Se l’Italia ha quasi rimosso del tutto la memoria per la disco dei primi anni ottanta (ribattezzata, da chi viveva oltre le Alpi, italodisco), l’Inghilterra pare essersene innamorata. A testimonianza di ciò è sia la valanga di uscite pubblicate dalla Dissident che le prelibatezze sonore tenute in serbo dall’agguerrita Cyber Dance Records. Adesso arriva anche il duo degli Heartbreak, formato dal franco-inglese Ali Renault (fondatore della citata Cyber Dance) e dal cantante argentino Sebastian Muravchix, messo sotto contratto dalla Lex Records, tra le realtà discografiche più solide della scena indie britannica, nata da una costola della Warp e ben quotata grazie ad un roster che abbraccia Boom Bip, Kid Acne e Subtle. Grazie all’electro-disco degli Heartbreak, riesce a far palpitare i cuori anche di chi è ancora attratto irrimediabilmente dalla corrente new-wave che, proprio oltre la Manica, iniziò a fermentare circa trent’anni fa. Fiumi d’inchiostro sono stati utilizzati dalla stampa internazionale (Mix Mag, I-D Magazine, NME, Vice, Vogue, Dazed, The Guardian, Daily Star) per descrivere il suono degli Heartbreak che collega gli anni ottanta al duemila: è come se i Pet Shop Boys, Bronski Beat e Soft Cell fossero stati centrifugati nei beats moderni, nelle melanconie della italodisco, e nel metallo dei Black Sabbath. L’ambiente congeniale del duo londinese è certamente quello della disco, ma che si apre e prende le forme di altri generi che la vanno a contaminare continuamente. Tutto ciò si ritrova in “Lies”, uno stupefacente album di debutto anticipato dal singolo “We’re Back” che chiarisce le idee a chi sente di averle ancora confuse. Le dieci tracce che lo compongono sono come un ponte che mettono in correlazione i Depeche Mode e Giorgio Moroder, il mondo dark al più luminoso del pop. E diviene seriamente difficile scegliere il brano più rappresentativo visto che da “Don’t Lose My Time” a “Robot’s Got The Feeling”, da “Regret” a “Deadly Pong Of Love” passa un pezzo di storia musicale, privo di compromessi di sorta. L’amante delle soluzioni retro non potrà che esultare dinanzi a proposte di eccezionale caratura come “Give Me Action” o “Living Just For Fun” dove fa capolino, dietro i tipici bassi arpeggiati, anche il funk. Un album-manifesto prezioso, estensione di ispirazioni intense e spontanee che travalicano il semplice ambito dance celebrando un certo tipo di musica non ancora morta e sepolta seppure con già un trentennio sulle spalle.
-Rebotini “Music Components” (Citizen/Modulor): in un periodo come questo in cui molti teorizzano la rivoluzione digitale parlando dell’mp3 che scalza il supporto fisico (vinile, cd) e di programmi software come uniche vie di produzione, c’è ancora chi considera gli strumenti analogici come veri motori di un suono dinamicamente perfetto. E’ il caso di Arnaud Rebotini, per anni serioso protagonista con Ivan Smagghe nei Black Strobe (pare proprio che si siano sciolti) che, nel suo primo album da solista, intende condividere con l’ascoltatore l’esperienza in studio. “Music Components” si schiera contro la dematerializzazione attuale della musica elettronica, spesso ridotta al semplice concetto di ‘tool’ ispirato da strumentazioni virtuali che scorrono nei laptop e che si azionano col click del mouse. Nel suo lavoro invece Rebotini armeggia con cavi di alimentazione ed interfacce MIDI per mettere insieme i suoni di Juno-2, Juno-60, JX-3P, JX-8P, SH-101, TB-303, TR-707, TR-808, TR-909, Mono/Poly, ARP Odyssey, E-Mu SP 1200 ed un Sequential Circuit Pro One. Vi assicuro che nelle dieci tracce presenti si sentono tutti, indistintamente, come a voler esprimere al meglio le potenzialità di ognuno di essi. In “1314” trovate l’energia dell’electro-techno, un tempo icona distintiva della scuola francese, in “The Swamp Waltz” e “Decade Of Aggression” l’animo delle variazioni tonali, in “Horns Of Innocence” il risvolto dark, in “Conakry Filter Sweep” e “777” le attuali influenze berlinesi, in “Mnll” il puro romanticismo. C’è un pò di tutto in “Music Components”, un disco che fa ballare e che suona alla grande, anche per merito di un perfetto mastering a firma Moritz Von Oswald (ossia Maurizio dei Basic Channel).
