Jesse Rose è uno dei migliori nomi che l’Inghilterra del post-garage ha proposto negli ultimi anni. Sebbene i suoi primi amori rimangano il soul, il jazz e il funk, è grazie alla house di Chicago e la techno di Detroit che il dj-producer londinese è riuscito a creare il suo personale stile. Nel 2000, insieme all’amico Chris Belsey, fonda la Front Room Recordings alla quale, successivamente, si affiancano la Loungin’ e la Made To Play. E’ proprio attraverso quest’ultima che s’appresta a rilasciare “Playing Around”, la compilation che corrisponde all’ideale showcase con una rassegna dei migliori brani sinora pubblicati affiancati da alcune anteprime ed esclusive. Il contesto in cui è ubicata “Playing Around” si stabilizza su finalità espressamente dance, paragonabili a quelle seguite da labels più o meno note come Freak n’ Chic, Fumakilla o Voltage Musique, e nate da una revisione della house in chiave modernista con influenze techno, funky, disco ed afro. La selezione della raccolta vede il rincorrersi di brani energici di Alfonso Mango, Buckley, Sinister Industry, Elon e Magik Johnson ai quali si sommano le presenze dello stesso Jesse Rose, prima in coppia con Oliver $ per “Wake Up” e con Sinden per “Me Mobile” e poi con Trevor Loveys, nascosto dietro il progetto Izit?. Se non ne avete abbastanza c’è il cd 2, il bonus mix ad opera del citato Oliver $, giusto per frugare ancora nelle forthcoming releases che Made To Play tiene in serbo per il 2008 iniziato da pochi mesi. Una valida alternativa al minimal più glaciale e meno passionale. Uscirà il 24 aprile.
-James T. Cotton “Like No One” (Spectral Sound): nel parlare in poche righe di un produttore come Tadd Mullinix si rischierebbe di delinare un quadro incompleto della sua variegata vena creativa. Da un lato l’hip-hop sofisticato edito come Dabrye, dall’altro la house di SK-1, in mezzo il new-beat, la chicago-house e l’acid proposti come James T. Cotton e con l’acronimo JTC. Un vasto campionario quindi quello in cui l’americano affonda le mani per prelevare suoni ed ispirazioni della sua musica. Ed ecco passare in rassegna, in “Like No One”, tutte le materie ritmiche scaturite dalla combinazione vincente tra Tr-909 e Tb-303: dalla violenta “The Second Night Cycle” (con Ellis Monk) alla sudata “Don’t Even Try It (The Beat)”, dall’acidissima “The Boxx” alle più mentali “Got To Let You Know” e “Lojak Pt. 5” in cui battono richiami rave anni novanta. L’intrigante doppio-mix targato Spectral Sound ospita anche collaborazioni di pregio: Saturn V (con Melvin ‘Traxx’ Oliphant) e 2 AM/FM (con D’Marc Cantu), entrambe perfettamente in linea con quello che ha proposto più recentemente la Crème Organization e la Crème JAK di TLR. Chicago-house is still alive.
-S-Express “Stupid Little Girls” (Kitsuné): nato dalla collaborazione tra Mark Moore e Roland Faber (Replicant, Kinky Roland), “Stupid Little Girls” è un brano che attinge un pò dal pop ed un pò dall’electroclash di qualche tempo fa. La voce pulita di Gene Serene funziona, in mezzo a suoni grattugiati e sincronizzati sui 4/4. Tre i remix a disposizione: Punx Soundcheck, che al citato electroclash devono molto, JBAG (Jerry Bouthier ed Andrea Gorgerino) ed Eon. La mia preferenza cade sull’ultimo, più lampeggiante grazie a blips e feroci basslines. Un discreto ritorno per il progetto balzato agli onori della cronaca alla fine degli anni ottanta con “Superfly Guy” e l’indimenticato “Theme From S-Express” al quale tantissimi, negli anni, si sono ispirati.
