#208 -L’album di Dynamik Bass System

Ci sono dischi che non andrebbero mai confusi con la massa. “The Mighty Machine” di Dynamik Bass System è uno di questi. Schierandosi contro l’incedere del tempo, scavando nell’old-school (quello vero) e mai scimmiottandolo, Thomas Werner vorrebbe eternare l’età dell’electrobeat suonata e ballata acrobaticamente sui marciapiedi delle grandi strade di New York o Los Angeles. Il suo album fotografa l’età di Afrika Bambaataa, di Egyptian Lover, di Arabian Prince, di Hashim e di tutta quella scena che risponde al nome di electrofunk a cui successivamente diede manforte anche Dr. Dre col suo g-funk. Werner potrebbe essere scambiato per un visionario dell’electro old-school per eccellenza, tra i pochi che nel 2008 continuano a credere ancora ciecamente nella branca robotica dell’hip-hop, frugando nei suoni di equipments da collezione e ricreando le ambientazioni tematiche della science-fiction (la fantascienza). “The Mighty Machine” è un piccolo-grande gioiello, imperturbabile nel tempo, un futuro cimelio per chi lamenta la cronica assenza dei Kraftwerk. Werner, dal suo studio vintage di Monaco, forse è già consapevole di essere riuscito ad allungare l’esistenza di un sottogenere che negli ultimi tempi, proprio per colpa dei tedeschi, sta andando in frantumi. “The Mighty Machine” parte così come l’artista aveva iniziato la sua carriera nel 1998 (fu messo sotto contratto da Dj Hell per l’allora giovane e quasi esordiente International Deejay Gigolo): “Arabian Dreams”, riproposta in un’inedita Final Mix, apre la strada maestra della sua techno-bass in cui riecheggiano i suoni di strumenti storici come Tr-808, Tr-727, Tr-606, MPC-60 DMX, SP12, Jupiter-6, Juno 60, Prophet 5, Memorymoog Matrix 12 e Jupiter 8, imperniati su temi futuristici come robotica applicata alla vita quotidiana, computer e ricerche spaziali. Ed ecco scorrere i titoli, due in più per chi si accaparra la versione in cd (“Electronic”, già sul Gigolo #14 del 1998, e “We Are Binary (But We Have Human Needs)” estratta dal catalogo Dadeabass). Per il resto è un vero spasso, tra vocoder, metriche sincopate e profumo di storia (c’è anche un remix di “Innovator” di The Arabian Prince). Se siete fortunati a trovare la Deluxe Edition potrete vantare due vinili colorati ed un mega poster. La Dominance Electricity, tra le etichette leader del genere in Germania, ha pensato davvero a tutto.

-Various “What We Did & What We Do” (Stil Vor Talent): sono successe molte cose ad Oliver Koletzki da quando, nel settembre 2005, fondò Stil Vor Talent quasi per gioco. Lo stratosferico successo di “Der Mückenschwarm” ha influito in modo certamente non marginale nell’affermazione di un marchio che, dopo tre anni di fremente attività, si pone come punto d’incontro tra stili (techno, house e le loro infinite varianti). Ed ecco la prima collection per la giovane label berlinese, nata per celebrare il suo terzo compleanno. Come preannuncia ottimamente il titolo, la raccolta è volta ad evidenziare quello che è stato fatto in un recente passato e quello su cui si lavora oggi. Koletzki mixa le sedici tracce del ‘What We Do’ (Animaltrainer, H.O.S.H., David Keno, Lexy, Format: B, Lützenkirchen ed altri) mentre spetta all’amico Florian Meindl il compito di radunare e mixare quei brani che, nel primo triennio di attività, hanno funzionato di più (a scorrere sono le musiche di Channel X, Dizko Toaster, Jürgen Kirsch e molti dello stesso Koletzki). Happy birthday.

-The Beat Broker “My Way Or The Highway” (Flexx): la disco-house di The Beat Broker torna su Flexx, dopo l’avventura del 2007 intitolata “Light Up The Night”. “My Way Or The Highway” ha la sensibilità della disco hi-nrg del compianto Patrick Cowley (a me sembra liberamente ispirata da “Menergy”), con percussioni conficcate nei beats, basslines rotolanti e melodie giocate sulla keyboard. “Night Shift” ricalca la disco melanconica che svariate labels dell’Europa del Nord amano pubblicare da qualche anno a questa parte, rendendo omaggio alla ‘nostra’ italodisco. Il remix di “Night Shift” ha un suono più pompato grazie al tocco di John Daly che continua a dividere le ispirazioni con l’hi-nrg d’oltreoceano nata quasi trent’anni fa. Esce a metà ottobre.

