Il mondo di Circle, Circle e il mondo: queste le due strade che s’intersecano nel nuovo progetto ideato e promosso da Alex Flatner intitolato, per l’appunto, “World Of Circle”. Circle è la sua etichetta, nata giusto tre anni fa, che affianca la consolidata Monoïd e l’ancor più giovane Gedankensport (sono tutti marchi gestiti dal gruppo Daredo Music nato dalle ceneri della UCMG). Lo spettro audio sul quale agisce è quello della tech-house, filone sfruttato come giunto connettivo per artisti provenienti da Paesi molto lontani tra loro ma ravvicinati dall’amore per il medesimo stile musicale. E’ proprio il caso di citare le presenze di Leandro Gamez, Gui Boratto, Peter Corvaia, Bryan Zentz, Robert Babicz, Ara (ossia Agent Orange), Audiofly, Valentino Kanzyani, Stryke & Santos (non quello italiano), Dan Corco, Namito, Chaim, Lopazz & Casio Casino e Southsoniks. Chi più ne ha più ne metta insomma. E mai perdendo di vista la qualità che ha fatto di Circle una delle labels europee meno prevedibili. All’appello non manca lo stesso Flatner che concede i grooves fiammanti di “The Witch From Nice Lake” in cui prendono fuoco soluzioni che riportano alla mente la compianta Elp Medien. Questa è Circle. Benvenuti nel suo mondo.
-Maral Salmassi “Natural Fun” (Television Rocks): Television Rocks è la label in cui convogliano le energie un tempo diffuse tra Television, Art Of Perception e Konsequent. Ora è la volta di un potente quanto graffiante #006 che la fa franca in mezzo ad un mare di minimalismi spesso senza senso e pudore. La parte vocale mi ricorda qualcosa delle agitate Chicks On Speed. Poi l’hip-hop viene citato ripetutamente nella costruzione del ritmo abbinato alla spavalderia di strisciare i bassi con una veemenza straordinaria. A mettere da parte i fronzoli è Ben Mono in un remix che spiana la strada diretta ad un collage tra vecchia electro ed una piccante scia indie che mi riporta ai primi Codec & Flexor. A spingere in modo campale è Fabian Stall, mascherato ancora da Zero Cash, con una massiccia versione in cui la voce della Salmassi si spezzetta per essere incastrata in un colorito puzzle da cui affiorano samples di vari stili diretti da una chiara vena rave. Ballabile e curioso nel contempo, il disco è l’ennesima conferma per la figlia del diplomatico iraniano trapiantato in Germania.
-Robert Owens “I’m Strong” (Clone Classic Cuts): c’era una volta la house. E Robert Owens è parte integrante della house visto che in un certo qual modo ne ha condizionato l’evoluzione con le sue geniali intuizioni. Serge Verschuur, proprietario e fondatore della Clone, deve pensarla nella stessa maniera visto che si appresta a reimmettere in circolo l’indimenticata “I’m Strong”, pubblicata ben venti anni fa su Alleviated Records. L’olandese ricorda quando, tra 1988 e 1989 andava a ballare al Roxy Club e il dj Eddy De Clercq dava fuoco alla pista con questo pezzo. Emozioni che tornano quindi anche nel poterlo riproporre su Classic Cuts, la branca che da un anno a questa parte si occupa di riscoprire classici senza tempo. “I’m Strong” rappresenta la sublime combinazione tra la voce soul e lo sporco suono di Chicago, davvero lontano dalla sterile modernità attuale. Il disco, oltre alla mitica Club Mix, racchiude anche la ricercata Instrumental che venne rilasciata, nel 1990, dalla belga R&S che la presentava come Fingers Inc. Larry Heard, che allora si occupò della produzione, dice di non saperne nulla. Ed allora s’ipotizza che tale versione sia frutto di qualcuno rimasto negli studi d’incisione che si tolse lo sfizio di pigiare il tasto mute sul canale della voce.