-Missill “Glitch” (Citizen): la Citizen di Vitalic si dirige verso nuovi orizzonti, per l’occasione individuati attraverso il periscopio di Missill (è una donna!) che si lascia ispirare dal breakbeat più ruvido, dal reggae, dal rock e dall’hip-hop. “Glitch” è una buona traccia, potenziata dall’apporto vocale delle Jahcoozi, non commerciale ma nemmeno troppo clubby, che in alcuni punti ricorda lo stile Ed Banger per il violento cut & copy. Il remix di Tanguy Destable alias Tepr suona troppo rumoroso per i miei gusti attuali ma quello di Paul Farrier aka Shadow Dancer (Boysnoize Records) graffia quanto le unghie di una tigre affamata. Lo riconoscerete subito: è su un coloratissimo picture-disc.
-Kiko “Slave Of My Mind” (Different): tra i più prolifici producers francesi, Christophe Dallaca alias Kiko è tra quelli che negli anni è stato capace di reinventarsi di continuo per contrastare lo spostamento e l’evoluzione delle tendenze europee. Per questo motivo nella sua corposa discografia è possibile rintracciare techno, electro, italo, new-wave ed house. Nell’ultimo periodo la preferenza si è spostata sul segmento che interfaccia electro, trance ed house, un via che in Germania più di qualcuno ha ribattezzato come neo-trance. E’ proprio in tal frangente che si contestualizza “Slave Of My Mind”, il secondo full-lenght dopo l’inimitabile “Midnight Magic” del 2001. Completamente differente nel suo concepimento, il disco non fugge nemmeno da spunti di post-minimal che, ormai da qualche anno a questa parte, hanno contribuito nella progressiva espansione commerciale del nome dell’artista. Musica da ballare ma, a mio avviso, con meno sentimento rispetto a quella prodotta nelle passate annate.
-The Clone Machine “Clone Machine” (Clone): nato dopo una gig a Rotterdam, il progetto The Clone Machine raduna quattro importanti esponenti della scena electro internazionale: Egyptian Lover, Jamie Jupiter, Alden Tyrell e Dexter. I primi due, icone dell’elettronica pionieristica made in USA, i restanti lucenti simboli della new-school olandese che raccoglie l’eredità del passato per manipolarla e trasformarla in musica da consegnare ai posteri. Nell’Original Mix si distinguono bene i tratti di un hip-hop cibernetico, a due passi dal macchinismo kraftwerkiano. Molto simile la struttura dell’Empire Mix, esposizione di vera electro dominata dal futuristico suono del vocoder. Da una collaborazione di questo calibro non ci si poteva aspettare di meglio.
-Marcello Giordani “Respect Yourself” (Mule Musiq): Giordani torna su Mule Musiq (dopo “I’m Not Blade Runner”) con un brano che strizza l’occhio all’italo-disco, spudoratamente melodico ed orchestrale. E’ come se il parmense avesse attinto i suoni da artisti come Michoacan, Lindstrøm, Sasse e Maximilian Skiba per poi frullarli e farne un prelibato collage. Non molto diverso dalla versione originale è il remix di Dj Naughty, sul quale si spalmano i suoni grezzi dei synths elettronici moderni pur non alternandone l’impatto disco. Tra i più promettenti artisti italiani (insieme a Simone Fedi, su Eskimo) Marcello Giordani è un nome di cui si sentirà parlare ancora, anche grazie al progetto Supersonic Lovers condiviso con l’amico Luca Roccatagliati degli Ajello.
-John Dahlbäck “Winners & Fools” (Pickadoll Music): giovane prodigio o fenomeno costruito dai media? Di certo è che il ragazzo nato a Stoccolma nel 1985, tra i più accesi sostenitori dell’electro-house e cugino dell’ormai meno noto Jesper, è già nei big-names internazionali. La prolificità , paragonabile a quella dell’altrettanto giovane Robert Natus, ha sicuramente giocato a favore del poco più che adolescente svedese che, come se non bastasse, vanta anche una moltitudine di fortunati progetti paralleli (Hug, Kaliber, Huggotron, Jetboy). All’Italia è bastato il basso distorto e il furbo campione vocale di “Blink” per andare in visibilio ed eleggerlo campione dell’inverno ma, in tutta sincerità , la musica di John Dahlbäck merita un’analisi più accurata. In questo nuovissimo album, il quarto (almeno credo) dopo “Man From The Fall”, “Shades Of A Shadow” ed “At The Gun Show”, l’itinerario si dirama su due percorsi: uno più clubby ed uno sfacciatamente commerciale. Mi piace il romanticismo di “Gold And Fear”, la scia trance di “Honeywell”, le trame micro-techno di “Houses Of The Archipelago” e “July First”, il noize di “Spitzer” e le alternanze ritmiche dell’Intro ma, per contro, trovo che i vari “Sidewalk”, “I Had A Feeling”, “We Are The Duo”, “Balcony Dance”, “World Of Love”, “Down With All”, “You And Me” e “More Than I Wanted” siano pensati fin troppo spudoratamente per le charts. Quello che suona nel nuovo Pickadoll è un Dahlbäck più indirizzato al pop, alle grandi masse, soprattutto di giovanissimi, amanti di Martin Solveig, Erick Prydz, Steve Angello e Sebastian Ingrosso. “Winners & Fools”: sta a voi ora scegliere quali siano le tracce vincitrici e quali le perdenti.
