Clone Classic Cuts nasce alla fine del 2006 col preciso fine di riportare in luce classici senza tempo del passato, dimenticati o, nella maggior parte dei casi, completamente ignorati dalle generazioni più giovani. L’idea di Serge Verschuur, colui che siede al vertice di quel piccolo-grande impero underground chiamato Clone, si è rivelata saggia ed ammirevole per la sua funzionalità quasi istruttiva in un periodo, come quello che viviamo, molto confusionario e dispersivo dal punto di vista stilistico. L’olandese identifica come ‘serbatoi artistici’ l’italo-disco e la polverosa chicago-house, le due ramificazioni che negli ultimi anni hanno costituito la prima materia delle releases marchiate Clone. E così, dopo aver pubblicato oltre dieci vinili è giunto il tempo di siglare il tutto con una raccolta su cd, “Clone Classic Cuts Album”, utile a tutti coloro che, sbadatamente, si sono lasciati sfuggire i 12″. Rimasterizzati e ricompressi dal mago Alden Tyrell, i tredici brani della tracklist hanno il profumo della storia della musica elettronica, l’essenza del pionierismo tecnico, le paste timbriche dei classici suoni analogici estrapolati da ormai obsoleti strumenti hardware che in tanti vedono solo sulla carta. Ed ecco scorrere il funk di Jackson Jones e Trophy, l’italo di Knight Action, Gay Cat Park, Los Angeles TF, Oppenheimer Analysis e la ricercatissima “Body Heat” di Fockewulf 190 in cui campeggia la voce di un giovanissimo Fred Ventura. La cascata chicago house ed acid prende avvio con The Elect e Tyree e poi si rinforza con Mike Dunn, Mystic, MD III e la storica “I’m Strong” di Fingers Inc (ossia Larry Heard) e Robert Owens. Non c’è nulla da eccepire: con nomi di questa caratura “Clone Classic Cuts” si conferma come documento essenziale della storia della musica elettronica dell’ultimo ventennio. Da avere per sapere cosa accadeva in passato e capire meglio da dove veniamo.
-Andrea Doria vs John Acquaviva “La Sirena” (BluFin): l’inarrestabile Doria si ripresenta, a pochi giorni dall’uscita di “Mainboard”, in coppia con l’amico John Acquaviva. Entrambi ‘artisti chiave’ di BluFin, potrebbero essere tra i protagonisti assoluti della stagione primaverile con questo brano che smuove le corde identificative di entrambi: da un lato i ritmi pompati di Acquaviva, ispirati dalla techno dei loops circolari alla Plus 8, dall’altro le distorsioni e le elaborazioni tonali di Doria che qui fanno da collante in un puzzle sonoro decisamente avvincente. Il break rintracciabile intorno al quarto minuto è devastante, apocalittico, massacrante, in grado di far piangere sangue anche al tweeter più allenato e coraggioso. Più giocato sulle percussioni il Ragdoll Remix, in bilico tra electro-house facile e più prelibata tech-house. Stesa per lungo sulla side a è invece la rielaborazione di Chris Liebing, uno che di presentazioni non ne ha certamente bisogno. Il suono distribuito in oltre 11 minuti rappresenta la sua definizione di techno, ormai slegata dallo stereotipo schranz di cui ne fu inventore quasi dieci anni addietro. La techno è morta? Macchè, è più viva che mai. La techno vive tra noi, si evolve, cambia pelle continuamente. Non abbiatene timore. E’ techno quella che si balla oggi anche se a molti piace chiamarla più genericamente house. Questo BluFin è un must. Techno s’intende.
-Fischerspooner “Danse En France” (Kitsuné): ormai è ufficiale: il terzo album dei Fischerspooner (Warren Fischer e Casey Spooner) arriverà a breve. Nel frattempo assaporiamo qualcosa attraverso un nuovo singolo, il secondo dopo “The Best Revenge” di cui peraltro parlammo già qualche settimana fa (leggi Electronic Diary #181), ispirato dalle connessioni tra pop ed hip-hop, da mescolanze tra lingua inglese e francese. “Dance En France” attesta la padronanza del duo newyorkese di spaziare nei generi musicali e non essere mai costretti a subire passivamente regole dall’esterno (anche se, in tutta sincerità , con “Odyssey”, del 2005, questo dubbio veniva molto rimarcato). Più diretto alla dancefloor il remix di D.I.M. (Andi Meid, alfiere di Turbo e Boysnoize Records) electro-house da proporre senza problemi. Sul lato b due rimaneggiamenti del citato “The Best Revenge”: quello di Tocadisco, dal tocco indie in stile Alex Gopher, e quello di Oliver Koletzki intrecciato tra electro e pop, in memoria dei vecchi tempi del duo statunitense trascorsi tra le mura della label di Dj Hell. Ora non ci resta che attendere, fiduciosi, l’album di cui non si conosce ancora il titolo.
