Da quando i norvegesi (in primis Hans-Peter Lindstrøm e Prins Thomas, seguiti da una folta schiera di altrettanto validi e talentuosi producers spesso celati nelle tenebre dell’underground) hanno iniziato a scalciare con più vigore nella scena europea, la disco ha trovato un’inedita via per rinnovarsi ed essere nuovamente esplorata. Per ‘disco’ si intende la musica degli anni settanta, a metà strada tra il suonato dal vivo e il programmato elettronicamente, oggi tornata in vita dopo un periodo di buio completo attraverso una corrente ribattezzata ‘nu disco’, in cui si rintraccia, come componente, anche l’italo-disco, variante ideata negli anni ottanta dai produttori nostrani, adorata e rispettata all’estero ma scarsamente considerata da noi. Per il suo mix, registrato live al Robert Johnson di Offenbach am Main ed ora disponibile anche su cd, Prins Thomas sceglie 25 brani (a cui si somma un intro ed un outro) che attestano il suo modo di fare musica e il suo intento di far viaggiare gli astanti nel proprio mondo, sempre in bilico tra vecchio e nuovo. La tracklist è piena di brani del passato (tratti dal suo fornitissimo archivio personale) alternati sapientemente a composizioni dal sapore modernista: il persorso si snoda tra Arpadys e Capracara, tra Trans Am e Bjørn Torske, tra Dogs Of War e Low Motion Disco toccando Samos, Sébastien Tellier, Frankie Valentine e l’amico Lindstrøm con cui ha praticamente iniziato la nuova profetizzazione della disco. Tra le scelte del ‘vichingo’, anima di labels ormai accreditate come Full Pupp ed Internasjonal, anche Ricardo Villalobos, Argy & The Mole, Mathew Jonson e il prezioso Acid Test (ossia il Roman Flügel di una decina d’anni orsono), a testimoniare che la varietà in un set è fondamentale per la sua riuscita contro la noia. Prins Thomas unisce con sapienza e destrezza quel che è stato e quel che è la disco, un filone da rivalutare alla luce della creatività dei nuovi producers apparsi nel nuovo millennio, scardinandolo completamente dagli stereotipi che siamo abituati ad ascoltare (Village People, ABBA, Patrick Hernandez, Lipps Inc., Sheila & B. Devotion, Boney M, KC & The Sunshine Band, Santa Esmeralda, Patrick Juvet giusto per citarne alcuni). Attingere dal passato per creare il futuro è motto ideale della nu disco.
-Valerio Delphi “The River/Suzuka” (Final Frontier): il romano Valerio Delphi è il nuovo alfiere della ‘famiglia’ capeggiata da Marco Passarani. Il suo esordio discografico (preventivato già dodici mesi fa su Pigna ma edito solo adesso su Final Frontier) si consuma mediante due tracce che profumano di old-school, di Chicago e di Detroit, così come la tradizione del gruppo capitolino tramanda ormai da oltre dieci anni. “The River” mixa con sagacia ritmo e melodia, dosando entrambe con precisione da creare un combo perfetto. “Suzuka” invece impone un rimando al movimento jackin’, soprattutto se si fa riferimento al bassline in stile Adonis. Il tiro invece è quello degli indimenticati lavori di Saunderson. A ciò si aggiunge infine una spruzzata di acid-line che completa il mosaico. Musica da ballo moderna che dimostra di essere, nel contempo, pregna di passato.
-Bass Junkie “Comply EP 1” (Battle Trax): è da oltre un decennio che Phil Klein si nutre di futurismo e di quella electro che prende le mosse su pianeti sperduti nelle galassie. “Comply EP” è un vero carosello di avventure, il cui start è dato da “Infiltrator” che corre su binari sincopati sui quali torreggiano voci robotiche e leads tipiche della science fiction music. Nell’ultima parte, lì dove anche il bassline si cortorce freneticamente, l’autore mostra il virtuosismo nell’armeggiare la sua polverosa drum-machine. “Sub-Mission (Control The Bass)”, scelta per il primo volume di “Street Sounds Nu Electro”, enuclea la cultura dell’electro-beat con bassi che ronzano rumorosi e synths che si sciolgono su elementi vintage (rimshots e samples vocali, probabilmente campionati da vecchie incisioni hip-hop). Infine “Jammin’ The Box”, il brano adatto per i b-boy post-duemila (sulla scia di Dagobert, Mandroid, Dynamik Bass System e Imatran Voima), con tanto di scratch e cutting sincronizzati su una massiccia 808, atta a rovistare nel passato più glorioso dell’electro a stelle e strisce. Bass Junkie attinge deliberatamente da quel mondo fatto di murales, di radioloni posati sui marciapiedi, di balli acrobatici, di pantaloni oversize e scarpe slacciate. Quel mondo che noi europei abbiamo visto solo nei telefilm anni ottanta.