-Feadz “Happy Meal E.p.” (Ed Banger): dopo aver collaborato con Uffie raccogliendo ottimi riscontri in tutto il mondo, Fabien Pianta ritorna allo scoperto col suo moniker, esternato un tempo dalla BPitch Control. A sostenere l’estro creativo, mai esattamente inscritto nella dance music, è Pedro Winter che non ha certamente paura di osare attraverso la propria Ed Banger, tra le labels meno prevedibili e più stilisticamente estese d’Europa. Se le strutture di “Take Off Your Jacket” ed “Edwrecker” vi sembreranno troppo flaccide vi invito a provare “Suck It”, melodico ed epico come Kavinsky e risucchiato (giusto per rimanere in tema col titolo) da un vortice quasi italo-disco. Se volete ‘pestare’ ancora potreste optare per “Numanoid”, più sbilanciata verso un’electro psichedelica, o per l’incisiva “Hawaian Smut” in cui i giochi di tonalità tanto assomigliano alle spavalderie stilistiche a cui ci ha abituato l’inglese Edward Upton (DMX Krew). Un “Happy Meal” da mangiare con le orecchie.
-Mental Overdrive “The Rage” (Full Pupp): il nome di Per Martinsen è leggendario per il panorama della musica nordica. Sin dalla fine degli anni ottanta la fredda Tromsø ha rappresentato la culla per i suoi esperimenti, inizialmente apparsi sotto il logo della mitica R & S (meglio nota come ‘label del cavallino’) e progressivamente spostatisi su Discfunction, Music Man, Smalltown Supersound, Love OD e per l’appunto Full Pupp che ora concede il bis dopo “Spooks”. “The Rage” è una sovrapposizione di techno, soul, trance vecchia maniera ed un pizzico di UR style (leggi Underground Resistance) sorretta da un pastoso quanto irresistibile groove. “Wotta” invece ribalta il tutto in schemi electro-house inaugurati tra 2003 e 2004. Un Full Pupp diverso dal solito ma non per questo un problema. Ce ne fossero di dischi così.
-Carnifull Trio “Welldonia!” (Riotmaker): come suonerebbe una batteria ricoperta dal cioccolato? I Carnifull Trio, ansiosi di dare e darsi una risposta all’amletica domanda, azzardano ed imbrattano tutto col ‘dolce nero’. Come recita l’info sheet, “Welldonia!” è ‘pieno di deliziosi e colesterolici grooves’, intarsiati di spudorato funk a cui non potrete certo resistere. Rammentate lo spot di una ventina d’anni fa, con un gigante della pallacanestro, un bambino e delle caramelle gommose? Bene, l’effetto della musica dei Carnifull Trio è il medesimo: impossibile resistere. Individuo in “Steamy Wonder” (sarà casuale l’assonanza fonetica con Stevie Wonder?) il brano che, insieme a “100 Estati” potrebbe avere maggiori potenzialità a livello clubby. Una miriade di accorgimenti stilistici invece si ritrovano nelle partiture di “Kaiserfunk”, “Mama Uba” ed “‘O Puzzone”. Se vi siete lasciati conquistare da “Modamare” (2006) “Welldonia!” è il disco che fa per voi. Peccato che duri così poco. Appena trenta minuti. Di pura baldoria.
Electric greetz