Le vie della musica elettronica sono infinite. Impossibile dare una definizione secca a quello che potrebbe rientrare nel contesto dell’electro, viste le innumerevoli combinazioni in grado di portare sempre a soluzioni stilistiche differenti. Radio Cosmos, operando in un contesto immerso totalmente nell’underground, va ad occupare un posto rilevante nel frangente della cosiddetta ‘space disco’, che attinge le ispirazioni dalle sperimentazioni fermentate durante gli anni ottanta sotto la spinta di movimenti come la new-wave e l’italodisco, reimpiantandole nell’ottica delle colonne sonore cinematografiche. Gli artisti sinora coinvolti sono accomunati dallo spirito creativo connesso alle strumentazioni analogiche (synths e drum-machines passati alla storia) e, nel terzo episodio di quella che si sta rivelando una vera e propria saga, le loro esperienze convergono verso uno stile che vaga tra electro e synth-pop, tra italodisco e space ambient, tra i meccanicismi dei Kraftwerk e i ritmi di Valerie Dore combinati nell’assetto melodico dei Boards Of Canada. Musica sintetica quindi, che mira sia alle melodie avanguardiste che al futurismo della fantascienza anni cinquanta. Avvalorato dall’artwork di Gil Formosa, altra presenza fissa di Radio Cosmos, “Synthetic Memento” è il punto d’incontro e scambio ideale tra quel che artisti come Pink Floyd, David Bowie, Roxy Music, Art Of Noise, Visage, Depeche Mode, Soft Cell, New Order, Human League, Patrick Cowley e Bobby Orlando hanno fatto in passato e quel che in tempi più recenti Legowelt, I-F, Lowfish, Bangkok Impact, Alek Stark, Hong Kong Counterfeit, Gerald Donald e Ural 13 Diktators hanno saputo rileggere attualizzandolo. Ben sedici questa volta le tracce incluse, in un avvincente quanto avveniristico doppio vinile: da S.C.D. ad Aldo Bergamachine, da Kinky Roland a Chinese Theatre, da Keen K (affiancato anche da Phillip Münch con cui condivise, anni addietro, l’esperienza nei The Rorschach Garden) a Brian E passando per nomi emergenti come Infinitynight, Young Monday, Antilles e Vision Talk. Leggermente più improntato sulla musica da ballare piuttosto che su quella da ascoltare, “Synthetic Memento” è tra gli episodi electro più appassionati che il 2009 ci sta consegnando.
-Various “Artificial Material V2.0” (Electronic Corporation): Electronic Corporation si risveglia, dopo ben due anni di completa inattività , per la gioia dei patiti dell’electro dai risvolti analogici. Il secondo atto di “Artificial Material” (il primo risale al 2003) si muove su quattro tracce propriamente electro: “The Ride” ed “Horizon” di C.M.O.S. planano su veloci e taglienti sincopi ritmiche lasciando vibrare, nel contempo, melodie frammentate e bassi increspati. Più gotico lo scenario tratteggiato da “Das Schwarze Loch” di Herr Müller, un mix ordinato tra ebm ed electro robotica. La mia preferita resta però “Pornographics” di Interfunk, che prende vita dalla scomposizione della più remota “Pornoactress” di Dopplereffekt, da cui il tedesco attinge sia concept tematico (il mondo a luci rosse) che le sequenze ritmico-melodiche. 250 le copie disponibili, di cui 200 in vinile blu trasparente.
-Bodycode “Immune” (Spectral Sound): Alan Abrahams nasce in Sud Africa ma è l’aria di Londra e Berlino che lo incita a trasformarsi in Portable, trascinando i ritmi tribali delle sue origini etniche nelle atmosfere plastiche della dance europea. Nel 2006 poi, coniando una seconda identità attraverso Bodycode, esprime più direttamente il proprio spirito danzereccio, connesso alla primitiva house di Chicago. A tre anni da “The Conservation Of Electric Charge” ritorna sulla ‘sorellina’ di Ghostly International per galoppare, ancora, ritmi e suoni old-school: provate ad ascoltare “Hyperlight”, “What Did You Say” o “Immune” per capire quanto l’immaginario sonoro del sudafricano sia pregno di storia. Ma “Immune” non termina così banalmente: Abrahams, infatti, dà corpo ad una serie di sfumature ambient-trance (“I’ll Hold Your Hand, “Imitation Lover”) e contorsioni atmosferiche (“Arigato”, “Subspace Radio”, “Spacial Harmonics”), nell’intento di abbracciare un range stilistico più ampio slegandosi del tutto dal classico concetto di ‘dance’.
-James Ruskin “Sabre/Massk” (Blueprint Records): Ruskin è uno dei pilastri più rocciosi della techno europea. Lanciato dalla Tresor di Berlino poco meno di dieci anni fa, il londinese ritorna sulla propria Blueprint (un marchio attivo sin dal 1996) per mezzo di una doppia a-side al fulmicotone. “Sabre” prende vita su un lungo intro di techno liquefatta, quasi gassosa, che corre veloce sull’effetto reverse. Ad oltre due minuti dallo start arriva la cassa in 4/4 a scandire più ordinatamente il ritmo. “Massk” invece inizia già con la kick in ‘on’, braccata da grooves che si gonfiano in progressione. Squisitamente minimal-techno figlia degli anni novanta, prodotta con stile e, soprattutto, convinzione.
