Intervista ad Andrea Doria di Giosuè Impellizzeri 26/06/2006

Anticipatore di quella tendenza che ha visto il continuo mescolamento di misure house e suoni techno, il ravennate Andrea Doria è uno dei nomi che oggi tengono più in alto la bandiera della musica dance italica. Fautore di un sound che si è sempre distinto per l’indipendenza assoluta dalle necessità del mercato, Doria è stato in grado di crearsi uno stile iper-personale che più volte ha tirato in ballo il noize pur non dimenticando le classiche esigenze del dancefloor. Il suo nome viene associato al titolo della produzione più fortunata, quel "Bucci Bag" che nel 2002 partì in sordina dall’Italia per raggiungere le cime più alte delle charts internazionali. Promosso a pieni voti da personaggi cardine del settore come Fatboy Slim, Trevor Jackson, Tall Paul, Seb Fontaine, Erol Alkan, Judge Jules, Darren Emerson e Steve Lawler, il buon Andrea viene ricordato anche per una serie corposa di progetti paralleli come Adam Dived, Flat 6 e Cindy Laser nei quali si lascia affiancare da un altro italiano che l’estero conosce più che bene, Dino Lenny. Poi il mitico Avalone One (in coppia col compianto Riccardo ‘Ricci Dj’ Testoni), il più recente P.C.B. e l’indimenticato moniker MC Hair col quale, nella prima metà degli anni novanta, modulava di continuo onde di musica acida. Mai millantatore (nonostante gli incredibili traguardi raggiunti), Andrea Doria conferma che il successo dei suoi pezzi non è legato affatto ad una effimera parabola ma scaturito da un estro costruito negli anni. Un virtuoso, proprio come l’omonimo personaggio storico, valoroso ammiraglio e uomo di stato genovese attivo nella seconda metà del ‘400 dal quale il producer pare averne tratto le virtù.

Ciao Andrea e benvenuto su Technodisco. Iniziamo parlando del tuo primo approccio alla musica creata con le macchine: so che un ruolo particolare l’hanno ricoperto i primi processori come il SID del Commodore 64 ed artisti degli anni settanta come Klaus Schulze, Richard Wahnfried, Chris & Cosey ed Edgar Frose.
"Ciao Giosuè. Si, il passato ricopre sempre un ruolo più che fondamentale nelle mie scelte sonore. Ho avuto la grande fortuna di aver vissuto completamente gli anni ottanta nel pieno della loro rivoluzione musicale ovvero la ‘computer music’. A quell’età non avevo gli stessi interessi dei miei coetanei perciò mi sono buttato a capofitto sul ‘linguaggio macchina’. Oggi quello che fai è tutto visibile a schermo ma allora per fare un suono era necessario dedicare alcuni kappa in determinate locazioni di memoria e in video vedevi solo delle sequenze esadecimali e non delle note"

Oggigiorno si etichetta la musica come i barattoli del pomodoro: quale potrebbe essere il nome più adatto per il tuo stile ?
"Beh, forse non esiste un nome perchè non c’è uno stile. Oddio, sicuramente sono riuscito ad ottenere un tipo di sound che mi ha reso riconoscibile in mezzo a tanti altri ma ciò è avvenuto solo grazie alla libertà che rispecchia ogni cosa che faccio. L’importante è avvertire una determinata ‘vibrazione’. Se manca quella posso aver creato anche per dodici ore di fila ma non ci penso due volte e spengo tutto, cancellando quello che ho fatto e ricominciano il giorno dopo con qualcosa di diverso. Non tengo un suono delle cose vecchie se non vibrano come dico io. Fare musica è nutrire il proprio ego quanto basta per capire che stai facendo qualcosa d’interessante e che catturerà di sicuro l’attenzione degli altri"

