Flemming Dalum, danese quarantaseienne, è probabilmente il collezionista di musica italodisco più accreditato d’Europa. La sua passione per la musica elettronica nasce agli inizi degli anni ottanta, quando il sound dei sintetizzatori analogici inizia ad invadere la musica in tutta la sua estensione. Nel 1983, avvalendosi di una classica consolle e di altri tools come campionatori ed fx-machines, realizza il suo primo set mixato. Su cassetta ovviamente. Nel 1991 compila, per la francese Power Dance, una raccolta di matrice techno dedicata per intero alla Media Records di Brescia (è “Teknopower 1” con Antico, P.W.M., R.F.T.R., Mig 23, 49ers, Dj Professor, Francesco Zappalà ed altri) mentre nel 2006 il suo nome riappare sulla Panama Racing di I-F attraverso una serie di mix-cd’s che riassumono gran parte della storia dell’italodisco. A seguire sono edits in vinile per Moustache e Flexx ed una maxi selezione per Medellin Mixage che risponde al nome di “Italo Classix”. Da pochi giorni è disponibile un progetto ancor più ambizioso: trattasi di “Boogie Down Boxset”, tre cd’s editi dall’inglese Magic Waves (sublabel di Cyber Dance Records, tra le realtà anglosassoni che più si danno da fare nel campo dell’electro di stampo retro) che investigano a fondo praticamente su tutto quel che bisognerebbe sapere ed ascoltare sull’italodisco. Oltre 100 infatti i brani selezionati e mixati all’interno di “Boogie Down” (divisi nei volumi “Milano”, “Rimini” e “Firenze”) tra cui si celano non poche rarità come “Radio” di Carlo Conti (proprio il presentatore televisivo, un tempo dj), “Personal Computer” di Doris Norton e “Summer Sweet” di San Giovanni Bassista, ma la lista durerebbe in eterno qualora si dovessero elencare tutte le gemme preziose che Dalum ha raccolto e mixato con passione facendo leva, soprattutto, sulla produzione discografica del nostro Paese (ad essere presi di mira i cataloghi Durium, Superradio, Disco Magic, Mr. Disc Organization, Il Discotto e Merak Music). Un must insomma per chi ama e desidera tenere vivo lo spirito dell’italodisco, genere che ha trovato soprattutto nell’Europa del Nord un numero considerevole di appassionati e sfegatati amatori.
-Arnold Jarvis “Take Some Time Out” (Crème Organization): il nuovo Crème è una semi-ristampa di un brano che appartiene alla house primordiale di fine anni ottanta. “Take Some Time Out”, edito nel 1987 e prodotto, tra gli altri, da Tommy Musto, riappare su un 12″ che ne preserva non solo l’anima ma anche il design: il centrino, infatti, è una fedele rielaborazione dell’originale edito dalla Fourth Floor Records. A caratterizzare il vinile è essenzialmente il remix di Basic Soul Unit, in cui la cassa elaborata su frequenze taglienti viene circondata da un vortice di hihats ed un bassline squadrato. Un vero risucchio di spavalda techno old-school che farà rizzare i capelli anche ai calvi.
-Various “Urbi Et Orbi II” (MinimalRome): di tempo ne è passato da quando uscì il primo atto di “Urbi Et Orbi” (era il 2006): in questo lasso cronologico MinimalRome ha visto l’affermazione progressiva del suo marchio e della sua presenza all’interno del territorio internazionale. Da considerare una delle rarissime eccezioni alla noiosa scena discografica italiana, la label capitolina di Composite Profuse e Feedback continua ad esplorare l’electro che trova, come sue fondamenta, le esperienze kraftwerkiane e atkinsiane miscelate al robotismo tipico dei Drexciya. Per la sua sua “R.I.P. R.XX Studio (1999-2009)” Composite Profuse, che ricordiamo essere sinora l’unico italiano ad aver avuto l’onore di pubblicare la propria musica sulla Bunker di Guy Tavares, pizzica le tastiere di synths analogici come se fosse un arpista e lascia dietro di sè una scia spooky che tanto si avvicina al mondo di Satamile e Monotone. Feedback invece, mascherandosi dietro l’acronimo FDBK, ci offre il suo classico stile electroide mediante “Sudden Ionospheric Disturbance”, edificata su beats seminali, basslines seghettati e melodie ancestrali disegnate con disinvoltura. Anche questa volta, come accadde tre anni or sono con Luke Eargoggle e Ra-X, ci sono due guests: l’olandese Rude 66, con la slow-analog-electro di “The Devil’s Beat” innalzata su basso, vocoder e ritmo cadenzato sui 4/4, e il tedesco Mick Wills che, con “Guerra Della Danza”, richiama a gran voce la techno della Chicago di fine anni ottanta tracciando un filo conduttore che passa per tutte le sue poche ma intense produzioni edite dall’International Deejay Gigolo tra 2001 e 2005.
