Emerge da un contest artistico indetto su Flux Tv il videoclip prescelto per illustrare in immagini “Way Out”, l’ipnotica hit estratta dall’album “Orchestra of Bubbles” di Ellen Allien & Apparat. L’autore si chiama Marco Testoni, ha studiato grafica, musica, è appassionato di cinema d’autore, di videoarte e realizza cortometraggi. E’ lui il vincitore del primo video-contest indetto da Flux. L’interpretazione visiva di “Way Out”, cavalcata elettronica improvvisamente illuminata da una luce umana ed inquietante, è un cartoon raffinatissimo ed interamente disegnato a mano, dal tratto personale e distintivo, che travolge per quattro intensi minuti. Un giudizio unanime e congiunto di Ellen Allien e Apparat l’ha collocato in testa alla selezione dei settanta utenti che, dal 15 luglio al 30 settembre, hanno aderito al contest con opere di eccellente qualità dando avvio ad una competizione decisamente agguerrita. Il videoclip in questione, già visibile in streaming sul sito di Flux Tv, verrà presto inserito anche nella playlist del canale televisivo, dell’emittente satellitare MTV Brand:New e dell’omonimo programma. Con questo primo contest Flux ha compiuto un passo ulteriore verso la Flux Foundation diventando sempre di più una vera e propria factory creativa che ha intenzione di investire in giovani talenti e metterli in contatto con le realtà di business a loro vicine (etichette discografiche, case di produzione cinematografica, studi di design ed altro ancora). Un mirabile fine insomma quello di Flux (progetto multimediale interattivo realizzato dalla collaborazione tra TI Media Broadcasting ed MTV), canale televisivo di musica alternativa arricchito da elementi di grafica e cortometraggi svelatosi ufficialmente lo scorso 8 aprile. Flux è una tv che non è necessario guardare stando seduti sul divano, una rete di utenti ed un sito che è una vera fabbrica di talenti emergenti. Nell’attesa del rinnovamento grafico previsto per il prossimo 23 novembre, si parla già di un nuovo contest che darà la possibilità di diventare i registi dei videoclips ufficiali di artisti del calibro di Four Tet, Whitest Boy Alive, Giardini Di Mirò e moltissimi altri … volete provarci ?
-Dr. Lektroluv “Live At Extrema Outdoor 2006” (N.E.W.S.): registrato in presa diretta all’Extrema Outdoor 2006 presso l’Aquabest di Eindhoven (Olanda) durante il caldo pomeriggio del 15 luglio, il set di Dr. Lektroluv (ovvero Stefaan Vandenberghe) (ri) appare su cd. Nonostante il segreto ormai svelato, Stefaan continua a presentarsi in pubblico con tanto di maschera e cerone, vestito da agente segreto (l’ultima raccolta era dedicata a 007) e con una cornetta del telefono al posto della cuffia. In questa veste il belga mixa tracce di Detroit Grand Pubahs, Etienne De Crecy, Boys Noize, Vitalic, David Carretta, New Order, The Subs, Huggotron, Who Made Who, Rekorder e molti altri ancora. Un pò di smalto è andato perso rispetto a qualche anno addietro ma in compenso il ‘dottore alieno’ ha potuto raggiungere una fascia di pubblico più vasta, proprio come quella dei grandi festivals estivi.
-Muallem “Mutations °3” (Compost): a poche settimane dal °2 (leggi Electronic Diary #122) Muallem riappare con nuovi remixes di “Shanti Dance” interpretata nei vocals da The Droids. Nick Chacona rilegge il tutto in chiave italo-funk-disco poggiandosi ad un piano rhodes stiloso e molto ‘cosmico’ mentre i The Light Command (da New York) ci regalano un esperimento che ingloba funk, house e techno. Di rilievo anche la Disco Cut a firma dello stesso Muallem, un tragitto di acid contorta nel funk acustico anni settanta. Il vinile uscirà il 10 novembre.
-Stephan Bodzin “Systematic Colours 1” (Systematic): primo atto di questa raccolta che non fa altro che celebrare il grande successo raccolto, in poco meno di due anni, dalla label di Marc Romboy (ricordate Le Petit Prince ?). I suoni sono quelli dell’electro-house più modaiola (che in Italia ha saputo scardinare anche la classica dance commerciale) provenienti dalle tracce più emblematiche del catalogo (John Dahlbäck, Marc Romboy, Phonique, Abysm, Olaf Pozsgay ed altri). A fare capolino in “Systematic Colours” sono stili come acid, deep, afro, electro, techno, disco ed house, tutti sapientemente fusi tra loro per trovare la nuova strada della dance del nuovo millennio.