Hai sempre mostrato una particolare predilezione nei confronti della techno e di tutto ciò che favoriva il mescolamento di culture musicali disparate. Cosa ha la techno in più rispetto ad altri stili musicali ? Perchè hai voluto ‘studiarla’ a fondo e seguirla ?
"Techno è tutto ciò che sento di essere. Inoltre amo tutta la musica che possiede delle qualità sonore ‘scure’ o se vuoi anche ‘angoscianti’. E’ facile produrre musica allegra, per il ‘popolo’, ma non è altrettanto facile comporre musica ‘scura’ e farla apprezzare da quello stesso ‘popolo’ per le emozioni che regala. La vera techno, cioè quella che non ha a niente a che fare con le produzioni esanimi di adesso, è tutto un altro mondo. E’ una strada sottile che unisce delirio ed energia. Quando ascolto F.U.S.E, avverto i suoni come una schiera di demoni che mi sussurrano all’orecchio ‘hey, noi siamo amici tuoi …’. Bisogna fare caso a queste cose perché immancabilmente influenzeranno il tuo modo di fare musica per il resto della tua vita"

Nei primi anni novanta ti facevi chiamare Mc Hair lasciando dietro di te una scia acidula fatta prevalentemente di svirgolate ottenute col mitico Tb-303. Cosa ricordi con maggior piacere di quel periodo ? Forse una scena italiana più viva, varia ed interessante ?
"Viva è dir poco. Era un costante fermento di novità. In Europa eravamo noi a fare la differenza in tutti i generi musicali e all’estero cercavano invano di copiarci. Quando ascolto adesso i ragazzini che vanno pazzi per la techno/minimal tedesca mi rivolto come un guanto dal ridere perché quella l’abbiamo inventata noi nel periodo che andava dal ’92 al ’96. Facevamo anche 4/5000 copie di un singolo ! Ricordo come se fosse ieri quando misi le mani sul mitico "Progressiv Attack" di Code 20, minimalissimo, col quale arrivammo a 15.000 copie nel giro di un mese. Che tempi ! Creativamente gli italiani sono ancora forti e potrebbero ancora dettare legge in questo campo se solo smettessero di copiare le produzioni straniere e dessero libero sfogo al proprio estro. Essere italiani è rock ma essere italiani che cercano di copiare gli stranieri è idiota"

Effettuando una rapida comparazione tra l’Italia e l’estero viene fuori un quadro tutt’altro che omogeneo: nel nostro Paese infatti la musica (in generale) vive in balia di personaggi che amano rincorrere le tendenze in modo passivo. Per questo motivo sono sempre di più gli artisti che decidono di valicare i confini alpini per cercare fortuna all’estero. A cosa si deve, secondo te, questa miserabile situazione ?
"Hai pigiato un tasto dolente. Rispondendo a questa domanda so già che mi creerò ulteriori antipatie in questo Paese perché non so mai tenere la bocca chiusa ed io odio tenerla chiusa. Oggi guardo la scena italiana e vedo un misero mercatello della frutta di fattura provinciale, meramente ‘pilotato’ da quei due/tre dj’s di dubbio talento che acquistando pagine e paginette su rivistelle da spiaggia per accrescere la loro fama e il loro profilo da nuovi vip, cercano di spartirsi tutto quanto come una squallida triade da due soldi decidendo addirittura chi deve suonare in un determinato club e chi no. Sto assistendo insomma ad un’assurda ‘guerra dei poveri’ in cui, solo quando il fondo sarà totalmente raschiato e non rimarrà più niente per nessuno, si assisterà alle prime rivoluzioni musicali e forse anche alle prime legnate nei denti. Fino a quel periodo però non ci sarà nessuno a provare ad imporre la propria creatività ancor prima della voglia di ‘vendere’, non ci sarà mai più niente di nuovo qui. Solo fumo e ceneri. Se c’è qualcuno che pensa che dica questo solo perché oggi ne ho la possibilità si sbaglia di grosso. Prima di farmi un ‘nome’ ho sempre fatto la fame. Fame nera. Ma a lungo termine sapevo che sarebbe stato l’unico modo per farmi apprezzare veramente per quello che sono e non per gli espedienti creati coi banali ‘trucchetti’ da Grande Fratello"

Nel dicembre 2003 hai deciso di fondare la tua label, la Ready 2 Rock Music. Con quali scopi hai creato questa piattaforma musicale ?
"La Ready 2 Rock è un contenitore che utilizzo per dimostrare a me stesso quanto ho ragione o meno su un nuovo brano quando non ci crede nessun altro. Siccome l’esperienza mi ha insegnato che gli A&R delle grosse compagnie, che spesso si ritengono infallibili, sbagliano invece come dei pirla, ho deciso di crearmi una piattaforma per stampare le cose in cui credo. Questo è successo persino con "Bucci Bag" che nessuna label del pianeta voleva. Successivamente l’abbiamo stampato e distribuito ‘a mano’ e poi, come ben sai, lo volevano tutti. Non ho realizzato molte uscite con Ready 2 Rock ma non pensiate che sia morta, anzi … ne usciranno delle belle !"

