#230 -Musica dal futuro per gli Aux 88

La genesi della musica degli Aux 88 (Keith Tucker e Tommy Hamilton) è sviscerata da quel genere letterario che ha iniziato ad anticipare il futuro quasi cento anni addietro. Fantascienza: questa è la parola d’ordine, la password per entrare a far parte del cosmo auditivo del duo di Detroit in cui si rincorrono avventure drammatiche e sarcastiche, intrecciate tra loro attraverso la barriera spazio/tempo. Gli Aux 88 raccontano, ormai da oltre quindici anni, di eccitanti spedizioni nello spazio, a bordo di navicelle frutto della tecnologia del domani, con lo sfondo di un cielo solcato da nubi rossastre che velano un (un e non il) sole di tanto in tanto. La loro è pertanto musica visionaria, almeno quanto lo sono stati i romanzi di Kenneth Bulmer, Fredric Brown, Fred Saberhagen, Poul Anderson, Auram Davidson e del ‘maestro’ Isaac Asimov. La loro storia continua trionfalmente la marcia in un mondo sonoro tenuto a battesimo da labels come 430 West, Direct Beat, Crème Organization, Submerge Recordings e Puzzlebox, quella che oggi ci offre “Mad Scientist”, un album che riassume quel che si è detto nei precedenti (“Bass Magnetic”, “Is It Man Or Machine”, “Xeo-Genetic”, “Aux 88”) e che disegna, nella migliore delle maniere, una sorta di impero galattico eretto su elementi vintage (spesso intrisi di cultura hip-hop) capaci però di narrare quei pericoli e quelle soddisfazioni che costellano, nel mondo irrealista della science-fiction, l’espasione umana nel futuro. Brillante, paradossale, immerso a fondo nel concetto più puritano dell’electro, “Mad Scientist” è come la corazza grigia d’acciaio di un mezzo spaziale, dotato di una pavimentazione ritmica irregolare su cui si muovono fluidi e furtivi i synths sotto il controllo di un vocoder che ha l’aspetto di un mosaico. Tante le tracce a disposizione, da “Voice Modulation” ad “Alien Bounce”, da “Annihilating The Rythm” a “Parallel Universe” passando per “Electronic Robots”, “Free Fall” e l’interludio “What Is A Mad Scientist”, tutte pronte ad evocare immagini da sogno, da avventura libera da schemi e condizionamenti, che prende le mosse in un carosello d’amabile estro e creatività. Gli Aux 88, i diretti e legittimi eredi degli indimenticati Drexciya, continuano così ad incarnare il ruolo di avventurieri spaziali, cittadini di un futuro immaginario, esperti di cibernetica e robotica, rifugiati in una dimensione parallela che ci regala un altro piacevole ed affascinante affresco di musica proveniente dal futuro.

-Lindstrøm & Prins Thomas “Tirsdagsjam” (Eskimo Recordings): tra i primi ad intuire, in tempi assolutamente non sospetti, le nuove potenzialità che la musica disco stava per offrire nella nuova collocazione post-duemila, ci sono senza dubbio i norvegesi Hans-Peter Lindstrøm e Thomas ‘Prins Thomas’ Hermansen. Dalla fredda Oslo ci mandano, ormai da cinque anni a questa parte, progetti di rilievo, resi affascinanti dalla patina del tempo e che ogni volta superano le aspettative. E’ proprio il caso del nuovo 12″ riservato alla Eskimo, la label belga che nel 2005 lanciò il duo a livello internazionale grazie ad un album divenuto pietra miliare del movimento nu-disco. “Tirsdagsjam” si muove attraverso due visioni: la Lang Versjon è pura space-disco, che unisce gli anni settanta ai novanta mediante variopinti arpeggi intrecciati ad archi trance. La stesura poi è un crescendo continuo, che non lascia tempo ad alcuna incertezza. La Mindre Er Mer, sul lato B, deriva dalla stessa materia ma è più giocata sul ritmo, attraverso le tipiche percussioni utilizzate dalla 70s disco. Pare possa far parte del nuovo album.

