Annunciato già da vari mesi, il secondo volume di “Elaste” arriva finalmente nei negozi. Il precedente, curato da Mooner, ha spianato la strada dei ricordi ed ora la missione prosegue. L’arduo compito di radunare e mixare, nella migliore delle maniere e soprattutto in un tempo relativamente breve (poco più di un’ora), è di Tom Wieland, partner di Marc Frank in storici progetti del passato come 7 Samurai o Panoptikum. Il punto d’inizio è sempre lo stesso, ossia il suono moroderiano che, alla fine degli anni settanta, smosse il mercato mondiale mischiando le influenze statunitensi di Motown e del soul all’elettronica tedesca più plastica, futurista e già slanciata nel mondo dei computer. “Elaste” è un progetto che rovista nei classici ‘sotterranei’ di un tempo, evitando però di confonderli con gli evergreen che si suonano tuttora nelle balere di mezzo mondo. Qui c’è un pò di tutto se si pensa alla underground-disco, alla kraut-electronica, alla proto-techno, all’euro-boogie o alla new-funk-wave, stili che in Italia ebbero modo di ritagliarsi una scena nei clubs grazie a Daniele Baldelli, oggi considerato l’iniziatore del ‘cosmic sound’. Erano gli anni della guerra fredda ma l’URSS fu capace di consegnare allo scenario musicale un progetto lodevole come Zodiac, il primo passo verso l’euro-disco. Zodiac è, non a caso, il brano che apre la ricca tracklist di “Elaste Vol. 2”: a seguirlo “Rebel On The Run” di Selection, progetto tutto italiano (della rinomata scuderia Full Time), “Take Time” di Jagg, “Blow You Out Tonight” di Hippolytes, “Que Tal America” di Two Man Sound, “Sundance” di Curt Cress e tanti altri tra cui vale la pena citare Leb Harmony, chiaramente infatuati dalla computer-disco di Moroder, Alan Hawkshaw, un pazzesco elaboratore di electro-boogie-funk, e la coppia Rufus/Chaka Khan con uno dei brani che chiusero l’epoca cosmica agli inizi dei novanta. Un grande lavoro di ricerca e cultura musicale si cela dietro “Elaste”, naturalmente pubblicato dalla Compost di Michael Reinboth, tra le labels più attente a preservare il suono di ieri per trasmetterlo, correttamente, ai posteri.
-Alpha 606 “Electrónica Afro Cubano” (Interdimensional Transmissions): nato a Miami da genitori cubani, Armando Martinez tenta, a tre anni dallo splendido “Computer Controlled”, di coniare un nuovo ceppo musicale che possa, in qualche modo, interfacciare l’electro più purista al calore dell’afro. Un combo più difficile da spiegare a parole che da ascoltare visto che il suo “Electrónica Afro Cubano” parla chiaro attraverso “Samborg” o “Ciudad Debajo” in cui le classiche percussioni dei balli caraibici vengono sovrapposte agli hihats della 808, a linee acide di synths e ad effetti tipici della musica prodotta con le macchine. Più rinchiusa in steccati cibernetici, tipici del mondo Interdimensional Transmissions, è invece “Anarchy In Cuba”, incalzata da “Guajiro” (forse la più bella di tutto l’e.p.) col suo avvicendarsi sonoro platealmente electro funk. In fondo al corridoio “Pressurized City” germogliata sui ricordi della vecchia electro di Detroit. Che sia l’inizio di un nuovo percorso per la musica electro?
-Aa.Vv. “Death Before Distemper 2 -Revenge Of The Iron Ferret” (DC Recordings): naturale seguito al volume 1 pubblicato nel settembre del 2006, “Death Before Distemper” rappresenta il culmine di una rovente passione per la musica alternativa, ora funk, ora rock, ora ambient. Uno sfoggio di cultura e background artistico insomma, per far capire a chi ascolta di non avere a che fare col classico progettino ideato e realizzato in quattro e quattr’otto. A prendere parte sono nomi che, con l’improvvisazione, hanno poco a che vedere: da The Emperor Machine a Booze, da And The Lefthanded a The Oscillation, da Depth Charge a Kelpe passando per i Padded Cell, gli Astral Manhole Project e i Bot’Ox in cui figura un Cosmo Vitelli più raffinato del solito. Qui si mastica disco cinematica, krautrock, ambient, slow-electro, dub, downtempo, generi che la massa non potrà consumare a livelli industriali come, del resto, gran parte della musica proposta dalla DC Recordings, nicchia di buon gusto che riesce sempre e comunque a fare la differenza.