-Plastique De Rêve “Rêve De Plastique” (Helvet Underground): l’estro di Christophe Dasen è indiscutibile: i suoi lavori, murati nei cataloghi di labels cardine come International Deejay Gigolo, Mental Groove e Turbo, hanno finito con l’attirare sia gli amanti dell’acid-house che gli irriducibili dell’electro old-school, a volte illuminata da referenze synth-pop, italo-disco, new-wave ed ebm. Per questo ritorno, in formato digitale, il suono acquista connotati ancor più incanalati nelle venature 80s, in bilico tra Depeche Mode, Vince Clarke e i mega pixel di datate consolles arcade. Melodie graffianti, bassi striscianti e ritmi genuinamente electro sono le principali caratteristiche della musica sintetica di Plastique De Rêve, avvolta per l’occasione in melanconiche atmosfere dalle reminiscenze orientali. Sei le tracce pronte per il download.
-English Electric “Auto Beam E.p.” (Mighty Robot Recordings): dopo la fuga su territori acid e chicago (senti Gladio e Junior Rafael) la Mighty Robot di Glasgow ritorna a colpire con suoni d’impostazione cosmic-italo-new wave. Ad onor del vero in questo imminente #008 si sente l’odore anche di ambient cinematico, soprattutto in “Monarch” che solo dopo tre minuti di intro etereo si lascia spiegazzare dai suoni geometrici dei synths anni ottanta. “DRM” invece inizia in modo più diretto, coi classici arpeggi e con la Tr-808 intarsiata a croce. Il remix di Dicky Trisco, in linea con la new-italo che da anni propongono Clone ed altre (piccole) realtà europee, lascia sfilare ritmi più incisivi ed una spiccata melodiosità , quasi cosmica oserei dire, ancor più tenacemente sviluppata in “Giorgio Et Jim” ove campeggiano luminose presenze synth-wave del nuovo millennio. Un Mighty Robot più da ascoltare che da ballare questo di English Electric, artista tirato in ballo qualche tempo fa per il remix di “Open The Door” di Sneak-Thief & Lindsay-J, pubblicato dalla stessa label.
-Duracel “Lady Ultimate E.p.” (SD Records): ad anticipare l’album omonimo è un mix in vinile trasparente edito in sole 240 copie, vera manna per i collezionisti. A caratterizzarlo cinque tracce, perfettamente in linea col ‘robopop style’ olandese a cui l’etichetta dei Syncom Data fa spesso riferimento. In brani come “Lady Ultimate” e “Cold Dirt” assistiamo impassibili a sviluppi astral-electro, tipici della scena di Den Haag e parallela a quella di Detroit (leggi Interdimensional Transmissions) mentre in “The Only One Who Can” sfila il suono alla Solvent ma con un’impronta più gotica. Poi, per “Million’s End” il paragone più ovvio è quello con l’Eargoggle più astratto e dominato dalla vivacità delle sincopi. Ultima, ma solo per ordine di apparizione, “First Man In Her Space”, che detta un itinerario spaziale e raffinato fatto da scenari legati alla fantascienza. Robot sounds.
-Housemeister “Inordertodance E.p.” (All You Can Beat): non sono passati nemmeno due anni dall’uscita di “Enlarge Your Dose” (su Boysnoize Records) ma Martin Böhm freme già nell’attesa di rilasciare il secondo album. Un tempo alfiere della BPitch Control di Ellen Allien, il tedesco si sta ritagliando una scena sempre più identificativa grazie all’utilizzo massiccio di equipaggiamenti hardware con cui lascia libero spazio all’improvvisazione tipica dei live-act. “Inordertodance” è imperniata sui suoni del vecchio Commodore 64, sequenzati su ritmi techno ed intervallati da filtri alla Kagami. Un flashback non indifferente nei confronti della vecchia electro-techno per cui la Germania impazziva tra 2000 e 2003 insomma. Poi “Thatcanbeat”, intreccio di grintosi loops distorti e graffiati da assoli di synths, e la spigolosa “Herbeat”, un gioco fuzzy registrato in presa diretta sulla Tr-707. Rumorista ma meno intellettuale rispetto a T. Raumschmiere, Housemeister è uno a cui piace giocare, prendere e prendersi in giro, divertirsi con la musica e, soprattutto, seguire il proprio istinto. L’album arriverà a maggio e si intitolerà “Who Is That Noize?”: mai un titolo più azzeccato di questo.
-Luca Bacchetti “Human E.p.” (Wagon Repair): terza apparizione su Wagon Repair per Luca Bacchetti, uno dei nuovi outsider della scena italiana di nuovo decennio (e millennio). “Night Over Kwazulu” ha chiare referenze afro e tribal applicate su ritmi moderni che ben sposano l’iniziativa di riprendere in considerazione le percussioni un tempo sfruttate allo sfinimento dalla house, soprattutto quella più commerciale, e poi accantonate. Di rilievo gli inserti vocali e l’assolo di tromba che fa tutto molto ‘africano’, adatto per accompagnare qualche reportages registrato nella savana. Il lato b vede la presenza del remix di “Rolling Brooklyn” (l’originale era in “Once Again”) curato da Lee Van Dowski, il classico minimal deep dall’impatto mentale che oggi piace tanto ai clubgoers europei. Che sia l’inizio di un nuovo filone? Chissà .
Electric greetz