-The Parkwalker “Degeneration” (Nowar): così come Mowar sta esplorando i territori della techno old-school, la neonata Nowar si pone il fine di immortalare quel che accadde alla house dei primi tempi. Mai come in questa occasione la scelta dell’autore si rivela azzeccata: The Parkwalker, ossia Affie Yusuf, è tra i producers che hanno contribuito più che attivamente all’evoluzione dell’house music durante gli anni novanta. Da sempre impegnato in molteplici progetti editi con altrettanti pseudonimi, Yusuf realizza due tracce di pura house globale, condensata intorno agli elementi che ne hanno segnato la storia (percussioni, bassi sordi, impalcature melodiche soul). “Degeneration” è la fotografia della house di quindici anni fa, organica, dal ritmo inarrestabile, e “Opendance” è una degna continua, localizzata in un caleidoscopico intreccio percussivo. Vicina alla filosofia di labels come Yore e Crème Organization, Nowar si prospetta già come una delle vie per riscoprire il suono della house che fu. E che continua ad essere.

-The Fascination Movement “Remix Vol. 1” (Aube): i numerosi spunti presenti nel “0.5” uscito in inverno non si esauriscono e continuano a costituire la base per inedite rielaborazioni che la label di Michael Künzer ed Aube Velan convogliano in un eccitante 12″ white-label. Gli Starcluster (Kaï Lüdeling e Roland Faber) proseguono il cammino sulla strada della new-wave electro, binomio sondato con somma esperienza negli anni: la loro rivisitazione di “Radio” rende omaggio al synth-pop elettronico degli anni ottanta, col suo essere melanconico e romantico. “Just Pretend” invece rivive per mano degli Elitechnique che, dopo un lungo intro, smerciano cassa in quattro e tanto funk elettrico da dissodare completamente il terreno. Infine “Down Again”, nel rework degli Alba (i già citati Michael Künzer e Roland Faber), improntato su un funk delicato dosato con cura nelle spire indie-rock. Un disco che rivela tanta magia.

-Len Faki “Berghain 03” (Ostgut Tonträger): dopo André Galluzzi e Marcel Dettmann, spetta a Levent Faki assemblare il terzo episodio dedicato al noto club berlinese. In 77 minuti il dj-producer, discograficamente attivo da oltre un decennio, concentra tutti gli aspetti e le tonalità che secondo la sua opinione dovrebbe possedere un techno set che si rispetti. Euforismo, drammaticità, luce, tenebre. Per fare ciò sceglie di sequenzare le musiche di Roman Lindau, JP Montesino, Basement Jaxx, Tony Lionni, Radio Slave, Someone Else, Laurent Garnier e Planetary Assault Systems, in cui house e techno non sono più le antagoniste di un tempo, situate su schieramenti opposti l’uno all’altro, bensì protagoniste insieme di una maturazione stilistica tipica del nuovo millennio. A colorire ulteriormente il gradevole set il remix di “Where Is Home?” di Bloc Party, realizzato dall’estroso Burial, e la plateale “Vienna” di John Beltran.

-Dusty Kid “A Raver’s Diary” (Boxer Recordings): è già qualche anno che i sardi hanno imparato a farsi ‘sentire’, ampliando visibilmente sia il proprio raggio d’azione, sia il proprio scenario, un tempo limitato a pochi nomi come Sandro ‘Kortezman’ Murru e a Marascia, peraltro sempre ben attivo. La scuola sarda ha preso forma prima con Renato Figoli e poi ha trovato modo di espandersi, un pò come quella napoletana, con nuovi talenti (Matteo Spedicati, Mr. Bizz, Andrea Porcu). E’ esattamente in questo contesto che trova spazio la musica di Paolo Alberto Lodde, emerso tra 2005 e 2006 come Duoteque insieme all’amico Andrea ‘Ferlin’ Cruccu ed ora lanciatissimo come solista mediante il moniker Dusty Kid. Amante di Mozart, Michael Cretu (Enigma), Coldplay, Enya ma soprattutto Richie Hawtin, il sardo è uno che di techno ne ha masticata tanta. Lo capiamo ascoltando il suo album di debutto, sul quale persiste una forte scarica di energia. L’avvio è tra i più dirompenti che si siano ascoltati negli ultimi tempi: “Here Comes The Techno” è figlia della techno più aggressiva, condizionata (positivamente) dal movimento circolare del loop. Ipnotismo più marcato è quello di “The Underground Persistence”, raggiunto dal glissando psicotico di “Lynchesque”. A questo punto in “A Raver’s Diary” si apre una parentesi legata alla neo-trance, genere che Boxer ha già affrontato in passato quando ancora espressione di movimento embrionale-sperimentale. Ed ecco scorrere “Klin”, “Cowboys”, “Moto Perpetuo”, “America” e “The Fugue”, in cui viene rappresentata l’electro-trance del nuovo millennio, denudata di elementi pop e spinta in coordinate quasi drammaturgiche. L’itinerario poi vira nuovamente per la techno, con l’impeto di “Pluk” e la singolarità di “Agaphes” che, dopo due minuti e mezzo di trance siderale cullata da ritmi electro, lascia esplodere una tempesta technoide. A chiudere è l’unica gemma pop, “Nemur (Wall Of Guitars)”, ultima tappa di un’avventura unica che fa della musica di Lodde qualcosa di realmente ispirato. Il sardo fa vibrare le corde della melodia ma nel contempo spinge sul ritmo, e ciò rende il suo stile qualcosa di decisamente completo.