-Phoreski “Slow Me Down/Air Shark” (Rare Wiri): la giovane label disco di Madrid ritorna col suo #003, per l’occasione firmato da Phoreski che però, a quanto pare, giunge da Manchester. Traendo stimolo dall’italodisco, l’artista ne ricrea le ambientazioni fondendole alla perfezione con la nu disco attuale: ciò accade in “Slow Me Down”, la cui unica pecca è forse riconducibile alla stesura blanda di effettistica e, soprattutto, di una parte vocale. Colgo più imput in “Air Shark”, dalla scia space-disco, sognante, atmosferica, suadente e pregna di emozioni retro. Se siete amanti del genere non potete perderlo.
-Max Durante “Beat Rocket Series Vol. 1” (Prodamkey): Max Durante è uno dei pionieri indiscussi dell’electro made in Italy. Influenzato dall’hip-hop e dall’electro-funk degli anni ottanta, il romano ha costruito la sua carriera discografica incidendo su rispettate labels come 7b, Electrix, MinimalRome e Monotone e variando il suo ego creativo dalla pura old-school forgiata con equipments analogici alla più moderna tech-house. Per chi non lo sapesse (ancora), Durante è stato il creatore di Netzwerk Europa insieme ad Anthony Rother (quando il tedesco era ancora lontano dal successo commerciale) nonchè partner di Keith Tucker degli Aux 88 e co-producer di “Half Mute”, l’album dei Tuxedomoon riapparso su International Deejay Gigolo nel 2001. E’ con queste non trascurabili credenziali che oggi riporta in vita Prodamkey con un progetto di spassionata electro old-school, così come piace ai cultori del suono senza tempo che più invecchia e più sembra attraente. “Time” gira su accordi noti e su atmosfere tenebrose, “Next” è il suo mondo fatto di sincopi e controtempi, “Brown Eyes” è l’attecchimento a certe forme di electro ondulate su scie gotiche, perfette per chi si reputa un sostenitore di realtà come Bunker, MNX o Kommando 6. “K1 Theme”, col featuring dei citati Aux 88, è infine lo snodo sequenziale di cibernetica e futurismo, la prova tangibile che anche qui in Italia c’è qualcuno che riesce a parlare la lingua di una electro da non confondere con esempi approssimativi dalla stessa nomenclatura. Per dovere di cronaca segnalo la nascita di tre nuove labels, create da Durante, che affiancano la rinata Prodamkey: Analog Dust, Sintetico e Macroaudio, ognuna delle quali si pone il preciso obiettivo di esplorare le sfaccettature della musica elettronica del nuovo millennio.
-Anthony Rother “Dance!” (Datapunk LTD): l’electro minimalizzata del più recente Anthony Rother è riuscita a scavalcare il confine che separa l’underground dal mainstream, a malincuore per chi ricorda “Sex With The Machines” o “Simulationszeitalter” e per la gioia di chi ha trovato in “Komm”, “Springlove” o “So Good” le guide per il proprio gusto. “Dance!” sintetizza, in breve, le due vedute, attraverso un ritmo essenziale nel quale si intersecano, a raggiera, voci robotiche e i synths di chi vorrebbe continuare ad additare il producer di Francoforte sul Meno come il diretto erede dei Kraftwerk. “Crush” gioca essenzialmente sugli stessi elementi, miscelando vecchio e nuovo in un costrutto che fa ballare i giovani del 2009 lasciando oscillare, comunque, tratti di un’electro distintiva e storica. “Big Boys”, ultima in ordine di ascolto, è ‘figlia’ di albums come “Popkiller” e “Super Space Model” in cui Rother iniziò a rendere meno spigolosa la sua electro, approdando ad un risultato rivolto ad una cerchia non così ristretta come quella dei suoi primi fans.
