I Toktok rientrano in quella schiera di artisti che, pur non riempiendo la bocca della moltitudine di DJs (o pseudo tali) che ostentano il proprio stile in linea coi trends europei, vantano una storia ed una carriera da invidiare. Con quasi trenta pubblicazioni e quattro album all’attivo, il duo berlinese continua imperterrito ad incidere brani dallo stile arduo da definire in un solo termine. Questo accade soprattutto perchè, da buoni tedeschi, hanno costruito la loro musica assimilando culture differenti, prendendo un pò da questo ed un pò da quello, ma senza sfociare in uno di quei minestroni senza testa e coda. Attivi dal 1994 con uno pseudonimo onomatopeico importato dal gergo fumettistico, Benjamin Weiss e Fabian Feyerabendt sono ricordati anche per la loro testardaggine nel perseguire ideali ai confini con l’ironico-demenziale (non a caso un pò di anni fa vollero trasformarsi, per una serie limitata di apparizioni, in ZokZok). “Bullet In The Head” saltella avanti ed indietro nel tempo e lascia all’ascoltatore il compito di ricercare il filo conduttore che tiene legati i 18 brani contenuti al suo interno, dall’apparente carattere discordante e discontinuo. Techno, Breaks, House, Industrial, Hip Hop sono solo alcuni degli stili che i Toktok smontano nelle loro tracce, prodotte quasi con lo scopo di burlarsi di quei DJs pieni di sè che non si abbasserebbero mai nel passare musica così organicamente pregna di influenze disparate. Se la title track ed “Earthquake” battono il ritmo dell’Electro Techno ricordandoci lo Zombie Nation di “Absorber”, “Bubble In The Head” ed “Access Point” sforano nell’Electro old school generata da strumenti per molti pronti all’archiviazione, “Umda”, “Turnpike” e “Jaycube” si incuneano sotto la Minimal Techno distorta dal low-fi e “Tripping Unit” fugge negli scenari a mega pixel tipici delle musiche del Commodore riprodotte in chiave Electro dai tedeschi tra 2000 e 2003. E’ evidente come la musica dei Toktok non voglia schematizzare un solo genere musicale: “Cotton” punta i piedi verso la Glitch Techno, “12:34 PM”, “Hazil Tonk”, “Jack MD” e “Polka Dot Jersey” risvegliano la voglia di Funk e di suono latino mixando l’inmixabile (come accadeva nelle scorribande dei citati Zokzok), “Intermezzo” richiama la New Beat belga di fine anni Ottanta, “Freak” è un turbine psicotico in chiave Chiptune, “Control Edge” corre su un Funk terzinato e plastificato, probabilmente ispirato dalle lezioni dei Daft Punk. Di “Dr. Strangelove” è complesso capire se il messaggio sia racchiuso nel testo (forse tratto dalla pellicola diretta da Kubrick nel 1964?) o nella musica, una sorta di Hip Hop sperimentale, ed infine di “Assembly Tool” si evidenzia una certa familiarità col sound Techno Trance in voga alla fine degli anni Novanta. Un album curioso, sofisticato (ma non troppo) e tanto vario, come del resto lo è sempre stata la vena creativa dei suoi artefici.