Quando apparve per la prima volta, nel 2006, qualcuno scambiò il suo nome con quello del musicista dei The Rokes (l’inglese Shel Shapiro). Oggi però, a tre anni di distanza dall’esordio sulla viennese Diskokaine, chi è solito frequentare certi ambienti sonori riconoscerebbe la sua voce in mezzo a mille. Sally Shapiro è definita, a ragion veduta, la nuova principessa dell’Italo Disco. Disco Innevata visto che lei arriva, insieme all’inseparabile producer Johan Agebjörn, dalla gelida Göteborg. Insieme sembrano parodiare Barbie e Ken: lei bionda con gli occhi azzurri, lui alto ed aitante (ma ugualmente biondo). Sally è timida, ed evita le performances live preferendo il lavoro in studio, Johan è più spigliato e non rinuncia alle interviste. Sinora hanno pubblicato un mucchio di brani che pagano il tributo all’Italo Disco degli anni Ottanta (l’idolo di Sally è Sandra, quella che nel 1985 cantava “Maria Magdalena” e che poi ha sposato Michael Cretu formando gli Enigma), nonostante Agebjörn sia un vero patito della Techno e dell’Ambient anni Novanta. Insieme, forse inconsapevolmente, hanno datto avvio, in Scandinavia, al movimento della Neo Italo Disco andando a contrastare il Black Metal e l’Indie Rock che tradizionalmente da quelle parti attecchisce più radicalmente. La loro è musica solare quanto fiabesca, che da fenomeno di nicchia si è ritrovata ad essere oggetto di esportazione. Misteri del business. La carriera in rapida ascesa li riporta sulla tedesca Permanent Vacation con “My Guilty Pleasure”, un album interamente dedicato alla Disco Pop degli Ottanta, delicata, intenzionalmente depurata dai tratti più clubby, che non si prende troppo sul serio trattando temi nazional-popolari (l’amore e il romanticismo). Brani come “Let It Show” o “Moonlight Dance” potrebbero essere scambiati davvero per cose pop di venticinque anni fa (Valerie Dore è il paragone che pare più adatto), coi loro caratteri evidentemente nostalgici. “My Guilty Pleasure” è contenitore di brani per il cuore (“Swimming Through The Blue Lagoon” sfiora l’Ambient alla Björk) ma anche per le gambe: “Looking At The Stars”, “Love In July” e “My Fantasy” rappresentano in pieno lo stile che Shapiro ed Agebjörn hanno inventato, un mix tra il passato e il presente, tra l’Italo Disco di ieri e il Pop di oggi. Ci sono persino brani che noi italiani non faticheremmo nel catalogare come semplice Dance commerciale (“Save Your Love”, “Dying In Africa”) e che fanno dell’album un prodotto più Pop che riservato alla schiera dei DJ’s in cerca di tendenza.
-Discodromo “Guinea” (Dissident): buon colpo per i Discodromo, duo tutto italiano formato da Giacomo Garavelloni (ex The Magicake) e Giovanni Turco. Dopo l’esordio sulla Internasjonal di Prins Thomas, approdano sull’inglese Dissident con un brano dai chiari connotati Disco House, marchiato essenzialmente dal disegno corposo del basso. Poi, a rincorrersi sulla stesura piuttosto lineare sono rimandi Cosmic ed Afro. La versione, sul vinile monofacciata e la cui tiratura, come consuetudine vuole per Dissident, è limitata ai 200 esemplari, è solo una: l’Edit di Andy Blake alias Invincible Scum, mente della struttura che da un paio di anni a questa parte sta dando manforte al movimento Electro Disco europeo.
-Schlachthofbronx feat. Slush Puppy Kids “Belly Full Of Pills EP” (Disko B): label capostipite della scena tedesca degli anni Novanta, la Disko B aveva cessato di pubblicare musica a marzo del 2008 forse a causa della crisi economica o, più probabilmente, per l’esigenza di ritrovare la propria identità. Da vero estimatore di Disko B però credo che la cosa migliore sarebbe stata prolungare il silenzio. Fatico ad ammetterlo ma da una label del suo calibro poteva (e doveva) uscire tutto fuorchè un disco come “Belly Full Of Pills”, un EP talmente brutto e rozzo che, a mio modesto parere, avrebbe fatto meglio a restare inciso su un anonimo cdr. Anonimo per non far capire a chi lo sente chi sia l’autore. La title-track, “Belly Full Of Pills”, è un retaggio della Techno-Hardcore che si produceva tra 1992 e 1994, in cui si affossa una parte Rap davvero da luna park o sagra della salsiccia (l’Oktoberfest si avvicina e forse potrà essere usato per aumentare le vendite di wurstel e birra). Altrettanto mediocri i due remix (Russ Heffner e DJ Manaia), entrambi contrassegnati da influenze della Nu Rave, Fidget ed Hard House inglese. Per finire (in bruttezza) c’è “Too High”, costruito su un banalissimo basso in levare e su parti vocali talmente commerciali da essere facilmente confuse per qualcosa dei Black Eyed Peas. Da una label che ha patrocinato la musica di DJ Hell, Robert Görl, Patrick Pulsinger, Richard Bartz, Unit Moebius, Kirlian, Blake Baxter, I-F, Hans Platzgumer, Jay Denham, Dakar & Grinser, Alek Stark, Electronicat, The Parallax Corporation, Neulander e Crème De Menthe mi aspettavo qualcosa di qualitativamente superiore, soprattutto dopo quasi due anni di assenza. identità perduta o voglia di radicale rinnovamento?