-Tom Hades “Eclectic Twist” (MB Elektronics): un tempo grande sostenitore della techno dei grooves (quella che traeva spunto ed energia dai loops connessi alla scuola di Detroit) Wim Vanoeveren aka Tom Hades tende ad avvicinarsi (seppur non troppo) alle mode e tendenze del momento. La main track rivela la passione per la techno energica sfociata in un break centrale electro oriented con un synth-bass alla Vitalic che spinge ed allarga i suoi filtri sino a scoppiare in un’efficace ripartenza. “Askayum” racchiude i suoi elementi in un circolo più mentale con alitate dark (ricordate la Kobayashi di Al Ferox ?) mentre “Screamer” porge i classici suoni low-fi abbinati ad una lieve dose trancy che porta verso territori lontani rispetto a pietre miliari come “Canonball”, “Bogota” e “Conception”.
-Zombie Nation “Black Toys” (UKW): terzo album per il tedesco dopo il gotico “Leichenschmaus” (1999) e il più elettrizzante “Absorber” (2003). “Black Toys” racchiude le novità del nuovo Zombie Nation, quello esternato alla luce dell’evoluzione della dance degli ultimi anni. Non si tratta però di un accostamento passivo organizzato per assicurarsi le vendite bensì la naturale evoluzione di un artista che si è posto sempre l’obiettivo di stuzzicare il pubblico in modo intelligente. Così dal minimal blando di “Booster” si raggiungono le lame sincopate di “All Or Nothing” e l’orchestra liquefatta di “Squid”. Analogie con “Leichenschmaus” in “Don’t Touch” (che transita per suoni apparentemente disarticolati) e “Peace & Greed” che racchiude in sè un taglio downbeat influenzato dall’arte del cut. Gli astrattismi si rincorrono in “Slomo”, la vena stridente emerge da “Monolove (Snakes)”, il funk appare snaturato in “Taxi Extreme” e la pressione sale per raggiungere le polpose “Paeng Paeng” e “Talks”. La cornice del disco ammicca alla scena dark, quello posto al centro è invece frutto di un atteggiamento coerente che si pronuncia con coraggio contro le insopportabili banalità che il mercato tedesco lascia filtrare da sin troppo tempo.
-Fous De La Mer “Watersong” -the remixes- (Elektrolux): nato sotto la voce ‘electronic downtempo’ il progetto Fous De La Mer (dietro il quale operano Jean-Charles Vandermynsbrugge e Marko Bussian) si avvicina sensibilmente al mondo dei clubs. Mantenendo intatte le soluzioni incantevoli presenti in albums come “Stars And Fishes” e il recente “Ultramar” (dal quale viene prelevato il pezzo in questione) si passa infatti a costrutti indicati alle piste da ballo. Dall’Original che lascia vibrare le corde della chill-house al remix dei Glissando Bros. dal fascino balearic, dal rework di Elmar Schubert che incupisce suoni e ritmi a quello più dolciastro di Groovecatcher che sovrappone le voci alla modaiola electro-house per finire sulla trance pop di Jerome Isma-Ae ed alla progressive di Pepper Pistol che ricrea l’effetto di certe cose alla Dj Tiësto.
-John Spring “Superman Days” (Sub Static): album di debutto per Johannes Mai sbarcato nel mondo della dance nel 2003 col fortunato “Dispo Dancer E.p.” che attirò subito l’attenzione di M.I.A. e Falko Brocksieper. Questo lavoro sfugge ad una facile definizione e si colloca su un segmento che tocca da vicino la techno degli anni novanta raccogliendo elementi dub, hypno e, naturalmente, minimal. Tra i pezzi più geometrici sicuramente “Liebe (r) Night” e “Shaken Not Stirred” raggiunte da “Eden” (un esempio di liquido-solido lievemente cantilenante), “Tool Time” (coi ritmi incisivi e scellerati bassi) e “Kniffel” in cui torna vivo il dub scuro e potenziato da una kick massiccia quanto il pugno sferrato dal pugile più rabbioso. Decisamente poco ‘schneideriano’, “Superman Days” convoca una sequenza più ampia di suoni, filtri e colori che lo rendono più speciale dell’ennesimo disco di basic-minimal messo in circolazione.
