Si è sempre fatta coincidere la nascita della musica Acid (‘figlia’ della Roland TB-303) coi Phuture e il loro “Acid Tracks” uscito nel 1987, quando lo strumento in questione era già fuori produzione da tre anni. Ma forse si tratta di un errore, o meglio, di un concetto che andrebbe perlomeno rivisto. Di certo è che gli americani restano i primi ad aver applicato il bassline della 303 alla musica House, ma a quanto pare l’Acid era stata già ‘inventata’ da cinque anni, e per giunta in un Paese che con la House, la Techno e la musica elettronica in generale c’entra davvero poco e niente. Bombay, India: corre il 1982 quando il musicista Charanjit Singh, ai tempi impegnato a suonare con la sua band nei matrimoni e a realizzare colonne sonore per i film popolari del suo Paese (i cosiddetti Bollywood movie) acquista, a caro prezzo, tre macchine che la Roland aveva immesso da pochissimo sul mercato, la TR-808, lo Jupiter-8 e, soprattutto, la TB-303 (poi tutte immortalate nella foto in copertina). Con tale equipment decide di implementare la sua musica, sino a quel momento composta primariamente con gli strumenti classici indiani come flauto, santoor, veena, been e shehnai, con nuovi arrangiamenti, in parte accostabili alle avanguardie tedesche dei Kraftwerk. Nasce così un album-cimelio come “Synthesizing – Ten Ragas To A Disco Beat” che viene pubblicato dalla EMI indiana, ma rivelatosi un flop commerciale perchè troppo avveniristico, quasi accidentale nel continuum musicale di quel Paese, e presto dimenticato. Delle già limitate copie in circolazione pare se ne siano salvate pochissime. Nel 2002 una di queste finisce nelle mani del collezionista Edo Bouman che, a distanza di otto anni (e col benestare del legittimo autore) oggi lo ripubblica sulla sua Bombay Connection, già devota alla riscoperta della musica indiana prodotta nel secolo scorso. Il lavoro impone quindi di rivedere la storia dell’Acid a cui prima facevo riferimento, visto che anticipa la sua nascita di ben cinque anni attribuendone la ‘scoperta’ a Singh, seppur totalmente ignaro di quel che realizzò, ormai quasi trent’anni fa, in un album commercialmente sfortunato. Ascoltando “Bhairavi” sembra davvero di avere a che fare con la musica Electro del quartetto di Düsseldorf, squarciata però dal beat inconfondibile della 808 e dal vibrante basso della 303. Che dire poi di “Lalit”, che sembra sfornata dagli Hardfloor nei primi anni Novanta, tremendamente ‘vera’ coi suoi evidenti errori di sincronizzazione poichè il tutto eseguito e registrato rigorosamente in presa diretta, o di “Meghmalhar”, punto di sutura ed incontro tra la musica indiana (da noi spesso fatta rientrare nella World Music) ed una proto House che ai tempi doveva essere strabiliante. Molto simili nella scelta dei suoni e nella costruzione dei ritmi (l’ovvietà era però determinata dal numero limitato di strumenti a disposizione del visionario musicista) altre tracce come “Bairagi”, “Madhuvanti”, “Bhupali” e “Todi”, che restano comunque una testimonianza fondamentale di come l’Acid, applicata alla metrica in 4/4, abbia iniziato il suo percorso in India e con assoluto anticipo rispetto ai più noti pionieri americani. Cercatelo, anche in CD se preferite (http://www.bombay-connection.com), visto che le quotazioni giocano già al rialzo.