-Suicide Booth “Aura E.p.” (Das Drehmoment): a cavallo tra le colonne sonore di (vecchi) film di fantascienza e quelle di datati horror i Suicide Booth sfruttano l’amore per il cinema e la musica elettronica del passato per riempire un eclatante Das Drehmoment #009. “Aura” è tenebroso quel che basta per rammentare una certa new-wave di primi anni ottanta tagliente, romantica ed emozionale come del resto fa “I Am Legend” che parte dal romanzo culto di Richard Matheson, già preso come modello per le pellicole “The Last Man On Earth” e “White Eyes On Planet Earth” e che sarà di nuovo nelle sale (a metà dicembre) in compagnia di Will Smith. Poi “Rendezvous”, cantato da Ruediger Knapp, ubicato tra glammy new-wave ed electro-pop in cui gira come un vortice il vecchio slogan dei The Twins (heart to heart, face to face). I patiti dell’electro-retro poi si potranno rifocillare con “Raumpilot” che sottolinea lo stile dei vecchi Gigolo e del buon Mutron e gli insaziabili godranno ancor di più col remix che Divider ha costruito per “Rendezvous” sequenzato interamente su una formula electro-slow-pop dal tiro analogico coi tipici ondeggiamenti melodici alla Starcluster ed una forte enfatizzazione dei citati The Twins (dopo il terzo minuto sembra proprio una cover di “Face To Face”, 1982). Ad avvolgere il tutto la stupenda cover-art di Nora Below (sforzatevi di ricordare la sua apparizione su BPitch Control). Questa è pura robotic-synth-pop. Che fa per me.
-Marcel Janovsky “10 Years Treibstoff” (Treibstoff): hey, sono già passati dieci anni da quando nei negozi apparve, piuttosto timidamente, la Treibstoff, attraverso il 12″ di Klanggut. Presto acclamata dagli amanti della house meno convenzionale che, già in epoca non sospetta, si miscelava argutamente ad una techno soffusa, l’etichetta di Colonia fondata da Marcel Janovsky e René Breitbarth festeggia il suo decennale attraverso un doppio cd che racchiude, in lungo e in largo, tutta l’essenza delle 72 tracce pubblicate sinora. A dire il vero il cd 1, dal sapore deep-house e microdub, è fatto solo di inediti mixati da Janovsky e firmati da artisti di tutto rispetto come Alecs Marta, Falko Brocksieper, Gabriel Ananda, Sarah Goldfarb, Todd Bodine, Cio D’Or ed un Robert Babicz davvero distante dal più remoto Rob Acid. Per rievocare il passato occorre far suonare il cd 2 in cui passano in rassegna gli Italoboyz, Novatek, Jack Rock e molti altri ancora pescati tra 2002 e 2007. La chicca è la presenza di audio-interviste a tutti gli artisti coinvolti invitati a rispondere a cinque domande essenziali che svelano qualche (piccolo) segreto e qualche curiosità oltre ad un sottile velo ironico: ad ognuno infatti viene chiesto di canticchiare un proprio brano che, essendo strumentale, lascerà scoppiare qualcuno in grasse risate. Auguri Treibstoff.
-Mason “Electronation” (Lektroluv): la label dell’alienoide Dr. Lektroluv è ormai sempre più sganciata dal vecchio amore per l’electro-disco retro dei primi tempi e si concede, per l’occasione, ai festeggiamenti per il primo lustro d’attività dell’Electronation, famosa serie di parties. Mixata da Iason Chronis alias Mason “Electronation” conserva davvero poco del suono polveroso di matrice 80s: dall’intro di Robotnick (“Ar Stack 1”) alle meraviglie analogiche di HÃ¥kan Lidbo (“Vector X-Y”, estratto dal “Sexy Robot” edito nel 2002 dalla Lasergun) sino a “Disc Legion” di Johan Ilves e l’osannato remix che Boys Noize ha realizzato per “My Moon My Man” di Feist. Poi è un susseguirsi di electronic-micro-techno imposta dalle presenze di Merkins, Mazi & Duriez, Lee Coombs, Lenny & Duffy (il remix è di Andrea Doria), Foxylane, Nathan Fake, Alloy Mental, The Subs e degli italiani Duoteque. A tutto si aggiunge una manciata di pezzi dello stesso Mason (“Intimate Expresse”, “Quarter”), balzato agli onori della cronaca giusto un anno fa con “Exceeder”.