-The Son Of Cybotron “Lost N’ Found EP” (D-Bass Records): ad attirare la mia attenzione su questo EP è stato, prima di ogni altra cosa, il nome dell’artista. Non ci è dato sapere se ci sia davvero un grado di parentela con gli indimenticati Cybotron, tra i primi in assoluto a spianare, sin dai primi anni ottanta, la strada della techno che poi si sarebbe sviluppata un decennio dopo, ma di certo è che “Basic Terminology” sa tanto di proto-techno, filone che a Detroit riuscirono ad ottenere distillando Kraftwerk e Giorgio Moroder. “Around And Round” e “Dub Around”, sul lato b, calcano clamorosamente la mano sul segmento techno/hip-hop, sullo stile del leggendario Model 500. Cercatelo sulla mitica D-Bass.
-Renato Cohen “Sixteen Billion Drum Kicks” (Sino): sono passati svariati anni da quando Renato Cohen riuscì a far impazzire i dj’s di mezzo mondo con la sua “Pontapé”. Ben poche e spaiate infatti le releases che da quel fatidico 2002 in poi il producer ha pubblicato. E’ “Sixteen Billion Drum Kicks” a rompere il silenzio e riportare a galla, oltre a Cohen, anche un altro nome glorioso della techno di qualche tempo fa, quello di Sino, label dei Technasia. Il risultato è deliziosamente accattivante. A dare avvio è la già nota “Mágica” edita dodici mesi addietro come singolo (insieme alla più modaiola “Power”): l’incrocio tra il funk e la techno rammenta con chiarezza quel che accadeva nei brani di Kagami (molto simili anche le basi di “Street Dancer”). La voce di Marku Ribas dona a “Cosmic Man” un tocco più latino mentre le metriche spezzate prendono il sopravvento in “Samba Who?”. Il brasiliano, noto anche per i suoi fiammeggianti live acts, sfrutta l’acid in “Ã?cida” (ma non mi sembra la Tb-303), l’accostamento tra house e noize in “Jaxx” e il più banale binomio minimal-techno in “Shout” per poi uscire dallo steccato con la dubstep di “Summer Rain” e col jazz d’avanguardia di “Pontapé Jazz”, rielaborazione della hit (sinora l’unica della sua carriera) colorita dal sax di Marcio Negri, dal trombone di Bocato, dalle trombe di Jorge Cerutto e dal basso di Chico Willcox. Passando per l’electro-techno di “Sunrise” e la più commercia(bi)le “Corazón”, si raggiunge il finale segnato da “Cultura Em Constante Movimento”, funky-house malleabile ed estiva, che tanto ammicca allo stile di Cassius, Phats & Small e dei primi Moscatello ed Angello. A me ‘me piace’.
-3-1 “13 Horrible Remixes” (Basserk): giocherelloni questi olandesi. Qui appare il numero 13 messo allo specchio: da un lato indica il nome dell’artista (3-1) dall’altro il totale dei brani presenti nel cd. Si tratta essenzialmente di un album eretto su remixes realizzati per bands che Basserk ha già proposto più volte nel corso della sua attività , alternandoli a nomi non certamente nuovi per chi è solito immergersi nel pistol-pop e nell’electro-rock. Nid & Sancy, Lilian Hak, Detroit Grand Pubahs, Krause, Elecphonic: tutti frullati tra hip-hop, noize, techno bass, funk e nu-rave. Nella lunga e rumorosa tracklist se ne individuano alcune che, se spinte a dovere, potrebbero fare anche crossover: vedi (e senti) Transformer Di Roboter, The Moi Non Plus, Hotel e gli stessi 3-1 con una nuova versione di “Take A Picture”.
-Various “Collision Course” (Luscious Sounds): primo giro di boa per la label fondata a fine 2004 da Ingo Martens alias Azzido Da Bass, nome che è capillarmente circolato in Europa dieci anni or sono grazie alla hit “Dooms Night” remixata da Timo Maas. Luscious Sounds è essenzialmente una label dance con risvolti electro-house ma sempre aperta a nuove commistioni ed incroci stilistici, come il rock e il nu-rave. La raccolta in questione, un vero ‘best of’, mette insieme sedici brani che riassumono l’attività dell’etichetta tedesca puntando sugli artisti sinora coinvolti: Malente, Play Paul, The World Domination e Dj’s Are Not Rockstars feat. Princess Superstar, anche se alla fine il vero ed indiscusso protagonista resta Martens e la sua ricca sequenza (“So Wrong”, “Lonely By Your Side”, “Strobelightz”, “Knightz Of The Living Bassheadz”) su cui incrociamo cantanti come Adrian Holtz, Johnny Blake degli Zoot Woman e remixers come Booka Shade e Speaker Junk.
-Manuel Tur “0201” (Freerange Records): impegnato sin dal suo esordio (a soli sedici anni!) nell’espressione più pura della deep-house (tra i suoi mentori Ian Pooley e Pépé Bradock), Manuel Tur costruisce il primo album non pensando alle esigenze del dancefloor. Alla base c’è indubbiamente l’house music sviluppata su tematiche downbeat, downtempo e jazzy. Il mondo dell’artista nativo di Essen (Germania) è talmente vario e multiforme che “0201” appare come un corpo in continua mutazione: ora lascia volare sulle ali della fantasia facendo rilassare la mente (“Fade Away”, “On The Radio” e “Will Be Mine” cantata da Alexander East), poi spinge a ballare con le mani al cielo (“Shady Trees”, “Radial”). Potrebbe ricordare i primi di Etienne De Crécy editi come Superdiscount.
Electric greetz