-Heinrichs & Hirtenfellner “Dark Orbit” (Highgrade Records): tra gli astri nascenti della label di Tom Clark, Lars Heinrichs e Sascha Hirtenfellner incidono il loro album di debutto. Il lavoro esprime le motivazioni dei tedeschi di rimarcare simultaneamente la house e la techno più destrutturalizzate, corroborandole con le astrazioni moderne divenute i punti di riferimento per la dance elettronica del nuovo millennio. Ciò accade in brani come “Starry Frog”, “Hubbie”, “Quantum Jump” e “Black Hole”. Nel cd ci sono tre tracce in più rispetto al doppio vinile: “Supernova”, “Big Bang” ed “X-Radiation”, pronte ad attestare il cosmo sonoro dell’accreditata coppia tedesca.
-Sexy Sushi “Sexy Sushi” (Scandale! Records): la giovane sussidiaria della parigina Blim sta visibilmente ergendosi come nuova paladina di uno stile che era andato disperdendosi ai quattro venti nell’ultimo quinquennio. Trattasi di quell’electro-techno-punk che apprezzammo grazie a progetti come Vive La Fête!, Hong Kong Counterfeit, ADULT., Exchpoptrue, Miss Kittin & The Hacker e i nostri Magicake tra il 2001 e il 2005 e che, in seguito all’invasione dell’electro-house prima, e del neo-minimal dopo, ha trovato sempre meno fertilità . Ma le speranze, è risaputo, sono le ultime a morire ed infatti eccoci ancora di fronte ad un sound che vaga tra dance e rock, accostamento di cui l’International Deejay Gigolo di Hell ne fece la sua fondamentale filosofia. Ben sei le tracce dei Sexy Sushi (Reby Combat e Mitch Silver), arroventate dalla voglia di far baldoria, di coinvolgere il pubblico non solo in riferimento al ballo ma anche al canto. Veloce la sequenza, che parte con “Estafette” e “Cheval” e che poi s’impenna con “T’enflamme Pas Pètasse”, “Petit Pd” e “Princesse Voiture” in cui un orecchio esperto potrebbe intravedere assonanze col primo Vitalic e col disperso Generation Aldi. Compito di chiudere è della pacata “Sex Appeal”, più minimalista nella girandola dei suoni e dei ritmi (avete presente It & My Computer?) seppur localizzata sul filo della seduzione grazie alla parte vocale decisamente sexy. Peccato che dischi come questo escano col contagocce.
-Will Saul “All Night Long” (Aus Music): “All Night Long” esprime al meglio la diversità musicale della label inglese di Will Saul e Fin Greenall. House, discofunk, minimal, post-techno: tutto è trattato con coscienza e consapevolezza. Il cd 1 (unmixed) racchiude le novità che vedranno luce nei mesi a seguire (Sideshow, Roland Appel, Sian, Brooks, Lee Jones, MyMy) mentre il 2, mixato da Saul, estrae il meglio del catalogo transitando sui remix di Prins Thomas, The Mole, Château Flight, Stimming e sulla rassicurante presenza di Motorcitysoul. Da ballare, come giustamente dice il titolo, per tutta la notte.
-Breger & Moog Conspiracy “Hinterhalt” (Elektrotribe): è la prima volta che Breger e Moog Conspiracy uniscono le forze per una studio-session. “Hinterhalt” è il tipico brano ‘germanico’, nello stile per cui i tedeschi oggi si sentono più ferrati, fatto da ritmi minimali ed una lieve scia funk che ricorda, piacevolmente, le vecchie cose napoletane di Carola, Parisio & Co. Ottimo il remix di Marcus Sur che rilegge il tutto in chiave più house, enfatizzandone certe tonalità che nella versione originale potrebbero sfuggire poichè sovrastate da un groove più intenso. Chiude “Du Warst Das”, dal disegno ritmico compatto, da bassi accennati ma efficienti, e synth-noize giocati con l’eco.
Electric greetz