-Dj Overdose “In For The Kill” (Strange Life Records): Dj Overdose è uno dei principali alfieri della dutch-electro, quella electro che ora ammicca all’hip-hop e che poi strizza l’occhio alla più radiosa italodisco. Dopo essersi conquistato posti su labels underground di tutto rispetto (Murder Capital, Panama Racing, Monotone, Bunker, Viewlexx, Clone, Das Drehmoment) anche grazie alla partecipazione in progetti diventati presto dei classici (Los Hombres Nova, Get It Boyz, The Hasbeens, Novamen) e all’esordio come solista, in veste ‘disco oriented’, in Dream Disco, l’artista si ripresenta su Strange Life andando a ripescare il suo primo amore, l’hip-hop, miscelandolo con dovizia all’ambient delle colonne sonore da film e all’electro old-school. “In For The Kill” simboleggia esattamente la fusione tra due mondi paralleli, e condivide in pieno la passione per atmosfere immerse nelle tenebre (stereotipo stilistico a cui la label di Wolfers ci ha abituati da tempo). “Mossad Commando” potrebbe essere facilmente confuso proprio per un brano di Legowelt, per il suo tipico incedere cinematico, le variazioni di vocoder-vox e il boom dell’electro-hip-hop. Ritmicamente più frenetico è “Uhuh Baby”, mosaico intricato di sobbalzi e suonini che rotolano l’uno sull’altro. Attinenze al Legowelt più ombroso si ritrovano anche in “Time Dicer” (non azzarderei nel definirla ‘medieval electro’!). Sospese tra ambient, electro ed hip-hop di venti anni fa sono infine “Know Who You Are” e “Face Down In The River”, pronte ad incarnare il mondo sonico di Overdose. A tutto ciò si aggiunge la fantastica copertina realizzata da Gidon Schultz in puro stile graffiti & murales.
-Phreek Plus One “The Funk Hunt EP” (Compost Black Label): ben cinquantadue le releases marchiate Black Label, la division di Compost dedita in modo diretto al suono dance più intriso di passato. Assoluti protagonisti sono gli italianissimi Phreek Plus One (Alessandro Cattenati, Giovanni Guerretti ed Ivan Savoldi), alla quarta prova per la label diretta da Michael Reinboth. Si tratta di un extended play che rimanda all’ascolto del tipico materiale nu disco attualmente in circolazione (vedi e senti Bearfunk, Permanent Vacation, Eskimo, Rong Music), aperto in modo clamoroso da “That’s It” e “Bumpin'”, in cui si rincorrono wha wha, percussioni afro ed improvvisazioni pfunk. “Astro Boogie”, nell’Alpha Remix di Sportloto, riempie metà del lato b con un ottimo infuso a metà strada tra sound anni settanta ed ottanta, curato in tutta la sua estensione e nella sua espressione melodica tra archi, arpeggi ed elementi suonati dal vivo. Il viaggio termina su “Skyline”, in cui italo disco e cosmic sound si compenetrano vicendevolmente. Il bonus per chi sceglie di acquistare la versione digitale è il Beta Remix di Sportloto, che non dispiacerà a tutti i cultori della disco di seconda generazione concepita e glorificata da artisti come Lindstrøm, Prins Thomas e Putsch ’79.
