E’ tempo di inaugurare il catalogo in cd per la Drumpoet Community, label di Zurigo uscita allo scoperto nell’estate del 2006. La sua prima raccolta si chiama “Drumpoems Verse” ed è essenzialmente una selezione di inediti e speciali edits di pezzi pubblicati in questo primo anno e mezzo di attività , tutti atti a rappresentare nella migliore delle maniere il modo d’intendere la dance del team elvetico. L’apporto che Drumpoet Community ha dato, da e darà ancora al segmento deep è significativo. Il suo è un suono emozionale, quasi un soul ruvido, danzereccio, forgiato da nomi come Foster, Kawabata, Soultourist, Thabo, The Lost Men, Quarion, Sascha Dive, Manuel Tur & DPlay, tutti accomunati dalla voglia di lasciar filtrare le filigrane di una house fine, per orecchie preparate, destinata ad essee utilizzata solo in locali anticonvenzionali che tendono a ricostruire l’atmosfera dei vecchi privee underground anni novanta. Le strade maestre di Drumpoet Community, quelle di Detroit e Chicago, sono percorse con consapevolezza ed attenzione per convergere verso un punto fermo che oggi trova come supporter personaggi del calibro di Laurent Garnier, Derrick May, Âme, Henrik Schwarz, Dixon e Jazzanova. Suonatelo, in cd, iPod o vinile ma comunque suonatelo. E portatevelo dietro nella divertente bag limited edition.
-Azzido Da Bass “Dooms Night 2008” (Frenetic Music): ritoccare pezzi storici è sempre un’impresa e il rischio che si corre è quello di rovinare la magia dell’originale senza apporre alcun efficace o sostanziale modifica. Non è però il caso della ‘riesumazione’ di “Dooms Night”, gemma del 1999 di Ingo Martens portata definitivamente al successo un anno dopo dal remix di Timo Maas. Inno storico della prima Love Parade del nuovo millennio, “Dooms Night” si ripresenta oggi attraverso svariate nuove versioni tra le quali ne scopro tre più interessanti delle altre. Quella del filippino Laidback Luke, agganciato alla scuola svedese coi classici suoni a punta pizzicati in stile hardcore-rave, quella di Radio Slave, meno invasiva e più deep, elegante nel suo incedere e raffinata nella scelta dei suoni composti sui loro loops ed infine quella di Switch che riscopre un tribalismo inscatolato intorno al classico basso strappato, tanto ‘saccheggiato’ tra 2000 e 2002. La mia preferenza cade proprio su quest’ultimo rework, contestualizzato intorno a tematiche imprevedibili e meno commerciali di quel che si poteva immaginare.
-Voodoo J “Crazy Night” (Elektrotribe): sempre alla ricerca di nuovi talenti da lanciare la berlinese Elektrotribe mette le grinfie sull’e.p. di debutto di Voodoo J nato da una costola del progetto Exyzt. La simbiosi tra techno, elettronica ed house conquista interamente “Crazy Night” che, in cinque tracce, smuove la noia e stuzzica al ballo. La ‘notte brava’ del giovane artista francese si consuma attraverso suoni delicati, a volte non lontani dalla neo-trance squartata da intrusioni ad 8 bit (“Cyber Road”). Sono questi i fondamentali ingredienti della ricetta, per certi versi paragonabile alle recenti avventure dei connazionali Danton Eeprom e Maxime Dangles.
-diskJokke “Flott Flyt” (Full Pupp): alle spalle la nomination ai Grammy norvegesi conquistata con l’album “Staying In” uscito pochi mesi fa su Smalltown Supersound ed ora un gustoso 12″ sulla label di Stevie Kotey monitorata da Prins Thomas (a proposito, continuerà ad occuparsene dopo la nascita della sua Internasjonal?). Comunque sia quello di Joachim ‘diskJokke’ Dyrdahl è un disco che non potrà che raccogliere pareri positivi ed incoraggianti grazie ad un mood trance piuttosto nebbioso alla Lindstrøm, decisamente melanconico come tutte le cose che arrivano dal Nord Europa. Lacrime e nu-funk-disco insomma. Sulla b-side la formula non si scombina molto: “Glatt” vede qualche accorgimento melodico in meno al contrario di una scia afro enfatizzata mentre “Gadgets”, sequenzato su terzine, lascia oscillare suoni un pò cheesy ma ancora ben innestati nelle origini trance. Un Full Pupp da non perdere. Come tutti del resto.
