Hard Ton è tra i nomi che non ci fanno rimpiangere troppo il periodo di massimo splendore della label di DJ Hell (2000-2003). Al talent scout tedesco non poteva sfuggire un progetto (italiano al 100%) di tale portata. Non fisica ovviamente, anche se a giudicare dalla copertina qualcuno potrebbe anche legittimamente pensarlo. Fondamentalmente gli Hard Ton ci fanno capire, attraverso la loro musica, che nel futuro c’è ancora spazio per il passato. Alle continue conquiste tecnologiche, imputate di aver portato ad un suono depersonalizzato e globalizzato rispetto a quello di anni fa, rispondono con un metodo elaborativo improntato sulla freschezza e l’immediatezza della manualità. Con le loro produzioni su Dissident e Permanent Vacation lo avevano anticipato, e questo International Deejay Gigolo suona quindi come una conferma: gli Hard Ton sono realmente ispirati e lontani anni luce dal concetto di fare successo per caso e fortuna. Il loro sound esiste perchè dietro c’è una poderosa cultura musicale, un background che ha convinto Hell a prenderli sotto la sua ala protettiva. Ascoltando “Selfish” si ha la sensazione di tornare indietro negli anni sino a toccare la gloriosa epoca di Chicago, della DJ International e della Trax Records, l’alveo da dove nacque la House e l’Acid House. Qui c’è la TB-303, c’è la voce in falsetto alla Sylvester, ci sono i beats che fanno muovere il piede a tempo: non manca proprio niente. Simile il contenuto di “Forever No More”, in cui campeggia la chitarra di Andrea Birds e dei riferimenti che corrono a quello che emozionò di più i DJs dei primi anni Novanta, quando la House divenne per davvero lo step successivo della musica Disco. Con “Earthquake” si torna a (s)ballare con un martellante giro di 303, strumento per cui gli Hard Ton nutrono un amore quasi tantrico. In definitiva è un tributo ai decani della House e della Disco, che riporta una ventata di novità tra le mura dell’etichetta tedesca un pò assopita negli ultimi anni.