-Marcel Dettmann “Berghain 02” (Ostgut Tonträger): se non avete ancora identificato quale sia lo stile più in voga in quel di Berlino dovete ascoltare il mix-cd in questione per fugare ogni dubbio. Marcel Dettmann arriva dopo André Galluzzi a mixare la compilation del Berghain, noto club della capitale tedesca in cui copre ruolo di dj-resident. Diciotto le tracce mixate in settantadue minuti di spasmodici movimenti minimal-techno, quelli che ad un orecchio attento non suoneranno certamente come nuovi: il minimal di oggi, infatti, riprende quel che accadde già nei primi anni novanta e che poi venne surclassato dall’ondata della techno-trance. Ad accompagnare il trip di Dettmann la musica di Planetary Assault Systems (ossia Luke Slater), Tadeo, Kevin Saunderson, Clatterbox, Redshape, Deetron, Radio Slave, Luke Hess e chi più ne ha più ne metta. E’ questa la techno del 2008.
-Phunklarique/Pierce “Swoosh” (Yellow Tail): da un lato Frederic Moering-Sack alias Phunklarique (metà dei Piemont), dall’altro Pierce Treude (da non confondere col quasi omonimo Troy Pierce), in mezzo un bel brano influenzato dalla corrente attuale della minimal-techno, rotolante e pastosa. La Phunklarique Edition, quella da cui tutto è partito, mischia strutture rollin’, un pizzico di low-fi e melodie palleggiate mentre la Pierce sfrutta ambienti più metallici sequenzati su linee melodiche geometrizzate. Esclusivo per il mercato digitale è il remix di Nudisco & Kaiser Souzai che schiocca come certe cose di Funkwerkstatt o David Keno.
-Franck Sarrio “Robotic Invasion” (Radio Mars): urka che botta: Franck Sarrio, apprezzato già su Bunker, non si smentisce e per il secondo atto di Robot Mars, minuscola label electro di Clermont-Ferrand, si fa avanti con un brano da urlo. La sua “Robotic Invasion” si aggancia al suono electroide d’oltreoceano, rivisitato per il 2008 ed avvicinato molto ai prodotti di Gosub o Faceless Mind ma con una scia melodica più enfatizzata. Non certamente a caso, uno dei remixers scelti è lo svedese Luke Eargoggle, metà dei citati Faceless Mind, che, pur non discostandosi in modo evidente dalla versione originale, riesce ad infondere il classico tocco vintage che fa impazzire da anni i supporters di Stilleben e degli innumerevoli lavori sparsi su etichette di mezzo mondo. Chiude il suono più gonfiato di Ultradyne, una cascata di suoni scuri e di schiaffi ritmici sporcati da un’impronta industrial.
-Silent Hill “Break Me To Pieces” (YoYo): traendo il nome d’arte dal famoso videogioco, poi traslato in una pellicola horror, i giovanissimi Eli Pinto e Lior Kopeikin alias Silent Hill incidono un album dal quale si eleva una colonna fumosa di trance psichedelica a volte intarsiata di rock. Premiati come migliori artisti del 2005 sulle pagine di Isratrance, i talentuosi giovani medio-orientali si lanciano su percorsi veloci, tra i 140 e i 145 bpm, arrotolati su melodie importate dalla goa. Ricca la tracklist di cui segnalo “Dear Stone”, “M.C.D.” e “Shit Music”, tra i brani che meglio incarnano la filosofia seguita dal gruppo Bne, ormai leader mondiale del settore psytrance.
Electric greetz