-Bastien Grine “The Single Barrel Attitude E.p.” (Scandium): il suo “Shooting Stars”, del 2002, mi fece esultare a lungo. Poi, negli anni a venire il suo stile ha subito un influsso molto evidente da parte della scuola tedesca che oggi tende a ‘minimalizzare’ un pò tutto. Ed ecco servito il nuovo e.p., prodotto in Francia ma con evidente attitudine teutonica, in particolar modo quella di Colonia. “Relaxx”, fatta da scoppiettanti granelli microtechno e “The Single Barrel Attitude”, ancor più lancinante e mentale, eretta su minimalismi e voci distorte. Una sorta di limbo quello in cui si colloca il nuovo Bastien Grine, ormai completamente slegato dalla più sonora electro-techno di un tempo.
-Dj B. Cult “Neigung” (Müller Records): toh chi si risente! La Müller! Che Beroshima abbia accolto la mia richiesta formulata qualche settimana fa? (leggi Electronic Diary #182) Di certo è che, dopo un bel pò di tempo, torniamo a calare la puntina su una delle etichette tedesche più simbolicamente cariche di storia della musica. La title-track, “Neigung”, sembra prelevare un pò dalle distorsioni alla Alter Ego e fin qui nulla di nuovo. E’ con “Kyo” che ci si rituffa indietro nel tempo sino a sfiorare quel che, una volta, era il fiore all’occhiello della Berlino post-Muro. Deep techno, alla Heiko Laux, Sono Tab o David Hausdorf, per intenderci. Sul lato opposto “The Glove”, tendenzialmente legata al genere più in voga al momento e la conturbante “Place Massena”, ipnotica quel che basta e ‘gonfiata’ corposamente da ride spaccawoofers. Evviva, Müller è tornata.
-Gesaffelstein “Vengeance Factory” (OD Records): un ottimo jolly giocato dalla francese OD questo #011 entrato di diritto nelle playlists di personaggi di spicco come The Hacker, Miss Kittin, Kiko e John Lord Fonda. Con “The Other” si riassapora, piacevolmente, quel che rimane in vita di un’electro che ormai non si riesce ad ascoltare più da nessuna parte. Un pò di energia ebm e new-wave, alla The Hacker per farvi un’idea, contraddistinguono il brano nella sua interezza. Il remix di Heko (François Devauchelle) ne enfatizza certi lati melodici pur rimanendo entro i contorni di una dance da ballare con energia e determinazione. Lievemente più spiegazzato dagli snares in controtempo è “Death Fagh” in cui un’orechio attento scorgerebbe anche referenze italo, pienamente esternate in “No Wansee”, potente ed efficace. Uno degli OD meglio riusciti.
-Kaiser Souzai “Altoculumus Floccus” (Yellow Tail): il progetto berlinese, ben noto per una copiosa serie di uscite su Rotor, approda alla Yellow Tail di Colonia. Quel che accade tra le partiture di “Altocumulus Floccus” però l’abbiamo già ascoltato e riascoltato decine (se non centinaia) di volte in un numero imprecisato di pubblicazioni tedesche nell’ultimo biennio. Buono ma non sicuramente apportatore di novità . Lievemente meno frenetico il remix dei Piemont orientato sui classici suoni legnosi (che sia uno xilofono effettato?) che qualche anno fa portarono tanta fortuna a Vernis e Funkwerkstatt. Tech-house di fine decennio.
Electric greetz