Sono già passati dieci anni da quando gli Zombie Nation (ai tempi erano in due, Florian Senfter ed Emanuel ‘Mooner’ Günther) fecero trionfalmente ingresso nella scena discografica, grazie ad un brano esploso a livello mondiale, “Kernkraft 400”, ricamato sulla melodia di un vecchio gioco del Commodore 64 ancora oggi presa di mira per bootleg e rivisitazioni di ogni tipo. All’epoca però, a crederci per primo fu un talent scout d’eccezione, Dj Hell, che sull’allor nascente International Deejay Gigolo volle anche l’album “Leichenschmaus”, un concentrato di electro old-school e riverberi punk. Nel 2002 Senfter, dopo aver remixato brani di Dakar & Grinser, Sexual Harrassment, Frankie Bones, Phillip Boa & The Voodooclub, Ladytron, Dj Hitch Hiker, I-F e Takkyu Ishino, rimane solo alla guida del progetto, non rinnova il contratto con Gigolo e fonda la sua personale label, Dekathlon, con cui dà spazio a nuovi talenti smaniosi di entrare a far parte del music business (tra le sue scoperte Mutron, Remute e My Robot Friend). Il 2002 è anche l’anno in cui, mediante l’alter ego John Starlight, il producer di Monaco sbanca con “Blood Angels”, una hit in tutta Europa, nata due anni prima nei live-acts e promossa a pieni voti da Sven Väth. Desideroso di evolversi senza mai ripetersi per rincorrere il sicuro successo, Zombie Nation convince ancora, con l’electro-techno di “Absorber” e di vari singoli estratti come “Souls At Zero” e “The Cut”. Nel 2005 da Dekathlon nasce UKW, su cui appare “Päng Päng” successivamente riapparsa su Cocoon, ed è di nuovo buzz, sino alla pubblicazione del terzo lp, “Black Toys”, soluzione alchemica di electro ed house . E’ proprio UKW a rappresentare la piattaforma di lancio per le più recenti produzioni ZN (“Booster”, “Money Talks”, “Gizmode”) che riescono a trovare spazio in un mercato discografico dai gusti assai mutevoli pur mantenendo una precisa identità . Nel 2007, con l’amico Tiga fonda ZZT, ed è di nuovo successo. Oggi è tempo di “Zombielicious”, in cui il suono di Zombie Nation si evolve ancora, questa volta in una direzione indie rock, non molto distante dai modelli di Soulwax, Riot In Belgium, Yuksek, Don Rimini, Simian Mobile Disco, Shir Khan e Siriusmo. L’impronta rock c’è in “Mas De Todo” e in “Mystery Meat Affair”, ubicate idealmente tra il Vitalic di “Poney” e il rumorismo del citato John Starlight, ma non è che l’inizio. “Zombielicious” infatti non lascia tempo all’indecisione e sfila un graffio dietro l’altro. Da “Get It”, stroboscopico ritmo cadenzato dalla voce di My Robot Friend, a “Supercake 53”, una sorta di suono spavaldo post Chemical Brothers, tra chitarre, bassi disco e violini, da “Radio Controlled” e “Shottieville”, frutti di registrazioni live ed intenzionalmente non quantizzate, a “The Fact” in cui una pistola laser centra il bersaglio e fa chiasso col suo raggio colorato. Poi, se volete sapere quale forma ha la techno-funk del nuovo millennio, dovete viaggiare nelle filigrane di “Wort It” (Part 1 e Part 2), mentre se a stuzzicare la vostra fantasia c’è il funk psicotico di Justice & Co. “Filterjerks” è ciò che fa per voi. “Zombielicious” è un elaborato fitto di trame nervose e nevrotiche, rabbiose e grintose, come ben attestano “Seas Of Grease” (qui alcune escursioni funk riportano al “Leichenschmaus” del 1999) e “Forza”, ancora suonatissimo dai dj’s. Sul finale c’è “Bass Kaput”, nata sul gioco del noize e sviluppata solo in un secondo tempo sul ritmo, e “Stand By”, il più lento dell’album, una sorta di punk acido in slow motion. Tutto questo è “Zombielicious”, la nuova tappa nell’evoluzione sonora di Zombie Nation. Un lavoro che lascia riscoprire le piacevolezze dell’istintività della musica suonata dal vivo con strumenti veri, a dispetto di chi è convinto che il musicista del nuovo millennio debba adoperare solo mouse e software. Uscirà il 9 marzo.
-Arai Lazer “Rumbull Rocka” (Carizma): convertitasi recentemente al formato digitale, la label giapponese specializzata in techno-funky-house continua a promuovere il sound di Hiroshi Arai aka Arai Lazer, a poche settimane dall'”SNR753″. “Rumbull Rocka ” è un brano che rumoreggia con ritmi contrassegnati dall’uso di percussioni evidenti e con laser che tagliano la stesura in più sezioni. Il remix di Kagami pompa ancor di più il rollio dei tamburi adattandolo su un brano che suona moderno, seppur presentando connotati legati alla techno-house degli anni novanta. In “Star Dancer” si assapora meglio la vena funk che l’etichetta di Tokyo ha usato come baluardo dalla sua prima apparizione targata 2004. Meno esaltante quel “Ulka” invece, che sembra riprendere, melodicamente, l’effetto che fece conoscere al grande pubblico Roman Flügel (“Geht’s Noch?”).