-Ramon Tapia “E.V.I.” (Yellow Tail): veloce nella pubblicazione almeno quanto la ‘sorella maggiore’ BluFin, Yellow Tail rilascia il suo #008 con cui richiama alla corte Ramon Tapia De Jonge, già interpellato pochi mesi fa con “Uhu”. Lo stile di “E.V.I.” potrebbe essere identificato col termine ‘micro trance’ visto che nasce dal connubio tra la trance rivalutata e i tipici grooves scricchiolanti della house di nuova concezione. In “Growing” il tiro si avvicina maggiormente al filone della progressive britannica con una cassa quasi impercettibile ed armonie sempre concatenate l’una all’altra. A chiudere è “Afterlife”, la più convenzionale delle tre, in cui i beats ondeggiano tra deep-house e bassi dark. Buona prova per il talento belga conosciuto anche con altri pseudonimi come Carlitto, Dj Mon-E, Monastic e Ray Bann ed ormai davvero distante dal suono che promuoveva, tra 2004 e 2005, su labels come la Corachi di Zzino e l’Equator di Gayle San. Ormai pare proprio che quella techno sia morta e sepolta.
-Mochipet “Girls Love Breakcore” (Daily City Records): il ‘love’ del titolo è sostituito in copertina da un grande cuore rosso, proprio come in certi adesivi che si appiccicavano sul bagagliaio di vecchie utilitarie. L’orientale David Wang (chissà se divide la parentela col più noto Daniel) opera nel crogiuolo del gabber-noize, del jazz-metal, dell’hip-hop più astrattista, del grime ed, ovviamente, del breakcore, stile che segue ed insegue sin dalle prime apparizioni risalenti al 2002. Per il suo quinto album, naturale seguito a “Disko Donkey” uscito proprio un anno fa, continua a stringere la mano ad artisti che condividono l’amore per la musica idm e per ogni tipo di forma audio poco scontata ed invalsa. Ed ecco scorrere in rassegna nomi come Twink, Gir, Aaron Spectre, Weasel Waiter (dei Flying Luttenbachers), Paul C (dei Total Shutdown) ed Otto Von Shirach, la colonna portante della Schematic di Miami. Ben 21 le tracce racchiuse nell’album, sconsigliate a chi soffre di aritmia cardiaca. Tra le tante “Botan Ricecore”, ubicata tra drum’n’bass e noize più indiavolato e “Justin Timberlakecore”, cover di un recente pezzo della popstar che, per ironia, riporta al concetto affrontato qualche anno fa dai Duran Duran Duran della Cock Rock Disco di Jason ‘Donna Summer’ Forrest. Ps: ma è proprio sicuro che alle ragazze piaccia il breakcore?
-Echotek “Advanced Options 3” (YoYo): la raccolta che simboleggia il tipico showcase made in YoYo tocca il suo terzo capitolo affidato per l’occasione ad uno dei nomi che negli ultimi due anni ha contribuito più che attivamente all’affermazione della psy-trance nel mondo. Trattasi di Micha Yossef alias Echotek, prescelto per selezionare le dieci tracce che rappresentano, in modo lievemente più globale, la filosofia di questa ormai affermata etichetta israeliana. In questa occasione infatti i bpm tendono a calare, non in modo clamoroso ma quel che basta per variare la formula ripetuta, forse troppo pedestramente, negli ultimi tempi. Yossef infatti sceglie brani che uniscono la magia melodica della trance ai ritmi della progressive e la presenza di Moshic ne rappresenta l’incarnazione perfetta. A lui si aggiungono altre gemme luminose di Deeper, Brisker & Magitman, Vibrasphere, Oforia, Yotopia, Nasser, Strike Twice ed Atomic Culture. In sostanza assistiamo ad un capitolo più ‘europeo’ di “Advanced Options”, più connesso ai grovigli electro-house tanto adorati in Italia e Germania.
Electric greetz