-Moguai & Zenker “Diamond Back” (Blu Fin): impegnata da anni nel concedere spazio al filone nato sull’asse techno-house, la Blu Fin si assicura un’altra probabile hit. A produrla due tra i nomi più di spicco del mainstream tedesco, André ‘Moguai’ Tegeler e l’instancabile Ramon Zenker. “Diamond Back” macina al suo interno influenze electro-house, con un riff che pare ispirato da un classico (“French Kiss” di Lil’ Louis) mentre “Ray” imbocca la via della neo-trance, su melodie bloccate in ritmi imperiosi. Due i remix di “Diamond Back”: quello di Andrea Doria, un tool aperto progressivamente da suoni deep, e quello di Pierce in cui si riscoprono percussioni latine. A chiudere è la rivisitazione di Oliver Koletzki che effettua una sorta di mash-up tra i due brani scomodando molte melodie ed addirittura un pianoforte che rende il tutto più imprevedibile del solito.

-Lee Holman “Travelling EP” (Mowar): il secondo appuntamento con la nuova label di Franco Cangelli vede come protagonista Lee Holman. Lasciandosi alle spalle il “Phonetics EP” sulla label di Russ Gabriel (la ritrovata Ferox risorta dopo un lungo periodo di assenza), Holman continua il discorso affrontando la tematica del viaggio (verso Detroit a giudicare dal sound): e così ecco sfornate quattro emozionanti tracce-percorsi (“Depart”, “Transit”, “Arrival” e “Return”) che partendo dalla sinuosa deep-house toccano ordinatamente le influenze della house d’oltreoceano, quegli strascichi stilistici a cui oggi più di qualche nostalgico fa ancora riferimento. Il loop qui gioca da padrone, circolare, roteante, ipnotico, spesso pilotato da una veloce quanto bastarda 909, punto di sutura tra ritmo e percussioni, melodie accennate e vigorosi incastri di grooves. Un disco per marciare.

-Mr. James Barth “Workin’ The Truth” (Turbo): dopo essere tornata sulla bocca di tutti grazie ai remix 2008 di “Sunglasses At Night”, la label di Tiga pubblica uno dei dischi più frizzanti del momento con l’intento di far riscoprire la musica di uno dei nomi storici della techno del Nord. Icona della Plumphouse alla metà degli anni novanta, Cari Lekebusch vede riapparire quattro delle sue migliori prove uscite oltre dieci anni addietro, come “Workin’ The Truth”, convincente deep-techno, crocevia di linee melodiche che tanto ricordano il primo Juan Atkins nelle vesti di Cybotron. In “Won’t Play The Game” invece si tange da vicino l’electrofunk con tanto di vocoder: ciò dimostra quanto sia grande l’estrosità e la capacità del producer svedese di passare con impareggiabile dimestichezza da un genere all’altro senza mai banalizzarne il contenuto. Poi “Deepest Thought”, a ricordare i giochi ritmici apparsi per anni su labels di culto come Drumcode, Hybrid, Jericho ed H. Productions, e “For The Lords” in cui ritorna vivo l’amore per l’electro attraverso un massiccio uso di vocoder. Una rinascita quella di Mr. James Barth, a quasi dieci anni dalla sua ultima apparizione, seppure effettuata per mezzo di brani già editi e prelevati dai cataloghi Svek e DJUPT.

-Viermalair “00Sex” (Styledriver): uno stiloso follow-up di “360” è quello realizzato dai Viermalair (René Richter e Ronny Radunz) per l’autunno del 2008 che ci apprestiamo a vivere. “00Sex” è deep-techno, raffinata ed elegante, come più piace oggi alle folle tedesche, ‘viaggiosa’ e rotta in più punti da suoni alla Azzido Da Bass e da vocalizzi in lingua nipponica. La Dope Up Mix invece è più pacata e tendente alla deep-house, nel perfetto stile di Steve Bug. In mezzo infilano anche la Chordhosen Mix di “Frottee Girl” che mi ricorda il Beroshima dei primi tempi, con ottimi basslines levigati pronti a far sudare. Il vinile racchiude una quarta traccia non contemplata nei crediti che assomiglia ad un tool destinato ai dj’s più creativi.

-Housemeister “Who Is That Noize Remixes” (All You Can Beat): continuando a sfruttare l’onda del successo raccolto con l’album edito prima dell’estate, ecco una parata di remixes che assicureranno al buon Martin Böhm un pò di longevità nelle charts di vendita. Sparse su due vinili e raccolte in un cd in uscita a metà ottobre, sono le versioni inedite di brani già abbastanza cool nelle loro Original Mix (“What You Want”, “We Like Arpeggiator On”, “Inordertodance”), tutti rivolti ai suoni del vecchio Commodore 64, all’electro ad 8 bit, ad una sorta di neo-ebm e noize-techno, parzialmente influenzata dallo stile francese lanciato anni fa da Pedro Winter e dalla sua Ed Banger. Siriusmo, Boys Noize, CLP (ossia Chris De Luca e Phon.o), Toktok, Dirty Doering, Alexander Kowalski, Neo Filigrante i prescelti. Sebbene arrivi da Berlino lo trovo uno dei dischi ‘meno berlinesi’ del momento.