-Salvatore Freda & Volta “Tiramisu” (Arearemote): non credo di aver mai segnalato cose edite da Arearemote, perchè le ho sempre ritenute fin troppo modaiole ed acerbe. Ma “Tiramisu” è l’eccezione. Il buon Freda (che, anni fa, creò una label niente male, l’Adrenogroov, ormai ‘spenta’ dal 2004) ci manda da Losanna un brano che risveglia l’attenzione nei confronti di una certa Hardgroove, per l’occasione svecchiata e colorita da un vago tiro latino. I grooves Techno incendiari rendono il micro-riff che li riga qualcosa di meno banale del previsto. Ottimi anche i filtri applicati sul ritmo, che fanno delle ripartenze i punti forza. Non mi soffermo invece sul remix di DJ Madskillz, privo di quella consistenza dell’Original e fondamentalmente montato solo su rotoli percussivi fin troppo prevedibili.
-The KDMS “Never Stop Believing” (Gomma Dance Tracks): il nuovo Gomma Dance Tracks se lo accaparrano i The KDMS (ovvero l’inglese Kathy Diamond e il polacco Maxilian Skiba) con un brano venato di Disco Funky House. Nella Club Edit dei Munk la fantastica voce della Diamond viene impreziosita dall’inconfondibile tocco seventies di Skiba, sempre più incline nel miscelare vecchio e nuovo in modo perfettamente calibrato, tra gli echi della Disco elettronica di Gino Soccio, Giorgio Moroder e Patrick Cowley e il vigore del P-Funk in stile George Clinton e Parliament Funkadelic. Altrettanto validi i due remix di Nicky Siano, in cui viene esternato un lato House molto old school, ancora collegato al Funk Balearic capace di farci sembrare i periodi dei pantaloni a zampa più vicini di quel che sono in realtà.
-Bodymovin “Bodymovin” (Moonbootique Recordings): Bodymovin nasce sulla e dalla sinergia tra Martin Welzer (DJ Friction) e Thomas Burchia (DJ Thomilla): ognuno mette a disposizione dell’altro la propria capacità e il bagaglio culturale raccolto in svariati anni di carriera. Anticipato da “Good Time” ed “Everybody”, l’album è riccamente decorato sia da una serie di arrangiamenti curati nel dettaglio, sia da irresistibili beats che non lasciano tempo a nessuna incertezza. E’ come se prendessimo il Funk, il Soul, la Disco, l’Hip Hop, la House, l’Electro e il Miami Bass per farne un frullato, che alla fine risulta assai corroborante, soprattutto per i movimenti delle gambe. E passano in rassegna brani come “Yeah!”, “In & Out”, “Hold Back” (in cui si potrebbero intravedere anche spunti Italo Disco), “It Wasn’t Calf”, dove vecchio e nuovo meglio si fondono, “More & More” abilmente incastonata tra referenze Hip Hop ed Ambient saldate dal vocoder, “Freak” quasi Space Disco alla AN-2, “B.O.D.Y.M.O.V.I.N.”, dove il moderno sa di classico e viceversa, e “Get Down”, dedicata ai b-boys del 2009. Un lavoro decisamente accattivante, che riporta un pò di interesse nei confronti della label dei Moonbootica, da qualche tempo passivamente stazionaria sul segmento Electro House.
-Zerkalo “Stoi Storoni Zerkala Pt.1/2” (Clone Aqualung Series): erano mesi che, in certi ambienti underground, non si faceva che parlare di Zerkalo, inedito progetto di Gerald Donald. Per l’occasione l’artefice forse più rappresentativo dell’Electro dell’ultimo decennio si lascia affiancare da Victoria Lukas per partorire un concept-project che sembra voglia fare il sunto delle sue più emozionanti esperienze da solista (Arpanet, Glass Domain, Heinrich Mueller, Intellitronic, Japanese Telecom). Ad emergere è una una visione sinistra e tenebrosa dell’elettronica più tangente l’Ambient e l’Abstract, solo a volte puntellata dai beats Electro di Detroit (“When I Was Sick”, “How Difficult It Is”, “In The Middle”, “Warning You”). Così come accade nella maggior parte dei brani partoriti da Donald, anche qui l’atmosfera assume più importanza delle note e cattura all’istante le percezioni di chi ascolta portandolo in una sorta di dimensione parallela. Otto le tracce, divise ordinatamente su due vinili editi dalla Clone Aqualung Series, di cui parlammo nel dettaglio già qualche mese fa (leggi Electronic Diary #235).
-Dinky “Anemik” (Wagon Repair): aveva iniziato, ormai dieci anni or sono, come Miss Dinky ma da qualche tempo è più semplicemente Dinky. Lei è Alejandra Iglesias, cilena di nascita ma americana d’adozione. Dopo il recente album sulla tedesca Vakant, “May Be Later”, reimposta le ispirazioni per confezionarne un degno successore, questa volta destinato alla canadese Wagon Repair. “Anemik” è un lp in bilico tra romanticismo femminista e voglia di ritmo (ma dosato davvero con parsimonia). Il risultato è qualcosa che mai si schioda dall’alternanza tra musica elettronica ed acustica (“Romaniks”, “Westoid”, “Glacial”, “Glassik”), spesso influenzata dal Future Jazz, dal Downtempo, dall’Ambient e dal Drone (“Rainfallic”, “Ceramik”, “Skyped”, “Epilepsia”, “Nocturnal”). Unendo i classici stilemi della musica Ambient a scorci di Minimal Techno, l’affascinante Iglesias fa suo un genere di nicchia che trova nella label di Vancouver il perfetto supporto. In rilievo c’è “Fadik”, ispirata da “Fade Into You”, brano Folk Rock dei Mazzy Star risalente al 1994.
Electric greetz