata dovrebbe durare più di 24 ore per avere la possibilità di portare a termine ogni progetto. E di progetti, il buon Mat, ne ha davvero tanti (Cobblestone Jazz, Modern Deep Left Quartet e Midnight Operator, quest’ultimo insieme al fratello Nathan aka Hrdvsion). Nonostante gli impegni e la mole di remix confezionati per star come The Chemical Brothers, Jennifer Cardini, Moby e Nelly Furtado, “Agents Of Time” è finalmente pronto e mette in risalto come il suo autore possegga qualcosa in più rispetto agli usuali produttori di musica gergalmente Tech House. Quella di Jonson è una specie di sottogenere nato dalla distillazione di Techno, House, Electro ed Ambient, spesso collegati in modo diretto in occasione dei suoi numerosi acts in giro per il pianeta. In studio preferisce l’hardware ai meno dispendiosi e meno ingombranti software, seppur capaci di riprodurre la stessa magia. O quasi. Nella musica di Mathew Jonson vive infatti una spiccata attinenza analogica, e l’orecchio attento non se la lascia certamente sfuggire. L’analog touch viene captato subito nelle tracce di questo suo primo album da solista, che non può e nè deve passare come l’ennesimo dei lavori pseudo Minimal. Se con “Girls Got Rhythm” un bassline a spirale rotea in un delicato groove e con “Thieves in Digital Land” il Funk rivive in ombre digitalizzate, in “Love In The Future” e “Pirates In The 9th” Jonson ci lascia scoprire il suo lato più sperimentalista e meno legato al concetto di Dance music, riconfezionando le atmosfere che in passato ci hanno fatto respirare artisti come Autechre, Boards Of Canada, The Black Dog o Leftfield. Con “When Love Feels Like Crying” la dimensione onirica non muta, restando tra le maglie di un sogno-incubo col ritmo scandito da una drum machine. La title track, “Agents Of Time”, pullula di suoni Glitch, frequenze singolari e rievocazioni Dubstep, “Sunday Disco Romance” sembra ispirarsi al Pop di Jacko (Michael Jackson), “Night Vision” e “New Model Robots” immortalano una glaciale quanto funerea TR-808, “Marionette (The Beginning)” ci svela il punto d’origine del brano che probabilmente, insieme al “Decompression EP” e a “7.19 Fm David”, ha dato la giusta spinta a Jonson per imporsi a livello internazionale. Un mix tra Ambient, House e Techno che ricorda un pò, almeno per concetto, l’attuale ubicazione stilistica del danese Trentemøller.