Tra le prime ad esplorare in lungo e in largo il segmento offerto dall’intersezione tra suoni elettronici e ritmi house, la Moonbootique dei Moonbootica rilascia la compilation ideata da Ante Perry, uno dei suoi più validi alfieri. Nativo di Dortmund, al tedesco piace il groove e le melodie essenziali pur non disdegnando i ritmi minimali e le evoluzioni vissute in ambito deep. Nel primo cd di “Flashing Disco Sounds” cerca di ricostruire al meglio il suo tipico show portato nei clubs di tutta l’Europa, ricamandolo intorno ai brani di Burnsky, Ryo Murakami, Stereotyp, Johnny D, Vincenzo, Joris Voorn, Prompt, Heiko Laux, Namito, Ilario Alicante ed Oliver Klein. Nel secondo invece, l’unmixed, seleziona diverse anteprime e tracce espressamente prodotte per il progetto: tra le tante “Walthervondervogelwede”, “Symbiose” ed “Affentanz” realizzate con Tube & Berger, “Mutant Rebellion” in coppia con Babylon Robots, “Jay” e i remix per “Plutonium Boy” di Maniax e per “Infinito” dell’italiano Elia Cassetti Orchestra. Fluente nella tecnica e godibile nello stile: si sintetizza così “Flashing Disco Sounds” di Ante Perry.
-Sasse “Toinen” (Moodmusic): è uno dei fantasisti dell’house moderna e in dieci anni è riuscito a fare della sua Moodmusic più di una semplice piattaforma musicale. Cavalcando l’amore per la funk-disco, il neo minimal e l’electro-house, il finnico trapiantato a Berlino incide il nuovo lp, il secondo dopo il fantastico “Made Within The Upper Stairs Of Heaven” del 2006 che frugò a fondo nell’italo e nella space disco. Ora “Toinen” (che in finlandese significa proprio “secondo”) Sasse pare passare prima da Detroit: in dieci esaltanti tracce sfodera tutta la sua passione per la musica dei loops mantenendo costante l’attenzione per melodie e per evoluzioni su tasti bianchi e neri. Essenzialmente il lavoro si divide in quattro settori: quello dai riferimenti all’italo-disco (“Take Me To Bologna”, “Poneloya”), quello dalle rimembranze anni novanta (“Wrapper”, “Clemens”, “Fly”), quello del funk elettrico (“Friday Sessionz”, “Berlin”, “Break Up”) e quello della deep-house (“New Sun Day”, “Big”). Musica globale, priva di pregiudizi e di limiti stilistici. Peccato che in circolazione ce ne siano pochi della stessa caratura.
-Cloned In Vatican “Disco Volante” (Disco Volante Recordings): appassionato di cosmic sound, nu-disco, italo revival e tutto ciò che strizza l’occhio agli anni ottanta, Cloned In Vatican fonda la sua label inaugurandola (ovviamente) con una propria produzione. Ed ecco “Disco Volante”, sequenzata su percussioni afro ed un bel disegno di basso funky rotondo che cinge sbuffi disco e nostalgiche aperture new-wave. Il remix dei Midnight Express (Andrea Frittella e Claudio Mastroddi) evoca sensazioni immerse in gorghi più danzerecci, forse per una cassa dannatamente marcata ed un bassline che riversa al suo interno cascate di percussioni e melodie sbriciolate su romantici pads. Un disco che avanza nei territori già conquistati da Radius, Internasjonal, Full Pupp, Amplified Orchestra, Bear Funk, Mule Musiq, Eskimo, Permanent Vacation e da tutte quelle strutture che pensano al futuro tenendo l’occhio (e l’orecchio) sul passato.
-Cybonix “Cybonix Groove” (D-Bass Records): è sempre un piacere parlare di dischi come quello di Cybonix, primo perchè chi ama un certo tipo di electro necessita di produzioni come questa, secondo perchè i loops con cui i tedeschi hanno monopolizzato il mercato discografico degli ultimi anni mi hanno decisamente stancato. Apprezzato qualche tempo fa per un’apparizione condivisa tra Clone e Frustrated Funk (“Make This Party Live”), Cybonix incide quattro tracce che dividono la parentela con la vecchia electrobeat degli anni ottanta, coi vigorosi ritmi sincopati e con taglienti linee di basso che tanto ricordano l’Eargoggle su Stilleben e Bunker. Questa è pura electro-bass, spavalda e priva di limitazioni imposte troppo spesso dai trends europei. Qualcuno lo descrive già come una delle rarità future, anche per via della stampa limitata.
-Francky Ride “EP” (Valiza Tools): non ho ancora ben capito quale sarà il titolo definitivo del nuovo di Franck Raveau ma di fronte ad un prodotto di tale fattura, questo rimane solo un trascurabile dettaglio. Nata come net-label nel 2004, la Valiza Tools è alla sua seconda esperienza vinilica (dopo un EP del 2005) affrontata con sana caparbietà di portare avanti un discorso musicale indipendente da mode effimere del momento. “Trem” è techno-electro, disturbata (positivamente) da interferenze industriali alla Justice. “Arp” invece suona esattamente come i vecchi Lab Insect, David Carretta o Paul Nazca, lasciando filtrare sotto i mosaici ritmici ruvide linee di basso. “Raum” sfila nel deep, col numero dei bpm moderato ed un involucro timbrico soffuso. Ancora più cinematico ed ancestrale è “Casinia”, in cui più di qualche appassionato potrebbe intravedere riferimenti al suono di Danny Wolfers.