La perla più fortunata che emerge dalla tua ricchissima discografia è senza dubbio la hit internazionale "Bucci Bag", approdata in centinaia di compilations nonchè sulla Southern Fried di Norman Cook. Come nacque l’idea per questo pezzo che, già dal 2002, anticipò l’ormai collaudata fusione tra electro ed house ?
"Come tutte le produzioni, in un modo o in un altro bisogna essere furbi. E io spesso preferisco unire entrambe le cose. Lo ‘scuro’ e il ‘catchy’ ovvero sonorità particolari con delle idee che possano renderle accessibili ad un pubblico più vasto. L’idea nasce sempre quasi per caso. Se cerchi la vera hit non la troverai mai. Quella viene quando meno te lo aspetti e soprattutto col brano più improbabile. La più grande soddisfazione di "Bucci Bag" non sono state le vendite (quelle sono una conseguenza di un successo) ma ricevere i complimenti da LFO che adoro e stimo dai tempi in cui nacque la Warp"

Come ritieni l’attuale mercato discografico europeo ? Il ‘minimal’ ha le ore contate o costituirà ancora la base per la maggior parte delle prossime produzioni ?
"Di recente ho letto gli sfoghi di uno di quei dj’s a cui mi riferivo poco fa, uno di quelli della ‘triade’ insomma, che lamentava sul suo sito l’esistenza dei nostalgici che continuano ad asserire che la musica vecchia sia migliore. Io non sono uno di quei nostalgici ma mi ritengo uno di quelli che sa riconoscere la musica di qualità lontano centinaia di anni luce e posso dire che non solo era migliore ma trasmetteva persino di più perché gli artisti stessi comunicavano tra di loro e non cercavano di ‘farsi le scarpe’ per raccattare le briciole anche perché non c’era il bisogno. La minimal non ha le ore contate, è già morta. E’ la fine che succede ad un genere quando tutti cominciano a suonarlo. Io sto facendo di tutto per far tornare il sound dei grooves funky iper-accelerati che si mettevano nell’house. "Deep Throat" è un esempio lampante"

Proprio quel "Deep Throat" uscito di recente sulla LDU Records di Onirika ed acquisito da Marc Romboy per la nuova "Systematic Session vol. 2". Parlacene.
"E’ un pezzo nato con la stessa voglia di fare cose nuove. Fresche e diverse, anti-clone dei cloni dei cloni … che viene fuori senza un perché, senza un per come. Nasce e basta, così com’è e si presenta agli altri per quello che è … suoni … odori … colori … Chissà perché queste cose attirano sempre l’attenzione. ;o) Forse perché mancano ?"

Sono a conoscenza della tua passione per i videoclips, quella che ti ha portato alla realizzazione di un visual per il recente singolo "Baby Tv". Parlacene.
"Come ho già detto prima vengo dalla ‘beat generation’ in cui i computers sono un elemento fondamentale nella mia giornata. Dopo aver sperimentato quasi tutti i linguaggi di programmazione, compreso l’assembler sui mitici Amiga 500, mi sono sempre divertito a generare poligoni tridimensionali che sfidavano qualsiasi legge di gravità, in barba a Cartesio e Newton. Il clip di "Baby Tv", che sto ancora ultimando, è il frutto della passione per il 3D che mi porto dietro sin da allora. La mia scuola e la mia costante voglia di apprendere mi hanno condotto verso nuovi tunnel e il 3D è uno di quelli da cui non si entra e non si esce tanto facilmente"