-DMX Krew “Bass Drop EP” (Turbo): forse saranno in pochi a ricordare la sua “Seedy Films” (cover dell’omonimo dei Soft Cell) apparsa nel 2002 su White Leather, ‘sorella nascosta’ di Turbo. Dopo ben sei anni DMX Krew ritorna tra le braccia di Tiga, questa volta proprio su Turbo, con un extended play che paga l’ispirazione alla scena musicale di un ventennio addietro. “Bass Drop” è acid-house, con influenze hip-hop di fine anni ottanta, anche per uno slogan classico in quegli anni (ossia drop the bass). “Texture Mapping” parla, in sostanza, la stessa lingua e si presenta come un brano da ballare con la spilla rotonda a forma di smile assicurata sul chiodo in pelle nera. Poi, avanzando tra sinistre velature electro e ritmi marcianti sui 4/4 (“Radio Bliss”), si raggiunge la più delicata del lavoro, “December Darkness”, un concentrato deep-house che rivela un volto piuttosto insolito per il poliedrico artista inglese che bazzica, da sempre, ambienti vintage-electro-retro.
-TJ Kong & Nuno Dos Santos feat. Robert Owens “Compost Black Label #040” (Compost): brano trainante di “Night-Time Stories” e pubblicato giusto un anno fa sul #29 della stessa saga, “Merging” viene rivisto in tre nuove versioni adatte allo scopo della rinnovata Black Label, maggiormente rivolta ad un frangente deep. La versione dei Beanfield riassume velocemente quel che accade oggi tra house e techno, ricamate finemente ed insaporite da una chiara vena soul. Jay Shepheard invece predilige rintocchi afro-cosmic-disco, ma sempre adagiati su una house balearica molto sognante. Più clubby è la rivisitazione di Motor City Drum Ensemble, raffinata house music di nuovo millennio forgiata su ricordi dei primi anni novanta.
-Christian Fischer “Bryzant Games” (Definition Records): tra gli artisti tedeschi che un tempo venivano definiti ‘hardgroove makers’, Christian Fischer è alle prese col suo primo album. “Bryzant Games” esplora il mondo del post-groove, sebbene nella sua interezza sia marchiato a fuoco dal flusso ciclico del loop. E, si sa, loop equivale a ritmo. Le varianti però nel suo elaborato sono tante e mostrano quanto sia multisfaccettata la realtà in cui il dj-producer di Leipzig trova spazio. La voglia di osare e superare lo steccato della tech-house vive anche grazie al coinvolgimento della cantante hip-hop Sabrina Setlur (in “I Like It”) e dell’alfiere del break britannico Hybrid (in “I Know”). Ma “Bryzant Games” non termina qui: “Witch” brilla di luce propria sebbene sia un derivato della techfunk napoletana di Carola o Parisio. Simile è “Othilie”, ravvivata da vocals (tassello inedito per la musica di Fischer). Più diretta ad una singolare electro-techno-house, rafforzata da linee trance, è invece “Tribez”. Prodotto insieme a Marcos Santos alias Dj Murphy, la stella della techno brasiliana che proprio Fischer scoprì e lanciò nel 2003, “Bryzant Games” nasce dalla techno e viene contaminato con suoni eclettici e moderni che lo rendono più accessibile rispetto a pubblicazioni passate. In definitiva ci troviamo di fronte ad un lavoro piacevole da poter gustare anche quando si è alla guida della propria auto.