-Terence Fixmer “Machine” (Electric Deluxe): la ‘macchina bellica’, come qualcuno giustamente lo definì anni fa in riferimento al suo ruolo di iniziatore-riscopritore della ebm ed industrial applicate alla techno, non demorde. Sebbene col terzo album, “Fiction Fiction”, si sia dichiaratamente schierato in un’altra linea, il producer di Lille trova ancora la voglia di incidere uno schiacchiasassi come “Machine”. Si tratta di un brano potente, selvaggio, dalle finiture un pò grezze e dark, ma indubbiamente carico di energia techno-ebm dall’inizio alla fine. Nella Dub vengono amplificati alcuni toni tipici dell’industrial mentre nel remix di Speedy J tutto si riconduce all’uso del loop e degli effetti che tendono a corroderne la stesura. Gli amanti del mixaggio acrobatico da effettuare in digitale trovano nel Tool tutti gli ‘ingredienti’ per giocare o, eventualmente, realizzarne un remix.

-Zwicker “Songs Of Lucid Dreamers” (Compost): Zwicker è lo pseudonimo che ha portato più fortuna a Cyril Boehler, grazie ad una vena ispirativa solidamente legata alla deep-house, all’electro e al funk. Il suo stile, già messo in evidenza anni addietro per una serie di interessanti 12″, ora viene irrorato da nuove diramazioni che attecchiscono più che bene nell’album di debutto, la cui uscita è prevista per il prossimo 8 maggio. “Songs Of Lucid Dreamers” è pieno come un uovo di collaborazioni: da Olivera Stanimirov a Billy Oden, da Jamie Lloyd a Valentino Tomasi, da Matt Didemus a James Teipder, da Serpentine ad Heidy Happy: ognuno di loro fornisce un contributo importante, che fa dell’elaborato finale qualcosa di non facilmente etichettabile come ‘dance release’. Fondamentalmente Zwicker si impegna nell’elargire musica felice e solare, come “Who You Are” ed “Oddity”, a volte spezzata da ritmi 2 step (“Wake Up”), altre posizionata con ordine sui binari quaternari (“Dragon Fly”, “Sleepwalking”, “Sui’s Knee”). Tra le righe è identificabile anche un lieve apporto di italo disco (“Ping Pong Muses” è emblematica in tal senso), di house dub, in cui elementi electro vengono solo accennati (“Traumdeuter”), e di soul (“Submarine Kabelgau”, “Strangeways”). Influsso non trascurabile del full lenght è anche quello del downtempo, che domina “Prism” e “Make It Happen”. Lo scenario, pertanto, è soleggiato, luminoso, colorato: un sogno dal quale non si vorrebbe mai essere svegliati.

-Various “Revelations Vol. 2” (Big City Beats Tec): secondo atto della serie “Revelations”: a questo giro tocca a tre remixers mantenere alte le quotazioni della giovane ed intraprendente etichetta di Francoforte sul Meno. Kiki, nella sua rivisitazione di “Angma” di Eddie Zarook, infonde hypno-techno in salsa minimale, in puro stile BPitch Control, ravvivandola con una sottile vena percussiva; Kreon invece, per “Any One” di Timo Huehner, opta per una classica tech-house berlinese, dai lievi influssi acidi. A ricostruire “Tomatina” degli italiani Fausto Messina & Vicente è Basti Grub: le voci fuori campo fanno da sfondo ad un tool dalle accennate velature latin-funky, che rendono il tutto molto estivo.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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