-Pierre LX “Gabita” (Initial Cuts): il parigino Pierre-Alexander Simoes, dopo una manciata di apparizioni registrate tra 2006 e 2007, incide il suo primo disco da solista. Il lavoro è parzialmente influenzato da quel che hanno lasciato in eredità artisti come Ron Trent e Chez Damier: “Sketch Drive” infatti ha il tiro della vecchia, ma sempre affascinante, deep house e per questo assomiglia a quel che abbiamo avuto modo di ascoltare sinora su Drumpoet Community. Ad arricchirlo è una sana vena afro-funk. “Gabita” riaggancia in modo più evidente la passione che il francese nutre per le percussioni, sviluppando un brano che qualche anno fa, più di qualcuno avrebbe a ragion veduta definito garage. Il remix di “Sketch Drive” è di mr. Underground Quality, ovvero l’americano Jus-Ed, che rispolvera ancora le atmosfere di labels come Warehouse, Prescription e Balance abbinandole ad un vocal sample molto retro che riporta ai tempi di Romanthony, Armando, Benji Candelario e Cajmere. Buona prova per Initial Cuts, già da tempo ‘ammanettata’ a questo tipo di sonorità grazie ai contributi di Duplex 100, Eedio e [T]ékël.
-Steril “Rock The Nation” (Vokuhila): finalmente Steril è tornato. Dal suo studio di Monaco di Baviera è uscito un esaltante brano che manderà in visibilio gli amanti dell’electro breakkata, in puro stile Afrika Bambaataa ed Egyptian Lover. “Rock The Nation” nasce tra corridoi electro, divagazioni hip-hop e qualche slancio acid, e sembra il brano più adatto ad improvvisare un ballo breakdance. Ma Vokuhila pensa anche a chi necessita della cassa in 4/4 ed allora affida il remix a Lützenkirchen, tra i tedeschi che meglio si sono imposti negli ultimi anni. La sua versione è incentrata su ritmi tech-house che funzionano bene nei grandi clubs. Un ritorno più che gradito per un artista che si fece conoscere prima su Erkrankung Durch Musique ed International Deejay Gigolo, e poi su Müller attraverso il progetto parallelo Latex.
-Serafim Tsotsonis “So This Is Heaven” (Klik Records): ricordata tra le labels che più prestano attenzione al layout grafico delle proprie releases, la Klik di Atene è lieta di ritornare sulla musica di Tsotsonis, al suo secondo lp dopo “Peak” del 2006 che gli valse ottimi riconoscimenti. Reinventando il suo stile musicale, il compositore ellenico si avventura nell’elettronica più orchestrale, adoperando strumenti come pianoforti, trombe, chitarre e clarinetti come motori compositivi. Infatti “So This Is Heaven” suona come una colonna sonora di un documentario dedicato alla natura o all’arte. In quindici tracce l’artista esprime il meglio del suo istinto legato alle soundtracks, all’ambient, alla musica da camera e teatrale, al nu-jazz, al downtempo, all’acustica calda ed avvolgente in cui, solo a volte, si avverte la voglia di ballare (“Bicycles On Hudson”, “Katrin”, Is”, “She”). Musica per corpo e spirito.
-CLP feat. Kovas “Homecourt/Dip Shorty EP” (Shitkatapult): la label di T.Raumschmiere ed Apparat ci ha abituato ad un percorso, per molti inverosimile, che riesce ad unire generi apparentemente discordanti. E’ il caso dei CLP, progetto nato dall’unione tra Chris De Luca (ex Funkstörung) e Carsten Aermes aka Phon.o, inscritto entro partiture techno ed hip-hop. Sicuramente visionario rispetto al mercato attuale che richiede un minor dispendio di energie soprattutto per quel che concerne lo studio di suoni nuovi, il risultato dei CLP lascia spiazzati. “Homecourt” sembra mettere insieme Afrika Bambaataa e Fat Boy Slim, su ritmi che sfilano l’hip-hop prima maniera nel più moderno break. L’Eurodance Mix di Housemeister invece parla una lingua totalmente differente: come preannuncia il titolo della versione, i richiami al genere più in voga negli anni novanta sono svariati. Dal basso in levare al rap e all’interferenza di un telefonino. Noi italiani potremmo scambiarla per una rivisitazione della italo-progressive. Sul lato b c’è “Dip Shorty”, ruvido hip-hop tradotto in chiave booty e freestyle da Bugati Force, sullo stile spinto da Dj Maxximus su MG77.
-Ajello “Digital Spasm -An In & Out Remix Collection” (Youngodds): idolatrato da alcuni, demonizzato da altri, al file mp3 spettano anche dei pregi, come quello di poter dare spazio a musica che oggi, in vinile, non avrebbe certamente vita facile. E’ il caso della remix collection degli Ajello, nata rimaterializzando gran parte del contenuto di “Spasm Odyssey” pubblicato a fine 2006. Il percorso è fitto di sorprese, di cui alcune già apprezzate nei mesi trascorsi, ma è un bene riassumere tutto con ordine e completezza in un mosaico concepito per farci capire quanto la musica degli Ajello sia sganciata dai soliti clichè a cui l’Italia fa troppo spesso riferimento. Ed ecco scorrere la parata dei remixes e re-edit, tutti d’autore: da Nick Chacona a Lil’ Wolf, da Luke Solomon a Fabrizio Mammarella, da Reverso 68 a Tensnake passando per In Flagranti e il virtuoso Maximilian Skiba, uno dei nomi che a mio avviso andrebbero valorizzati in un mercato che sta diventando schiavo dei numeri. Gli Ajello, per fortuna, non hanno intenzione di lasciarsi incatenare in alcuna regola.
Electric greetz