-Hauntologists “EP 1/2” (Hauntologists): è la passione per gli strumenti di una volta (Tr-909, Tr-808, Tb-303) a convincere due vecchie conoscenze come Jay Patrick Ahern e Stefan Schneider ad unire le forze e riproporsi attraverso il progetto Hauntologists. Lo inaugurano componendo otto tracce, divise ordinatamente in due EP vinilici editi in limited edition e distribuiti da Hard Wax, il noto negozio berlinese. L’assenza completa di infos non impedisce però alla musica del duo di farsi spazio nell’abnorme mercato musicale europeo conquistando l’attenzione di Marcel Dettmann e Josh Wink. La loro musica sembra un mix tra Sleeparchive e i dischi Cabinet degli anni novanta, un flusso di ritmi mentali e techno teutonica tradizionalista che riverbera il passato attraverso vibrazioni moderne. L’EP 1 è fatto perlopiù di gorgheggi minimali mentre il 2 vibra con più impeto sulle cime acide della 303. Il tutto registrato live in studio. E si sente.
-Sebastian Lutz “Manatee” (Big City Beats Tec): carismatico dj-producer che da un paio d’anni infoltisce la schiera dei talenti emergenti tedeschi, Sebastian Lutz è alle prese con il suo quarto lavoro discografico. Apprezzato anche nei clubs italiani grazie a Francesco Passantino che, prima degli altri, ha creduto nelle sue capacità dietro la consolle, Lutz rilascia un 12″ di indiscussa techno. “Manatee” macina un ritmo irrefrenabile, corposo, ventilato, poderoso nei suoi intrecci strumentali. La completa assenza di melodie ne fa quasi un tool. Due i remix: quello dei rumeni Hermannstadt Collective (Jay Bliss e Mihai Popoviciu) che segue la scia della deep-techno piuttosto nebulosa, e quello dell’italo-americano Mass_Prod (Martino Marini) giocato su un vocal-sample ossessivo. Sul vinile trova spazio anche l’ottima “Honeymelon”, che tanto rammenta la techno circolare proposta anni fa da Ben Sims, Misstress Barbara e Marco Carola (ricordate la mitica saga dei Question?). La techno ritrova, finalmente, il ritmo.
-Pollyester “Round Clocks/The Indian” (Permanent Vacation): avrebbe dovuto uscire su Love In C Minor che si è guadagnata l’appellativo di ‘suicide label’ per la propensione a pubblicare materiale su vinile rivolto ad un mercato apparentemente inesistente, ma alla fine confuisce sulla bavarese Permanent Vacation di Tom Bioly e Benjamin Fröhlich che la incorporerà per i restanti otto episodi. E’ il nuovo lavoro di Polina Lapkovskaya alias Pollyester, moglie di Emanuel ‘Mooner’ Günther (noto per aver militato negli Zombie Nation, ai tempi di “Kernkraft 400”, e per aver fondato la Erkrankung Durch Musique promuovendo per primo nomi come Steril, Hong Kong Counterfeit, Queen Of Japan, Mix Mup, Vostok, Nicolas Courtin, Auto ed Acid Boy Chair). Naturale prosieguo a “You Are Amen”, edito nel 2008, “Round Clocks” mischia materie funk, rock ed afro dance. In particolare la Dancemix di Mooner calca più la mano sulla cassa e sul ritmo in generale, enfatizzando il poderoso picked bass. “The Indian”, sul lato b, lascia assaporare invece il gusto per l’afrobeat atmosferica, modulata in chiave deep-house ed afro-funky-house da Mock & Toof in un remix decisamente adatto alla stagione estiva.
-Starting Teeth “The Way Of The Intercepting Fist EP” (Creaked): nato sulla collaborazione tra Childe Grangier (Hopen) e Nathan Jonson (fratello del più noto Mathew), Starting Teeth torna ad un anno di distanza da “I Won’t Do Anything I Can Do”. I due creano una sorta di hip-hop dal retrogusto idm, sfiorando il break più visionario e futuristico. “Weapons”, col featuring della rapper K.Flay, fa il vezzo a quel che negli ultimi anni abbiamo talvolta assaporato su Chicks On Speed Records. Non dissimile il contenuto del remix che il citato Jonson firma con lo pseudonimo Hrdvsion. Cut & copy impazzito sul big-beat invece è quello di “Venom”, a cui seguono due nuove versioni di “Burn The Roof Tropical” ed “xxDONE”, realizzate rispettivamente da Dave Aju (che gioca con scratch e cutting) e Vincent Oliver (minimal techno sulla quale colano suoni sperimentalisti). Buon colpo per la Creaked di Losanna.
Electric greetz