-Various “Cocoon Morphs Tokyo” (Cocoon Recordings): Cocoon è un nome che non necesita di presentazioni, e molti concorderanno nel definirla una delle labels tedesche che riescono a fare, insieme a poche altre, il bello e il brutto tempo di stili e producers. Con questa ennesima raccolta, con cui stipula una sorta di gemellaggio col Womb club, icona delle notti ballerine di Tokyo, si sfoderano sette brani che ben rappresentano l’attuale trend tedesco smussato nelle sue sfaccettature. Dalla dark-progressive di Gerber & Kalbata alla tech-house dei fratelli Tiefschwarz, dalla deep-techno di Pig & Dan alla microhouse di Schneider & Galluzzi, dal minimal di Ricardo Villalobos alla deep-house di David K per finire su “S’kränkt” di Väth & Rother in cui un ritmo molto simile a “1-2-3-4 All The Ladies On The Floor” di No Sukkaz (1995) marcia sui classici suoni rotheriani ma trattati in modo più essenziale. Tutti i brani sono rintracciabili oltre che su cd anche in vinile, attraverso tre 12″ usciti nelle passate settimane.

Electric greetz

DJ GIO MC-505

Giosuè Impellizzeri

Giornalista musicale, consulente per eventi, reporter per festival internazionali, produttore discografico, A&R e promoter per una label, autore della colonna sonora di un videogame, autore di un libro dedicato alla Dance anni Novanta, selezionatore e redattore di shows radiofonici, Dottore in Beni Culturali: tutto in uno. Giosuè Impellizzeri da un lato, DJ Gio MC-505 dall'altro. Le prime recensioni appaiono su una fanzine, nel 1996. Dopo quattro anni inizia il viaggio che si sviluppa su testate cartacee e sul web (TheDanceWeb, Cubase, Trend Discotec, DiscoiD, Radio Italia Network, TechnoDisco, Jay Culture, Soundz, Disc-Jockey.it, Basebog, La Nuit, Jocks Mag, AmPm Magazine). Ogni anno dà vita ad oltre seicento pubblicazioni, tra articoli, recensioni ed interviste realizzate in ogni angolo del pianeta. Tutto ciò gli vale la nomina, da parte di altri esponenti del settore, di 'techno giornalista', rientrando tra i pionieri italiani del giornalismo musicale sul web. Nel 2002 fa ingresso nel circolo dei DJs che si esibiscono in Orgasmatron, contenitore musicale di Radio Italia Network, proponendo per primo in un network italiano appartenente alla fascia del mainstream un certo tipo di Electro, imparentata con la Disco, il Synth Pop e la Techno. Nel medesimo periodo conduce, per la stessa emittente e in particolare per il programma di Tony H e Lady Helena, la rubrica TGH in veste di inviato speciale alla ricerca di novità musicali provenienti da tutto il mondo. Per quel che concerne la sfera della produzione discografica, dopo le demo tracks realizzate nella seconda metà degli anni Novanta, incide il primo EP tra 2001 e 2002, "Android's Society", che contiene "Commodore Generation", remixata dai finlandesi Ural 13 Diktators, finita nella top-ten dei più suonati sulle passerelle di moda milanesi e supportata da nomi importanti tra cui Tampopo, David Carretta, Vitalic, Capri, DJ Hell e Romina Cohn. La storia continua con altre esperienze, vissute prima tra le mura della H*Plus di Tony H ("Tameshi Wari EP" e "Superstar Heroes EP") e poi tra le fila delle tedesche Vokuhila ("Engel Und Teufel EP", con "El Diablero" remixato dagli Hong Kong Counterfeit e Maxx Klaxon), 38db Tonsportgruppe ("Borneo EP", col remix Electro Disco di Chris Kalera) e della slovena Fargo (col rombante "Technomotor EP"). Dal 2005 al 2008 affianca Francesco Passantino e Francesco Zappalà nella conduzione della Tractorecords e della Laboraudio, digital-label concepita come laboratorio di musica finalizzata alla valorizzazione di artisti appartenenti al sottobosco creativo. Poi collabora col bolognese Wawashi DJ (oggi nel chiacchierato progetto Hard Ton) per "Gary Gay", si lascia remixare dallo svedese Joel 'Jor-El' Alter ("Stroboscopic Life"), partecipa al "The Church Of Pippi Langstrumpf" su Dischi Bellini e viene invitato dall'etichetta berlinese Das Drehmoment a prendere parte al progetto "Rückwärts Im Uhrzeigersinn" insieme ad altri artisti di spessore internazionale tra cui Kalson, Replicant, Makina Girgir, Starcluster e Polygamy Boys. Nel 2010, dopo nuove esperienze discografiche ("Gaucho", su Disco Volante Recordings, coi remix di Gabe Catanzaro, Hard Ton, Valyom & Karada, Midnight Express e Bangkok Impact, e "The World In A Pocket EP", su Prodamkey/Analog Dust, avvalorato dalle versioni di -=UHU=-, Alek Stark, Downrocks, Snuff Crew, Gesloten Cirkel e Metacid), diventa free lance per DJ Mag Italia, versione italiana della celeberrima testata editoriale inglese dedicata alla musica elettronica e alla DJculture. In parallelo fonda, con l'amico Mr. Technium, la Sauroid, etichetta che si propone come punto di raccordo e diffusione di diversi stili tra cui Acid House, Italo Disco, Electro, Nu Rave e Chiptune.

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