Il citato "Baby Tv" è uscito proprio in questi giorni sulla tedesca Kling Klong, la label diretta da Martin Eyerer che gravita attorno al pianeta Great Stuff. Com’è nato il contatto con questa emergente realtà tedesca ?
"Da bravo italiano sono stato abituato a raccogliere le occasioni al volo e a sfruttarle a mio vantaggio quando queste si presentano. Ho conosciuto quelli della Great Stuff praticamente con una lettera di minacce. Il vecchio singolo di Zen-Kei (ovvero Ramon Zenker) portava un campione di un mio disco targato 1989 che si chiamava Manicomia. Ovviamente li ho contattati per metterci d’accordo sull’utilizzo del campione e da allora siamo diventati amici"

A cosa stai lavorando in questo periodo ?
"Sto ultimando quelle che saranno le nuove uscite nei prossimi sette/otto mesi tra cui un paio di e.p. su Systematic, un altro su Spiel-Zeug Schallplatten, una collaborazione con Tommie Sunshine ed ovviamente il nuovo singolo su Kling Klong dal titolo "Yahoo!" "

Se potessi incidere un pezzo con un altro artista su quale cadrebbe la tua scelta ? Perchè ?
"Il ‘se potessi’ è soltanto una questione di scelta. Al momento sto limitando le collaborazioni solo alle persone che ritengo abbiano qualcosa da dire. Non importa se hanno un ‘nome’ famoso o meno. Dipende tutto da chi mi comunica qualcosa di veramente creativo e coinvolgente. Ci sono persone come Marc Romboy, Tommie Sunshine e Thomas Schumacher che stimo moltissimo. La scelta cadrà per istinto su una buona collaborazione con qualcuno che merita"

Ritieni che il mercato del vinile sia arrivato al capolinea ? Sarà veramente il file mp3 a prendere in mano le redini della situazione ?
"Qualche anno fa avevo ancora qualche dubbio in merito ma ora ritengo che il vinile stia esalando gli ultimi respiri. Non che la consideri una cosa fantastica, per carità, ma se fai questo mestiere devi guardare avanti. Io sono molto contento delle vendite digitali di "Baby Tv E.p." e sto proprio per inaugurare il personal store sul mio sito dove metterò tutte le cose che non farò uscire su altre label. Mi ha sempre affascinato il rapporto diretto artista/utente e lo trovo molto conveniente per entrambi. In tal maniera ho la possibilità di vendere direttamente, senza tramiti, e l’utente ha la possibilità di acquistare ad un prezzo molto inferiore rispetto alla distribuzione normale"

Sono in molti a sostenere che la tecnologia dei software abbia raggiunto risultati impensabili sino a qualche anno fa. Come la pensa un cultore degli strumenti veri come te ?
"Certo, la tecnologia ci ha resi tutti più liberi di creare cose diverse ma resta comunque impossibile emulare il calore e l’energia dei synths valvolari. Se non si arriva ad apprezzare il ‘vecchio’ e difficilmente il nuovo desterà scalpori degni di nota. Personalmente senza il mio ‘vecchio’ MS20 non vado neanche in bagno ! Io consiglio un buon balance di ‘nuovo’ e di ‘vecchio’. Funziona sempre"

Grazie per il tuo tempo Andrea. Lasciaci un messaggio.
"Grazie mille a te per avermi concesso questa opportunità. Vi lascio qualche consiglio:
1) Mandate a quel paese il vostro discografico quando cerca di farvi fare quello che non volete fare. Lui non è Dio, il più delle volte è un ragioniere che non capisce la differenza tra una cassa e un charleston;
2) Tutti vogliono arrivare primi in classifica ma in questa assurda corsa tra invidie e competizioni, nessuno ci arriverà. Qualcuno ricorda la storiella delle rane in corsa per raggiungere la vetta della montagna ? Non è solo una storiella. E’ vera. Posso confermare.
3) Non date retta a chi dice che il vecchio è finito. Periodicamente il passato ritorna e ci insegna nuove cose per il futuro. Evviva il vintage !
4) Siate umili. E’ la strada per il successo.
5) Siate voi stessi. Sempre. E’ la strada per vivere bene con se stessi.
Un ciao sincero a tutti. Andrea Doria"

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