-Motorcitysoul “Technique” (Simple): pionieri della deep-house nata in quel di Francoforte, i Motorcitysoul (Matthias Vogt e Christian Rindermann) escono con il loro secondo album, a quattro anni da “Did You Expect That?”. Frutto di sei mesi di intenso lavoro, “Technique” mette insieme voci, melodie e ritmi, ricordando in più di qualche sporadico caso la garage statunitense (provate a dire il contrario dopo aver ascoltato “Deliver Me”, “Change You” o “Movement And Motion”). Ma non si tratta certamente di un album retro imperniato su suoni che potrebbero apprezzare solo i più grandi: nella già nota “Space Kätzle”, incentrata sull’uso dell’arpeggiatore, o nelle potenti “Kazan (Exit Cube)” e “The City”, il duo tedesco dimostra ampiamente di essere aggiornato su ciò che si balla oggi nei clubs europei. “Technique” riserva altre sorprese, come “Solar”, “Hermelin” e “Hyz”, ispirate dal suono etereo di Brian Eno e Vangelis. Un lavoro che resta sospeso tra sogno e realtà .
-Catz’n Dogz “Stars Of Zoo” (Mothership): sino a qualche tempo fa si facevano chiamare 3 Channels e i loro dischi apparivano regolarmente su labels come Crosstown Rebels, Trapez, Dirtybird e Trenton. Poi i polacchi Grzegorz ‘Deeop’ Demianczuk e Wojciech ‘Ketiov’ Taranczuk hanno deciso di reinventarsi attraverso un nuovo alter-ego (al momento non si sa ancora se ciò equivarrà ad un parziale o completo oscuramento di 3 Channels) incidendo un album (sulla ‘sorella’ di Dirtybird, nota per il chiacchierato “Viktor Casanova” degli Italoboyz) che abbraccia deep-house, minimal-techno ed ambientazioni cinematiche. A loro piace parlare di ‘canzoni’ e non di ‘tracce’ e, a dire il vero, ascoltando un brano come “Sunset In The East” non si può certo dargli torto. Per il resto il duo polacco ci consegna un lavoro ordinatamente posato su intricati nodi percussivi e suonini digitali che fanno di “Stars Of Zoo” un lavoro che rispetta la techno di ieri e che la adatta alle piste di domani. Ne sentiremo parlare.
-Octogen “The Journeyman” (Soma): entrambe estratte dal recente “Gindofask” di cui parlammo apertamente qualche settimana fa (leggi Electronic Diary #204), “The Journeyman” e “Square Bells” trovano completamento nel nuovissimo 12″ pubblicato (naturalmente) dalla scozzese Soma. Orlando Voorn, pilastro della detroit-techno made in Holland, mantiene inalterato il feeling della versione originale ma enfatizzandone in modo poderoso il telaio ritmico. Su “Square Bells” si (ri)mette al lavoro lo stesso Marco Bernardi per una Disease Mix che ha il sapore dell’electro di Detroit, tanto vicina a ciò che qualche anno addietro ci proponeva con più frequenza Gerald Donald nelle vesti di Der Zyklus o Heinrich Mueller. Chiude la Key West Mix di Gosub, una ricostruzione piena di riferimenti electrofunk che giunge dalla Miami meno house e più sperimentalista nella combinazione di suoni e ritmi.
-Paul Brtschitsch “Bridge Itch” (Wolfskuil Records): il ritmo continua a costituire il motivo conduttore delle releases dell’artista tedesco che sino a qualche anno fa formava, insieme all’amico André Galluzzi, il grintoso duo dei Taksi. Riconoscibile per un cognome davvero impronunciabile (il titolo del disco ci viene incontro per leggerlo quasi correttamente), Paul Brtschitsch incide due nuove tracce per la Wolfskuil, la label olandese fondata da Darko Esser e Ger Laning. Simili nel concetto ma non passivamente replicanti nella scelta dei suoni, i brani sono permeati di funk, house e techno (“Parkett”), ben saldati tra loro e sorretti da una stesura intelligente. La componente funk è enfatizzata in “Bellaphonica” rammentando tutto ciò che qualche tempo addietro proponevano i napoletani (Carola, Parisio, Squillace, Cerrone, Vigorito) nelle proprie creazioni-tools. Ipnotico e meno invasivo rispetto alla techno del passato, è un disco che fa ballare piacevolmente.
-Andrea Festa “The Sound Of Lugano” (AF Records): ammirevole progetto questo dell’italo-svizzero Andrea Festa che raccoglie in un cofanetto di due cd’s le sue tracce e i remix affidati a nomi di tutto rispetto. Tutto inizia dalla deep-house e dalla deep-techno di chiare matrici statunitensi (“Bora Bora”, “Relax”, “Vicari Street”, “Alterego”) ma pian piano ci si sposta verso influenze acid (“Palace Motel”, “The Sound Of Lugano”) e verso i loops intricati di Terrence Dixon, il minimalismo ipnotico di Max Durante, la frenesia ritmica di Dj D.U.N.E., le curve flangerate di Mr K-Alexi, i tunnel subliminali di Houz Mon sino a lambire la house storica di Mike Dunn. Un’esplorazione della techno e della house a 360 gradi.
Electric greetz