-Joey Negro “The The Many Faces Of Joey Negro” (Z Records): racchiusa in una stupefacente copertina che graficamente ricorda i fumetti di venti anni addietro, “The Many Faces Of Joey Negro” riporta sotto l’attenzione europea le tracce più recenti di Dave Lee alias Joey Negro, ormai un’istituzione nel mondo della musica dance e pop. Ad essere presa in esame è la produzione relativa agli ultimi due anni suddivisa ordinatamente in due cd’s: il primo snodato sulle ‘originals’, il secondo orientato ai ‘remixes’ firmati da artisti del calibro di Âme, Martin Solveig, Mark Knight, Idjut Boys, Masters At Work, Basement Jaxx, Audiowhores, Cleptomaniacs ed altri ancora. Le giornate dell’inglese paiono durare quarantotto ore, tutte caratterizzate da una vena ispirativa inesauribile che proprio di recente lo ha portato a rielaborare “Rudebox” della popstar Robbie Williams.
-Michael Lambart “Cybernetic Dancer” (Northbeatz Digital): primo episodio per la division digitale della tedesca Northbeatz di Brema: a firmarlo è il suo fondatore, mr. Lambart, attivo nel settore discografico dal 1992. Un tempo sostenitore di acid ed hardtrance, Michael è oggi uno dei dj’s europei non piegatisi dal crescente trend minimal. Le influenze hard-techno e detroit infatti si fanno pressanti in queste quattro tracce, tutte caratterizzate da grooves infiammati e loops selvaggiamente connessi all’ormai poco citata tribal-techno. Per chi ama l’arte della musica ‘ciclica’ consiglio “Flashback 009” e “Radiation”, ottimi tools nei quali si ritrova la spregiudicatezza della techno nata a nord della Germania.
-Phonogenic “Orange Leaves” (Moodmusic): buon ritorno per il finlandese Tuomas Salmela che con “Orange Leaves” rivela un’anima jazzy miscelata ad una buona dose di electronic-funk che non indispettirebbe nemmeno il più restio degli ascoltatori. Più marcate le misure di “Dubby Cop” riletta dagli italiani Boogie Drama (Lele Sacchi e Sandiego) che mostrano la preferenza per un costrutto minimal più mentale e trippy. L’uscita del mix, prevista per novembre, sarà accompagnata da una release mp3 che racchiuderà l’inedito “Air Moves” (un classico funky-‘lectro vicino alla mentalità anni ottanta) ed il suo remix ad opera di Freestyle Man che punta ad un leggiadro funk mai spento sotto gli influssi dei laser ipermoderni.
-Cass & Mangan “Bible Belt” (BluFin): un passato felice trascorso nella scena internazionale (remix per Tiefschwarz, Röyksopp, Scissor Sisters, Muse e Justin Timberlake) porta questo duo (formato da Cass Cutbush e Tom Mangan) nelle grinfie della BluFin, tra le più prolifiche labels di Colonia. Il sound si stabilizza sull’electro-house più appetibile dal pubblico di oggi, fortemente influenzata dal fuzz che disturba e graffia i suoni nella Play Early Mix. Più progressive e stilosa la Play Late Mix (sebbene gli elementi siano sempre davvero pochi) affiancata dal remix di Martin Eyerer (uno dei nomi del momento in Germania) che recupera l’acid in chiave 90’s. La semplicità è la dote essenziale di questo sedicesimo BluFin uscito da pochissimi giorni.
-Patrick Pulsinger “Utopia Parkway E.p.” (Compost Black Label): considerato uno dei più grandi talenti dell’ultimo decennio, Pulsinger rimane negli annali della musica per la capacità nel variare i canoni della techno sbilanciandosi di continuo in generi paralleli. La cosa avviene anche in questo imminente e.p. in cui si esplora e destruttura il mondo della techno (in “Try To Do”, col featuring di Ihu Anyanwu aka G. Rizo) e si riverberano i concetti essenziali degli anni novanta (in “The Clap” interpretata da Paul ‘Snax’ Bonomo dei Captain Comatose e Yesandno). A concludere è “Beat As One” in cui il tedesco infila un pò di low-fi in sospiri vocali femminili. Un disco curioso, imprevedibile e mai pasticciato che ci fa capire quanto sia grande l’estrosità di Pulsinger.
