Il club Robert Johnson si è costruito una rispettabile fama negli ultimi anni, e chi lo amministra e gestisce ha capito per per consolidare il suo marchio è necessario arrivare anche nelle mani (ma soprattutto nelle orecchie) di chi a Francoforte sul Meno non può proprio recarsi. Proprio con questo fine è nata la saga del “Live At”, già alla sua quinta apparizione, per l’occasione affidata ad uno dei producers più rappresentativi ed emblematici della Techno germanica. Roman Flügel, ormai da quasi vent’anni attivo discograficamente, si è fatto notare soprattutto per il mimetismo stilistico che ha reso possibili passaggi cromatici-sonori dall’IDM alla Techno, dall’Experimental alla House e all’Acid. In questo mix tale concetto è sviscerato da ogni brano selezionato, e ci fa capire come Flügel sia molto di più che il chiacchierato autore della snervante e commercializzata “Geht’s Noch?”. Prima di abbinarlo al riff che fu fischiettato con ossessione dai minorenni infatti, dovremmo fare una capatina all’interno delle sue innumerevoli impersonificazioni (Acid Test, Eight Miles High, Soylent Green) per capire cosa è stato Flügel per la musica elettronica tedesca. E gli Alter Ego (il progetto più di successo creato e condiviso con Jörn Elling Wuttke) non sono soltanto quelli di “Betty Ford” o della fortunatissima “Rocker”. Fatte le doverose premesse, necessarie per chi ha avuto modo di conoscere questo artista in modo superficiale, passiamo all’analisi del suo mosaico: la tracklist lascia riscoprire scorci di passato, di quando la misura metrica in 4/4 divenne l’elemento cardine di House e Techno, ma non si priva di immersioni che lambiscono il Dub astrattista (Freund Der Familie, Itzone). L’occhialuto selector, che a guardarlo in foto sembra quasi un docente universitario di qualche materia scientifica, fa riferimento alla scuola di Detroit e Chicago, sia con gemme d’annata (“Don’t Take It” del compianto Armando Gallop, editato da Thomos, “Optimus” di Nail Tolliday e “U People” di Foreveraction, classe ’84!) sia con modernismi che continuano ad interagire col passato (Molex, Ben Klock, Maetrik, Ink And Needle, Idioma). “Rise” di Soulphiction e “Swedish Woman” di Gesloten Cirkel, poi, rappresentano due monumenti al piacere sensoriale, strisciando sotto macilenti beats e ruvidi giri di basso. In mezzo a tutto ciò anche la tripletta dello stesso Flügel: “N.M.I.S.M.D”, una visione personalizzata del Dubstep implementata da lampi acidi poi riverberati in “Humpty Acid”, e l’inedito “Brian Le Bon”, un mantra di ritmi vintage incastonati nella melodia di “Save A Prayer” dei Duran Duran. Un altro chiaro segno che il passato non è mai del tutto passato.