A qualche mese dall’esordio registrato con Koova, la Robodisco ritorna con l’EP del debuttante Flavio Mireles, in arte Blue Maquina. E’ significativo come certe etichette indipendenti, legate ad un budget operativo a dir poco limitato, vogliano comunque dare a produttori sconosciuti (e spesso alla prima esperienza, come in questo caso), la facoltà di esprimersi musicalmente su vinile, supporto ormai riservato a pochi eletti. Il mondo di Mireles si schiude con “Hall Of Mirrors”, dove i synths ed un sample vocale (una risata) sembrano davvero riflettersi sugli specchi provocando un curioso effetto sonoro, una via di mezzo tra il delay e l’echo. Electro altrettanto astrattista è quella di “L.A. Rocks Electro”, anch’essa un mix questa volta tra la tipica gamma di suoni lasciata in eredità dalla cultura dei b-boys (Hip Hop) e quella degli innovatori di Detroit (Juan Atkins su tutti). Variando piacevolmente il disegno della metrica, e quindi adagiandosi sui 4/4, l’autore realizza “Malos De La Noche” che forse nasce con l’intento di reinterpretare in chiave moderna la Disco elettronica di Moroder, accostandola al suono meccanico dell’Electro teutonica la cui formazione si deve all’osservazione del mondo e del suo sviluppo in ambito tecnologico. E’ proprio in questa direzione che l’EP dell’etichetta finlandese prosegue la sua (trionfale) marcia: “Russian Invasion”, forse la più riuscita del lavoro, ci rimanda all’ascolto di quell’Electro lievemente malinconica che circa dieci anni fa riempiva gran parte della discografia tedesca e che vide, come mentore, Anthony Rother, considerato alla stregua del vero erede dei Kraftwerk. Ecco, il brano non avrebbe affatto sfigurato in album come “Sex With The Machines” o “Simulationszeitalter”. Altrettanto di pregio il contenuto di “Los Medicos Con Coca”, con cui Mireles torna a parlare sulla cassa dritta lasciandosi conquistare dal mondo delle colonne sonore di vecchi (ma indimenticati) telefilm (pare che lo spunto venga da Miami Vice anche se non sono riuscito a cogliere il punto di connessione col celebre brano di Jan Hammer). Remake ed ispirazioni a parte, “Pura Koka” resta un EP di inviolabile creatività pur non trasmettendo nulla di realmente nuovo per chi è solito frequentare territori sonori di questo tipo.