-Jupiter Black “We Like Moroder” (Clone): amore ostentato per il musicista di Ortisei (Bolzano) quello degli esordienti Jupiter Black. Il duo di Düsseldorf sbarca su Clone con un pezzo dal quale si eleva il celeberrimo disegno di bassline di Donna Summer in seguito adottato anche da Bobby Orlando. “We Like Moroder” viene sequenzato su batterie funk e classiche aperture disco, nella parte centrale elettrizzate e piallate in modo tale da apparire più ruvide e graffianti. La traccia riappare in due remix confezionati ad arte dagli Elitechnique. La mia preferenza cade sul First remix che acquista, sin dalle prime battute, connotati più musicali e volti al recupero del synth-funk nato a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta. Il feeling è quello balearico con tanto di svirgolate jazzy combinate, in maniera piuttosto inusuale, alla tipica electro-disco per cui la label diretta da Serge Verschuur è divenuta una delle più agguerrite sostenitrici. Ps: in circolazione c’è anche un altro remix, quello del tedesco Divider, che potete estrapolare dalla raccolta “ReCloned”.
-Aa.Vv. “Destroy Minimal” (Resist Music): titolo discutibile quello della raccolta selezionata e mixata da J16 visto che ad essere preso in esame è proprio il frangente modaiolo del minimal che ha contagiato (e fuoriviato) un numero esagerato di dj’s e producers. Protagonisti sono nomi come Lazy Fat People, Stephan Bodzin, Ricardo Villalobos, Thugfucker, Luciano & Serafin, Alex Under, Padded Cell, Booka Shade, International Pony e molti altri. Lievemente più viva e vibrante rispetto alla destrutturalizzata minimal, la raccolta si fa portatrice di un sound modaiolo che non rivela alcuna novità se non quella di una netta rivalutazione della musica elettronica oggi sulla bocca di tutti.
-Monosurround “Cocked, Locked, Ready To Rock” (Hammarskjöld Limited): per inaugurare il catalogo LTD della loro label, i Phunklarique effettuano la licenza dell’ultimo singolo dei Monosurround (Erik Schäffer e Ramtin Asadolahzadeh) edito dalla Citizen di Vitalic qualche mese fa. Il duo, che si fece ben notare nel 2002 anche in Italia grazie alla hit “I Warned You Baby”, rivede e rilegge l’accoppiata ‘electro-rock’ andando a scomodare anche il freestyle anni ottanta. Più liquefatto il remix dei già citati Phunklarique, un pò retro quello di Malente ma l’Original resta, a mio modesto avviso, insuperabile grazie ai filtri che portano dritti alla japan-techno di Kagami & co.
-LDP “Travel Notes” (LDP Recordings): è uscito da poche ore il primo album di Luca De Ponti, il creatore di LDP Recordings (sino a pochi mesi fa nota come Dub) che consolida la sua posizione all’interno della scena underground italiana. Il lavoro abbraccia undici tracce (già apparse come singoli durante l’ultimo anno) e due inediti, “Roumors From The Deep” e “Muzik”, che aiutano a tracciare un percorso fatto dal continuo interscambio tra techno, house, electro e minimal. Tra le più belle e coinvolgenti trovo “Touch Me”, “Shy” e “Misc Notes” con cui il producer lombardo mischia sapientemente i glitch a basslines ossessivi lasciando poi il tutto in balia di casse ovattate.
-Eliot Lipp “Steele Street Scraps E.p.” (Hefty): il maxi e.p. (sono ben dieci le tracce presenti !) si pronuncia attraverso un filone definibile ‘synth-funk’ nel quale fa ingresso, in molteplici occasioni, anche l’hip-hop. La formula, ormai ben più che collaudata dalla label guidata da John Hughes e Victor Bermon, non sfigurerebbe nemmeno nei cataloghi di labels europee come Klakson, Clone, Basserk, Bear Funk, Tiny Sticks e Tellè. Reminiscenze alla Dj Shadow, A Tribe Called Quest, Prefuse 73 e Dabrye si rincorrono in pezzi come “Illa Than”, “Flashlight”, “Gangsta Shit” e l’intro “Moog” raggiunti dalle versioni remix di “Tic Tac” e “Glasspipe” rispettivamente prodotte dai già citati Hughes e Bermon. Cadenze moderne e flussi magnetici lasciano intravedere scorci di un mondo futurista in cui la velocità pare tutto ma dove un disco come quello di Eliot Lipp sarebbe l’ideale per rallentare i frenetici ritmi della vita quotidiana.
Electric greetz