-Codec vs. Sven Zalac/Sebastian ‘Freak’ Nicolai “Zurück Auf Anfang EP” (Vokuhila): l’etichetta berlinese per cui ebbi il piacere di rilasciare un EP giusto due anni fa, si rifà sentire con un progetto che mette i piedi nella tech-house e nella techno più impetuosa. “Run” di Steel & Block, nel remix di Codec vs Sven Zalac (l’originale è del 2005), risente dell’influenza di quella techno-house rumorosa che trovò negli Alter Ego l’imput per esporsi al grande pubblico. “Fuck”, che Sebastian Stahl alias Steel produsse nel 2002 per la Taigatrommel, viene riletta da Sebastian ‘Freak’ Nicolai attraverso una techno ‘rotonda’ che i tedeschi amavano produrre giusto otto anni fa, coi loops stretti in una morsa e con vocals che mi ricordano il Dj Rush più battagliero. Ultima è “Nachtmensch” dello stesso Nicolai, che interseca techno e funk attraverso un certosino lavoro di editing, paragonabile per tecnica a Justice o SebastiAn, ma privato dell’essenza noize. Forza Vokuhila!
-Voodoo J “Dou Bubble” (Elektrotribe): dopo “Crazy Night” uscito durante lo scorso febbraio, Voodoo J continua a gonfiare i grooves con “Dop Dop”, un brano di cui è facile evidenziare una certa fluidità del movimento ritmico ed un perfetto bilanciamento tra house e techno. Più rotolante, come una palla di plastica, è “Cheri Cheri”, mentre trovo spumosa la materia di “Mouss Mouss Mouss”. Poi, insieme a Moog Conspiracy, si inventa l’oliosa “Dubblegum” ed infine lascia remixare “Dop Dop” al sempre bravo Harnessnoise (tra i migliori della scuderia Elektrotribe) in chiave techno e al meno noto Datensi che si orienta al rumorismo e al glitch.
-Maja “If You Love Me Tonight” (Nature): singolo-sorpresa questo della svedese Maja, prodotta da Mario Pierro (Raiders Of The Lost ARP) e Marco Passarani. Accennando chiaramente all’italodisco plasmata nel solco delle procaci e prorompenti Sabrina Salerno e Samantha Fox, “If You Love Me Tonight” suona che è una bellezza, tributando ciò che gli italiani seppero fare meglio negli anni ottanta. Il remix di Passarani smussa i lati riducendone l’impatto e la componente italo congiungendosi alla house di Chicago. Adesso la principessina della disco innevata, Sally Shapiro, avrà qualcuno con cui contendersi (pacificamente) lo scettro.
-Various “Compost 300 – Freshly Composted Vol. 3” (Compost): sono davvero poche le etichette indipendenti in grado di tagliare un traguardo importante come quello delle trecento releases. Ciò accade perchè nel corso degli anni di attività mutano sia i gusti del pubblico che i trends del mercato ed è quindi impresa ardua riuscire a mantenere il giusto equilibrio. Ma Michael Reinboth e la sua Compost, come direbbe il buon Guido Meda, c’è. Dopo quattordici anni di ininterrottà attività ed oltre duemila tracce pubblicate, la label di Monaco spegne trecento candeline evidenziando, per l’ennesima volta, il suo mondo sfaccettato fatto ora di jazz e poi di soul, ora di techno e poi di pop, ora di cosmic e poi di bossanova. Ben undici delle tredici tracce sono inedite: da Marbert Rocel ad Alif Tree, da Sistars ad Eddy meets Yannah, da Karma a Beanfield ed ancora Ben Mono, Robert Owens, Wojtek Urbanski, Alex Attias e Shahrokh SoundofK, tutti insieme per festeggiare nella migliore delle maniere Compost, tra le poche a reggersi unicamente sulla propria filosofia di vita e dando peso marginale a ciò che il mercato vorrebbe consumare passivamente.
Electric greetz