Forse il più visionario degli artisti appartenenti alla folta quanto blasonata scuderia M_nus, JPLS viene ricordato spesso come uno di quelli in grado di limare la Minimal Techno per ricavarne dell’ottima Dark Ambient. Jeremy Jacobs, questo il suo nome anagrafico, si è spinto sempre in territori sonori piuttosto inusuali per la musica Techno da ballo, sino a lambire il materiale adatto più all’ascolto e quindi non composto sotto la campata della cassa in 4/4. Per edificare il suo flusso musicale che, come un’onda magnetica, si abbatte sull’ascoltatore, infatti utilizza i drones dall’ipnotismo sbalorditivo. Nelle otto tracce confluite in “The Depths”, il secondo album dopo “Twilite” del 2007 ed una serie di EP che già divulgavano le idee in questione, raduna ben pochi elementi riconducibili alla Dance (qualche cassa spaiata, un paio di rim shots e poco altro) preferendo di gran lunga ricomporre le forme in una dimensione di assoluta sperimentazione entro inedite frequenze, decisamente più vicine all’Experimental. “Reset”, “Zero-Point”, “Basis”, “Convolution”, “Collapse” e “State” rifrangono il concept che Hawtin diede alla M_nus tempo addietro, ossia quello di lasciarsi ispirare dalle teorie della sottrazione delle forme canoniche della musica. Quasi un salto nel buio pesto, lì dove non si sa cosa si andrà a schiacchiare con i piedi. Per chi preferisce le misure spezzate c’è “Fold” mentre i minusiani più legati alla forma più classica della musica elettronica troveranno appagamento in “Displacement”. “The Depths” è un album creato sotto una capsula di vetro, che emana suono ovattato, in sordina, programmato quasi con la paura di svegliare un neonato che dorme beato nella sua culla. Pertanto alla fine si potrebbe parlare, senza paura di sbagliare, di Abstract Techno, sicuramente incomprensibile per chi pensa di conoscere Richie Hawtin ignorandone la sua storia.